AGI - Quella del Sushi è un’arte antica. Non semplicemente un “cibo”, ma il simbolo di una cultura gastronomica, quella di un intero Paese: il Giappone. Eppure c’è un dato che mette a repentaglio la sua genuinità: il 55% del Sushi oggi in commercio è “taroccato”, cioè falso, non confacente agli standard di qualità.
Perché il Sushi originale, secondo i suoi cultori, deve seguire criteri molto rigidi in quanto il suo processo produttivo “prevede una riconciliazione e una rivalutazione dell’esigenza originale per cui nasce il Sushi”, che è poi anche il suo segreto: circa duemila anni fa il Sushi nasceva in Giappone come sistema per il mantenimento del pesce fresco e proprio per questo motivo il pesce veniva raccolto nel riso fermentato.
Come garantire e conciliare, allora, originalità, qualità e tradizione del Sushi nel rapporto tra Italia e Giappone? Per questo scopo è nato un Ente di certificazione, con sede a Venezia, che ha lo specifico compito di definire la reale provenienza giapponese del Sushi. Si tratta di una sorta di “patente di qualità” che riduce le distanze tra Sol Levante e Stivale e che risulta valida per tutto il mondo.
"La norma Uni Cei En Iso/Iec 17024:2012 - spiega Giuseppe Izzo, Ceo di Uese Italia Spa, la società veneta che ha ricevuto l'incarico per la certificazione, sorta di “bollino di qualità” - obbliga di attestare se una determinata persona, valutata da una terza parte indipendente secondo regole prestabilite, possegga i requisiti necessari e sufficienti per operare con competenza e professionalità in un determinato settore di attività”, la qual cosa “permette di creare un sistema unico che facilita il riconoscimento tra professionisti di nazionalità diverse”.
Sul Sushi, dunque, tocca proprio alla Uese Italia Spa definire le regole e i requisiti dei professionisti del settore e certificare pertanto i processi di validazione del prodotto. Un’azione che dovrebbe essere pronta entro l’anno 2023 e che e permetterà di riconoscere il Sushi vero, cioè “il Sushi doc", anti-imposture e anti-contraffazione, rispetto a quello falso.
Dopo la carne, l’ultima esperienza è infatti l’arrivo sul mercato del “pesce sintetico”, creato in laboratorio con l’utilizzo di cellule staminali in provetta. Un’alterazione della produzione che ha portato ben 7 italiani su 10, il 68%, a non fidarsi di ciò che acquista e dovrebbe consumare.
Lo aveva rivelato già ad agosto la Coldiretti nell’ambito di un incontro promosso nel corso del Meeting di Rimini di Comunione e Liberazione su “La crisi alimentare globale: la persona la centro”, secondo cui l'ultima deriva a tavola arriva dalla Germania con i primi bastoncini di sostanza ittica coltivati in vitro che non hanno mai neppure visto il mare, "mentre negli Usa - sottolineava l’organizzazione agricola - con un'abile strategia di marketing si stanno buttando sul Sushi in provetta".
Una serie per promuovere la storia del “vero Sushi”
In Italia la tradizione del pesce vuole che sul bancone della vendita in pescheria arrivino pesci interi, solo da pulire o sfilettare al momento, mentre all’estero risulta raro vedere esposto un calamaro intero con tutti i suoi tentacoli al posto giusto.
In genere il pesce è già pronto per esser commestibile e magari pure già abbinato al riso, come per altro impone l’ultima tendenza sull’onda della “Sushi-mania”.
Da qui si capisce anche che la scelta delle materie prime e la lavorazione stessa del Sushi, ad esempio, devono seguire quasi “un rituale” che rispetti appunto le antiche tradizioni.
Ed è per questo motivo che le procedure, secondo i responsabili della società di certificazione veneta, rappresentano “la spina dorsale del processo di certificazione in corso”, procedure che verranno poi raccolte in un documentario di origine tutta italiana. Spiega a questo proposito Giovanni Franchini, Ceo di Emy Productions, un broadcast con sede a Roma: “Nella serie distribuita in 36 episodi della durata di 50 minuti ciascuno abbiamo deciso di puntare ad un contenuto che possa portare alla luce la storia del Sushi e non solo. Puntiamo infatti anche a riscoprire la tradizione Giapponese e la sua contaminazione con la nostra”.
In questo modo e con un approccio divulgativo, il Sushi diventa dunque alla portata di tutti e ancora più familiare rispetto a quel che avviene oggi. "Capire come nasce e come si produce non è elemento secondario”, afferma Izzo.
Nel frattempo, a partire dai primi mesi dello scorso anno, la crescita del consumo del pesce a livello globale congiuntamente al deprezzamento dello yen e le criticità causate dalla guerra in Ucraina hanno costretto le grandi catene giapponesi del Sushi ad aumentare i prezzi al consumo per assorbire il rialzo dei costi di approvvigionamento. Tant’è che i ristoranti dei 'Kaiten-sushi' – dove in genere i piatti già preparati passano su un nastro trasportatore – fanno ormai fatica a garantire la porzione da 100 yen (0,70 euro) che da decenni rappresenta lo standard della qualità a prezzi accessibili e convenienti.
Per esempio, una delle principali catene presenti in Giappone, la Sushiro, ha annunciato sempre a maggio d’esser costretta ad abolire l'offerta da 100 yen, a partire dalla fine di settembre, per la prima volta dal 1984, applicando una maggiorazione di 20 yen sul piattino che generalmente contiene due porzioni di pesce con il riso assemblate dallo 'Itamae', lo chef specializzato nelle varie composizioni.
Il gruppo importa gran parte del pesce che offre nei suoi ristoranti, e la repentina svalutazione dello yen, ai minimi in 20 anni sul dollaro, incide ormai da mesi sui margini del gruppo. Stesso discorso per la catena Genrokuzushi, la prima ad aver introdotto il concetto di Kaiten-sushi in Giappone, e che ha già applicato una maggiorazione dallo scorso 10 maggio.
“Consegnare al consumatore le chiavi per riconoscere il Sushi doc”
Secondo il Ceo di Uese Italia Spa, Giuseppe Izzo, “il consumatore non può certo fare il detective ma, con il lavoro combinato di certificazione che stiamo realizzando, avrà comunque gli strumenti per riconoscere quello doc”.
E poi, certificare i processi e definire le regole e i requisiti dei professionisti del settore “significa anche mettere fuorigioco chi quelle regole non le segue”, puntualizza il Ceo. Così “chi proverà a vendere Sushi che Sushi non è a quel punto verrà penalizzato mentre chi seguirà le giuste procedure sarà premiato dal mercato.
Questo perché i consumatori sapranno dove trovare prodotti fatti a regola d'arte da professionisti certificati". Insomma, Izzo è convinto che “il nostro lavoro avrà molteplici benefici, per il consumatore, certo, ma non solo per lui” perché “sulla base della patente che rilasceremo si verrà a contatto con gli chef stellati di tutto il mondo e s’avvierà una catena virtuosa rilevante”.
Dunque, conclude il Ceo, “i controlli verranno moltiplicati in tutti i Paesi e produrranno di fatto occupazione. Ma soprattutto avremo come italiani una grande soddisfazione: aver dato il bollino di qualità a un prodotto internazionale. Quando si dirà che quel Sushi è fatto ad opera d'arte, la bontà di quello che si sta mangiando sarà anche frutto del nostro lavoro. E di questo, permettetemelo, ne andiamo fieri".