Sono passati tre mesi dal giorno in cui Donald Trump è diventato il nuovo presidente degli Stati Uniti e da quel momento è stato un susseguirsi di polemiche e di proteste contro il magnate americano, che però non sembra dispiacere così tanto agli italiani. Lo rivela un'analisi di Enzo Risso, direttore scientifico di Swg,sulle pagine dell'Unità.
- Dopo l'elezione il 26% degli italiani era contento del suo successo.
- Dopo 12 settimane di presidenza il trumpismo nostrano sembra essersi rinvigorito. Al 32% dell’opinione pubblica piace il piglio del neo inquilino della Casa Bianca. Un dato che è cresciuto nell’elettorato della Lega Nord (dal 60% di novembre al 78% di oggi), calato in Forza Italia (dal 57% al 45%), lievitato in una parte minoritaria dell’elettorato del Pd (dal 6% al 19%), stabile, sopra il 40%, tra i Cinquestelle. Uno stile - scrive Risso - che convince poco i giovani e le donne, mentre affascina maggiormente l’universo maschile italiano.
- Quasi alla metà del Paese, il 44%, Trump fa paura, ma all’altra parte, al 42%, il neo presidente statunitense non dispiace (la restante quota non si esprime).
Cosa piace di Donald Trump
- Uscire dagli schemi del politically correct, piace a metà del Paese (due terzi degli elettori berlusconiani e pentastellati e un quarto dell’elettorato del partito democratico). "Il politicamente corretto, così bistrattato in questi anni, porta con sé i valori del rispetto e dell’eguaglianza delle persone; richiede la capacità - scrive Risso - di esprimere opinioni libere da pregiudizi (razziali, etnici, religiosi, di genere, di età, di orientamento sessuale o relativi a disabilità fisiche o psichiche). Uno stile di comportamento, in primis linguistico e comunicativo, che, negli ultimi anni, non ha avuto molti seguaci nel nostro Paese. Ne sono esempio i toni usati nei talk show politici nazionali, ma anche in alcune ben note trasmissioni radiofoniche o nelle diverse arene televisive, per non parlare del web e di quello che circola nei social network. La rinuncia all’uso di epiteti ingiuriosi e offensivi sembra essere diventata non solo una fatica, ma anche un segno di debolezza, d’incapacità comunicativa, mentre il ricorso al politicamente scorretto ha iniziato a far breccia in tutti i segmenti della nostra società, anche se piace maggiormente alla generazione dei trenta-quarantenni e agli uomini, mentre appare molto lontano dal gusto femminile.
- Lo stile trumpiano piace al 41% degli italiani che vorrebbe un politico capace di incarnarlo. Ne sono convinti gli elettori della Leganord, ma anche metà di quelli di Grillo e Forza Italia, nonché quasi un quarto di quelli che nell’urna mettono la croce sul simbolo del Pd. Oltre al format politico, del tycoon americano, riscuotono consensi anche alcune proposte.
- L'idea di tassare le imprese che trasferiscono la produzione all’estero. Nonostante si parli di tasse, l’ipotesi convince i due terzi dell’elettorato berlusconiano, oltre a riscuotere l’adesione quasi plebiscitaria del fronte grillino. Non mancano, tuttavia, consensi tra le fila degli elettori Pd, con un livello di adesione che supera soglia 50%".
Cosa piace meno di Trump
- Il tema del muro anti-immigrati, invece, scalda meno gli animi e solo il 25% degli italiani lo condivide. Nel nostro Paese le proposte di muri non sembrano avere ampi successi, anche se non si deve sottovalutare che un terzo degli elettori pentastellati e quasi il 40% di quelli berlusconiani sono favorevoli all’ipotesi. Il rifiuto dell’idea del muro non significa apertura verso gli immigrati. Il 48% del Paese è favorevole al blocco totale degli ingressi, con punte che salgono al 69% tra i belusconiani e al 63% tra i pentastellati. Solo tra gli elettori Pd il dato resta confinato al 26%.
Il fenomeno "Donald"
"Il fenomeno “Donald” deve ancora dispiegare le sue potenzialità, ma - scrive ancora Risso - già oggi sta portando alla luce un fenomeno su cui riflettere. Nel corso degli ultimi anni, nei vari angoli di Europa e America, stiamo assistendo a un fenomeno che potremmo definire dei vasi comunicanti a polarità inverse: con il diminuire delle risorse da ridistribuire, le forze politiche, hanno aumentato il ricorso a sceneggiature urlanti, psicodrammi e messaggi sopra le righe; a soluzioni tranchante velleitarie, ammantate dall’aurea del decisionismo. Man mano che la società ha assunto un orizzonte di aspettative sociali sempre più decrescenti per ampi segmenti sociali, la politica ha incrementato l’uso di ingredienti di teatralità e di ricerca emotiva, con il rischio di far diventare l’urlo un sostituto dell’azione efficace, ma anche con la possibilità di aprire le porte all’incancrenirsi dei problemi e all’acuirsi dei conflitti e degli scontri sociali. Il rischio che porta con sé la fascinazione trumpista, non è tanto e solo legato alle posizioni espresse, quanto all’allontanarsi della politica dal ruolo di comprensione, mediazione, compensazione ed equilibrio tra le differenti esigenze dei ceti e dei segmenti sociali. La complessità della società contemporanea richiede il saper scegliere e decidere (e la politica italiana negli ultimi decenni non ha certo brillato sul tema), ma implica anche il coraggio della lungimiranza, della visione totale e non solo parziale".
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