di Paolo Molinari e Barbara Tedaldi
Firenze - Alla fine i "sassolini" che Matteo Renzi aveva promesso di togliersi dalle scarpe sono stati dei macigni contro chi, soprattutto nel Partito democratico, continua a sostenere il No al referendum. Ma il discorso alla Leopolda è servito soprattutto a galvanizzare i suoi in vista del rush finale verso il referendum e a indicare la strada per il dopo. Non c'entra niente la riforma costituzionale, spiega il segretario del Pd: Bersani e D'Alema "stanno solo cercando di rientrare in partita", dicono No alle riforme perché, "dopo la fine dell'Ulivo, vuole decretare la fine del Pd": "Non ve lo consentiremo", ha avvertito Renzi. E, ancora: "Vogliono solo difendere i loro privilegi e sanno che il 4 dicembre è la loro ultima occasione per tornare in pista. Non c'è altro, lo hanno capito anche i bambini, ma quale articolo 70...". Un passaggio molto applaudito dalla platea che ha sottolineato ogni colpo inferto alla minoranza con un'ovazione. La stessa riservata al presidente del consiglio quando, durante il nubifragio che si è abbattuto su Firenze a pochi minuti dall'inizio dell'intervento di Renzi, la stazione Leopolda è piombata nel buio: "Fuori, fuori...", hanno scandito cercando di convincere Renzi a salire sul palco illuminato solo dalle luci di emergenza. "è il castigo divino...", ha scherzato lui, che non ha dimenticato la vignetta, definita "riprovevole", di Vauro sul terremoto.
ITALIA, "PATRIA DEL GATTOPARDO O LABORATORIO PER IL FUTURO"
Gli affondi nei confronti della minoranza arrivano a poche ore dalla firma di Gianni Cuperlo in calce all'accordo interno sulle modifiche all'Italicum. Il presidente del consiglio abbandona ogni prudenza e diplomazia nei confronti dei 'compagni' di partito, consapevole che quella parte è persa alla causa del Sì, così da concentrarsi su una campagna per portare dalla sua parte l'esercito degli indecisi. Nonostante tutto, i sondaggi non fanno paura: accennandone, Renzi si dice "sicuro di vincere". E, d'altra parte la memoria del 2014, quando il Movimento Cinque Stelle era dato molto più avanti del Pd, furono i democrat a vincere le europee con il risultato più netto della storia del centro sinistra: 40,8 per cento. "Credete ai sondaggi o a voi stessi? Io credo in voi" assicura alla platea. "Con il referendum "siamo a un bivio tra cinismo e speranza, tra passato e futuro, tra nostalgia e domani". Per questa ragione, Renzi chiama alla mobilitazione tutto il popolo della Leopolda perché vada "casa per casa, nei ventotto giorni che ci separano dall'appuntamento con e urne". Quello che viviamo, ha aggiunto, "è il tempo dell'odio" e, davanti a questo, occorre scegliere se "questo Paese deve essere la Patria del Gattopardo o un laboratorio per il futuro".
NEL 2017 "NESSUN GOVERNICCHIO TECNICO"
Nell'immediato, in gioco c'è un 2017 che potrebbe vedere l'Italia protagonista in Europa e nel mondo. All'appuntamento con il G7 di Taormina, che sarà incentrato sulla cultura, non si può arrivare con un "governicchio tecnichicchio". E' l'unico riferimento di Renzi alla possibilità di perdere il referendum e alle conseguenze che questo porterebbe. Ma fa capire che in caso di sconfitta non ci sarebbero trattative al ribasso, nessun governo tecnico con politici che hanno già perso. I giornali parlano di un governo di larghe intese. Chi conosce Renzi spiega che difficilmente a lui farebbe piacere farne parte in prima persona. Se non si arriverà a elezioni anticipate, da segretario del Pd, quale ha detto di voler restare, c'è chi scommette che potrebbe tutt'al più dare un appoggio a un governo guidato da un esponente a lui vicino, ma nulla più. Di certo, oggi su questo è stato chiaro, un governo tecnico è un rischio che non vuole correre. Tra le mille ipotesi sul dopo referendum, nessuna delle quali è ancora esclusa, questa per Renzi sarebbe la peggiore. In caso di vittoria del Sì, invece, il Paese proseguirebbe sulla strada intrapresa, quella che lo ha portato a Washington per l'ultimo incontro di Stato del presidente Obama. "Da lui abbiamo imparato molto", spiega Renzi: "Soprattutto quel Yes we can che è molto più di uno slogan". E agli Stati Uniti il pensiero torna alla vigilia di una settimana cruciale, con il voto di martedì quando "il popolo americano scegliere un presidente che io spero sia una presidente...". E anche qui Renzi infila una lezione: "Sanders sta lavorando per la Clinton contro Trump. Questo, ai teorici della ditta, a quelli che quando ci sono loro è la 'dittà e quando ci sono gli altri è l'anarchia, andrebbe spiegato". I saluti sono di rito, "viva la Leopolda, viva l'Italia" l'appuntamento è alla prossima edizione "dal 20 al 22 ottobre 2017". Renzi lascia il palco, si concede qualche minuto di riposo nel backstage con la moglie, Agnese Landini, e alcuni ministri. Infine lascia la stazione, con figli e moglie a bordo dell'auto di famiglia.
