C hissà se è vero che Kylie Jenner, come recita l'ultima “Instagram Rich list” viene pagata 1,2 milioni di dollari per un singolo post su Instagram destinato alla sua platea monstre di 179 milioni di follower.
E chissà se lo scandalo che l’ha appena investita adesso si abbatterà anche sul suo tariffario relativo alle sponsorizzazioni: “Forbes” che due anni fa l’aveva incoronata, a 21 anni, “la più giovane miliardaria self made” ora l’ha accusata di aver gonfiato i bilanci della sua azienda Kylie Cosmetic dichiarando un guadagno di 360 milioni di dollari per il 2018 mentre, stando all’azienda Coty oggi proprietaria della linea ammonterebbero a 125 milioni.
Chissà come finirà, visto che la più giovane del clan Kardashian respinge al mittente le accuse. Ma il suo caso riaccende i riflettori sul variegato e liquido mondo degli influencer, composto da punte di diamante, celebrities strapagate, middle influencer, micro influencer , personaggi emergenti, immacolati o meno limpidi e di un sottobosco che in quanto a reputazione e credibilità deve fare i conti con l’annosa questioncella dei follower farlocchi.
La questione dei follower fasulli
Secondo la società di analisi HypeAuditor, più della metà dei 1,84 milioni dei profili Instagram esaminati a livello internazionale è ricorso a metodi fraudolenti per racimolare seguito.
Un fenomeno duro a morire anche se gli ingaggi delle aziende si basano sull’interazione dei follower e quelli finti che fanno solo numero o generano like automatici vengono smascherati facilmente dai sistemi di intelligenza artificiale.
Ma il mercato è florido: secondo lo studio della Nato “Falling Behind: How Social Media Companies are Failing to Combat Inauthentic Behaviour Online” la manipolazione dolosa del traffico di like e follower online è in costante crescita anche in Europa, forte, secondo gli esperti legali, di un vuoto di regole e dell'assenza di misure sanzionatorie mirate. Con un budget di 300 euro, avverte la Nato è possibile incamerare 5.100 follower, 3.530 commenti, 25.750 “mi piace”, 20mila visualizzazioni.
Una pratica che non dovrebbe servire a chi è al top. Ma se adesso non ci si può fidare neanche più della regina degli influencer e dei suoi fatturati, qualche domanda in più qualcuno se la pone: “Il mistero del web - premette all’AGI Gianluca Diegoli, consulente di marketing e professore a contratto in digital marketing alla Iulm - è che è tutto vero per chi ci crede. E nel mondo degli influencer per essere considerati di successo bisogna mostrare i propri successi. Veri o falsi che siano”.
L’esperto sostiene che vale la pena farsi venire qualche dubbio, nell’ambito del digital marketing, rispetto a quelli che sfoggiano i loro incassi e i loro successi per vendere corsi che promettono di far diventare ricchi. Il metodo? Narrazioni di imperi creati da zero, ostentazione del tenore di vita in stile “Riccanza” sui social (ristoranti stellati, auto di lusso, hotel fastosi), e anche, precisa “l'estremo bisogno di condividere i propri segreti (“anche tu puoi, se ce l'ho fatta io!”) associato in molti casi, alla difficoltà, da parte di chi ci si approccia, nel capire cosa davvero li renda degli esperti e cosa insegnino nei corsi”.
La regola è quella del “fingi finché non diventa vero”, chiarisce Diegoli mettendo in guardia anche, rispetto mondo degli influencer del settore della moda e dell’estetica, da quelli che millantano feste esclusive dove dicono di essere tra i pochissimi invitati (“magari è un party da duemila persone) o amicizie che non esistono.
Un modo a cui ha dichiarato guerra servendosi pure di un video dal titolo “Smascheriamo i buffoni del web marketing” anche Marco Montemagno invitando a diffidare da quelli che “hanno la verità in tasca” e da chi vanta numeri social sospetti: “Se hai 300 mila persone che ti seguono e nessuno reagisce, o sono falsi o sei incapace”.
I successi veri
I successi veri non mancano. Dalla food influencer Benedetta Rossi a Mariano Di Vaio, 6 milioni di follower su Instagram. L’influencer maschio più famoso d’Italia, (pure lui finito su Forbes tra gli under 30 più famosi del mondo) è uno dei pochi , accanto alla regina Chiara Ferragni (20,2 milioni di follower) a detenere un impero composto di aziende, sponsorizzazioni social e ingaggi da testimonial.
