R oma - Una donna dell'Illinois ha fatto causa a una ditta produttrice di vibratori 'smart', la canadese Standard Innovation, dopo aver scoperto che l'applicazione We-Connect, collegata all'apparecchio, raccoglieva e inviava a sua insaputa all'azienda dati personali piu' che sensibili quali gli orari di utilizzo, la durata delle sessioni e l'intensita' della vibrazione. Lo riporta il Chicago Tribune. Sulla carta l'applicazione avrebbe dovuto limitarsi a consentire il controllo remoto del vibratore di nuova generazione 'We-Vibe Rave' (che puo' essere quindi manovrato a distanza da un fidanzato lontano) e la personalizzazione delle sue funzioni. Secondo Edelson, lo studio legale che sta gestendo la causa, Standard Innovation ottiene, tramite We-Connect, ogni singolo dettaglio sull'utilizzo del 'sex toy' da parte di ogni acquirente senza fornire notifiche in merito. "E' uno dei casi di violazione della privacy piu' incredibili con cui abbiamo mai avuto a che fare", ha raccontato al quotidiano Eve-Lynn Rapp, uno degli avvocati al lavoro sul caso, che Edelson intende trasformare in una class action, sostenendo che i casi analoghi si contino nelle "decine di migliaia". Denny Alexander, portavoce di Standard Innovation, ha fatto sapere di non aver ancora ricevuto la documentazione legale ma ha promesso che "esaminera' in maniera approfondita" le carte. "Raccogliamo alcuni dati limitati per poter migliorare i nostri prodotti e per ragioni di diagnostica", ha spiegato il portavoce, "come pratica, usiamo questi dati in maniera aggregata e non identificabile". Secondo lo studio legale, invece, i dati raccolti consentono di risalire a ogni singolo utente grazie all'email del profilo con cui si accede a We-Connect. La compagnia nordamericana ha lanciato sul mercato il We-Vibe nel 2008. Il modello incriminato, il 'Rave', e' arrivato nei negozi nel 2014 e, collegato allo smart phone tramite l'applicazione, permette l'utilizzo di funzioni innovative come la videochat. (AGI)