PREZIOSI, RENZI NOVELLO BRUNELLESCHI
Matteo Renzi come Filippo Brunelleschi: un augurio, quello di Alessandro Preziosi, attore che è salito sul palco della Leopolda in mattinata per raccontare la sua esperienza nei panni dell'architetto toscano nella serie tv 'I Medici': "Interpretando Filippo Brunelleschi mi sono dovuto immaginare le difficoltà del genio toscano. I dubbi nascevano proprio dagli operai che li dovevano costruire, appartenenti ai mastri di pietra e legnai. Proprio di scetticismo vorrei parlare, il mio ruolo è calarmi nei panni degli altri. E questo è quello che siamo chiamati a fare, quasi ogni giorno: far nostre idee che possono diventare una visione comune". Ha sottolineato l'attore: "E Brunelleschi è chiamato a creare una visione comune attraverso la sua visione. Doveva convincere tutti coloro che si opponevano alla costruzione della cupola. La grande genialità della cattedrale è che quella cupola può essere vista da ogni angolo della città di Firenze. Brunelleschi ha progettato un bene comune. Un uomo che ha combattuto contro tutto e tutti ha creato uno spazio che poteva essere goduto contemporaneamente da tutti". Si chiede, quindi, Preziosi: "Quanti Brunelleschi ha avuto il nostro Paese? Penso a Enzo Ferrari, che decide di competere contro la motoristica tedesca. Penso a Valletta che ha riportato la Fiat grande nel mondo. Ma Enrico Mattei è quello che mi ha più colpito come Brunelleschi: chiamato all'Agip l'ha fatta diventare una realtà grande nel mondo". Di qui l'augurio al presidente del Consiglio: "Auguro al presidente Renzi di ascoltare sempre gli altri per rafforzare le proprie convinzioni e indicare una direzione comune".
FARINETTI, UMILTA' E FIDUCIA O DIVENTIAMO ANTIPATICI
"Dobbiamo ritornare a essere simpatici. A volte ho l'impressione che siamo diventati antipatici", ha detto poi Oscar Farinetti, patron di Eataly, dal palco. "Dobbiamo tirare fuori i sentimenti veri: prima la paura", ha aggiunto Farinetti: "Mio padre mi ha insegnato che la paura è alla base del coraggio. Io ho una fifa nera di perdere. Ho paura quando sento certi toni e certi modi di parlare. Non dobbiamo vergognarci di dire che ci fanno paura. L'altro sentimento è la fiducia: chiediamo umilmente la fiducia. Chiediamo fiducia e diamo fiducia, perché è il motore che fa girare tutto. Se manca l'elemento della fiducia crolla tutto", ha concluso.
OCCHIPINTI, FORTI COME JEEG ROBOT
"Più forti insieme, per rendere il cinema italiano di nuovo grande": Andrea Occhipinti, attore e fondatore della casa di distribuzione Lucky Red, mette insieme gli slogan dei due candidati americani, Hillary Clinton e Donald Trump, per invitare il popolo della Leopolda, ma non solo, a sostenere le ragioni del Sì al referendum. Occhipinti ha poi ricordato la legge sul cinema e l'audiovisivo appena licenziata dal Parlamento. Un provvedimento "importante" anche per sostenere un'industria che rappresenta una eccellenza italiana nel mondo: "Dal film di Paolo Virzì, 'La Pazza Gioià, a Fuocoammare, che ha vinto il festival di Berlino e rappresenterà' l'Italia agli Oscar. Passando per 'Lo chiamavano Jeeg Robot': l'America si è innamorata di questo supereroe di Tor Bella Monaca", ha elencato Occhipinti.