L'influencer umbro ha un marchio tutto suo “NoHow” di e-commerce multimarca da cui, sostiene, proviene l’85 per cento dei 10 milioni di fatturato l’anno ed è pure testimonial global del profumo K Dolce e Gabbana. Ma intervistato nel maggio scorso da “Panorama” ha detto chiaro e tondo che le classifiche sui compensi che girano per i singoli post degli influencer, compresi i 22 mila euro che gli vengono attribuiti (quelli della Ferragni superano i 50 mila) per un singolo post che pubblicizza un prodotto sul suo profilo Instagram, sono farlocchi: “Leggo classifiche piene di dati falsi. Può essere vero che Kim Kardashian guadagni 100 mila dollari a post, ma nessuna di quelle cifre corrisponde all’Italia”.
Una chiave per capire luci e ombre del mondo degli influencer la fornisce all’AGI Stefano Prestini, academic fellow del dipartimento di marketing alla Bocconi: “Nel mondo complesso e dinamico degli influencer riescono a diventare casi di reale successo i veri content creator che propongono cioè conoscenze, competenze o divertimento che sono i prodotti di un piano editoriale serio, e quelli attenti all' “always on content", che mantengono cioè continuità nella comunicazione - premette - Ma un’altra chiave di successo è quella del proporsi con autenticità alla propria community, come fa ad esempio L’estetista cinica”.
Trattasi di Cristina Fogazzi, 649 mila follower su Instagram, regina dei prodotti VeraLab, che ha chiuso il 2019 con un fatturato di 28,365 milioni di euro. “È una delle poche”, spiega Prestini, che durante l’emergenza Covid, mentre il settore beauty gestiva le complessità del contesto, è riuscita a far impennare le vendite dei suoi prodotti, condividendo i segreti di bellezza e creando prodotti ad hoc per l’emergenza coronavirus come la maschera per le mani screpolate dai troppi gel igienizzanti.
“L’estetista cinica”, continua, “rappresenta un caso di successo nostrano del settore merceologico cosmetico che ha adottato uno stile genuino e dai feedback continui alla propria community. Basti pensare come anni fa dichiarò con trasparenza ai suoi follower perfino i piccoli ritardi di spedizione dovuti all’elevatissimo numero di richieste dei suoi prodotti”.
Sinceri come “l’estetista cinica”, un po' l'anti Kylie Jenner nostrana, di reale successo o bugiardelli che siano, gli influencer sebbene colpiti anch’essi dalla crisi Covid-19, con parecchie aziende che hanno tagliato gli ingaggi, continuano ad ammaliare i fan. Tant’è che sul web spopola “Webboh”, il sito che nato un anno fa oggi ha raggiunto 110 mila follower (veri) su Instagram raccontando il mondo italico di influencer, creator, instagrammer, youtuber, tiktoker, a un target giovane e soprattutto femminile (il 76 per cento).
Il cofondatore Giulio Pasqui spiega all’AGI che lo scandalo che ha coinvolto la Jenner non è destinato a minare il business degli influencer. Anzi. “Non è il solo scoppiato nei giorni del Covid”. A casa nostra ad autorovinarsi la reputazione ci hanno pensato i due famosi tiktoker Gianmarco Rottaro e Marta Losito, lui di Milano lei di Treviso che essendo stati ingaggiati per girare un video a sostegno di e iniziative benefiche anti coronavirus, hanno pensato di farlo non in remoto ma dal vivo, infrangendo il lockdown e postando poi foto in cui festeggiavano il loro anniversario. “Si sono beccati una serie di insulti, da “pagliacci” a “buffoni” agli hashtag #MartaLositoIsOverParty e #GianmarcoIsOverParty finiti in tendenza su Twitter, all’inizio in parecchi hanno smesso di seguirli ma poi i follower sono addirittura aumentati”, spiega Pasqui.
Possibile? “Il popolo dei social dimentica in fretta, anzi gli scandali generano “hype”, cioè attesa e interesse” chiarisce Pasqui. Tant’è che il profilo Instagram di Losito ha due milioni di follower e Rottaro veleggia sugli 850mila. Chissà, a questo punto, quanti ne guadagnerà ancora la Jenner.