Segnali dal mondo della privacy. Signal, l'app di messaggistica che fa della riservatezza la propria bandiera, ha superato i 100 milioni di download nel mondo. Per quanto sia un traguardo da ricordare, a colpire non sono tanto i numeri complessivi (ancora piccoli se confrontati con Whatsapp o Telegram) quanto la crescita registrata in questi ultimi tre mesi.
La crescita di Signal nel mondo
Secondo un'analisi di SensorTower, sui 102 milioni di installazioni, 61,4 milioni sono arrivati nel 2021. Vuol dire che i download sono già quadruplicati rispetto a quelli dell'intero 2020. E che Signal è stata scaricata più volte negli ultimi tre mesi che nei suoi primi cinque anni di vita. Un dato ancor più impressionante se si considera che a metà marzo è stata bloccata in Cina. A fare da contraltare è l'India, lo Stato con il maggior numero di download nel 2021: sono stati 23 milioni, ossia il 93% delle installazioni registrate nel Paese da quando Signal è disponibile.
A livello globale, il confronto con le altre applicazioni di messaggistica è ancora impari, ma la distanza – un tempo siderale – si è compressa: nel 2021 Telegram è stata scaricata 131,5 milioni di volte e Whatsapp 130,3 milioni.
La crescita di Signal in Italia
Anche l'Italia, 14esimo Paese al mondo per numero di installazioni, sta scoprendo Signal: nel 2021 i download sono stati 784.000, già il doppio dell'intero 2020 e quasi la metà di quelli totali (1,7 milioni).
Da inizio anno, Telegram (1,6 milioni di installazioni) e Whatsapp (1,4 milioni) hanno avuto un volume di download paragonabile a quello registrato da Signal in tutta la sua storia. Nuovi granelli che si aggiungono a un monte consistente: dal 2014, Telegram ha raccolto in Italia 27 milioni di download e Whatsapp 101,7 milioni (cioè solo nel nostro Paese quanti ne ha ottenuti Signal in tutto il mondo). La distanza con le due app leader, quindi, resta. Ma si è assottigliata.
Niente dati, niente pubblicità
Signal è molto apprezzata tra attivisti e hacker e ha avuto un primo slancio nel 2015. Edward Snowden, l'uomo che meno di due anni prima aveva rivelato i sistemi di sorveglianza di massa della National Security Agency americana, scriveva su Twitter: “Uso Signal ogni giorno”.
L'endorsement di uno degli alfieri della riservatezza racconta già il punto di forza di Signal. L'app ha da sempre avuto la crittografia end-to-end. Significa che solo chi invia e chi riceve il messaggio può conoscerne il contenuto. Anche Whatsapp funziona nello stesso modo (dal 2016): i contenuti sono protetti in automatico.
Su Telegram, invece, la crittografia end-to-end è un'opzione che gli utenti devono attivare. Signal, però, fa di più: non raccoglie neppure i cosiddetti metadati (cioè le informazioni sui comportamenti degli utenti). Per fare un esempio: se Giovanni invia un messaggio a Carla con scritto “passo da te alle 20”, Whatsapp non vede il contenuto della frase ma sa da chi è partita, a che ora, quante volte chattano Giovanni e Carla e così via.
Come ha sottolineato Vincenzo Cosenza, Whatsapp raccoglie nove tipologie di dati come questi; Telegram si ferma a tre. Signal a zero (numero di telefono escluso): non traccia né dati né metadati, non li archivia (neppure aggregati) e, di conseguenza, non può monetizzarli. Signal è in grado di farlo perché non campa di pubblicità. L'app è gestita da una fondazione senza scopo di lucro, presieduta dal co-fondatore di Whatsapp Brian Acton e sostenuta dalle sole donazioni private. Ultimo ma non ultimo: l'applicazione è open source. Chi ha le competenze e la voglia di mettere gli occhi sul codice (l'impalcatura che regge ogni app) può farlo. Per capire se ci sono difetti, falle, “porte di accesso” aperte per fare entrare enti governativi o società private.
La nuova privacy di Whatsapp
Signal non è un'applicazioni nuova. Ma allora perché solo adesso sembra uscire dalla nicchia? Di mezzo ci sono un cambiamento e un testimonial. All'inizio dell'anno, Whatsapp ha annunciato alcune modifiche alle regole sulla privacy. Resta la crittografia end-to-end, ma c'è una maggiore condivisione di dati con la casa madre, Facebook. Gli utenti europei, grazie al Gdpr, sono più protetti: una società non può prendere unilateralmente decisioni di questo tipo. Ma il Garante della Privacy ha comunque parlato di informativa “poco chiara”.
Gli exploit di Signal e di Telegram (scaricato, sia a livello globale che in Italia, più volte di Whatsapp) sono quindi figli di una migrazione. È fuga dall'app di Zuckerberg? Calma. È oggettivo che gli utenti stiano guardando (anche) altrove. Ma in Italia, a oggi Whatsapp è stato installato il quadruplo delle volte di Telegram. C'è voluto un mezzo putiferio perché l'app nata in Russia potesse superare la concorrente, al momento solo per un trimestre. E poi va ricordato che installare non vuol dire utilizzare.
Musk, il testimonial inatteso
Nonostante la privacy sia un tema che riguarda tutti, non capitano spesso migrazioni (o forse sarebbe meglio dire esplorazioni) di questa portata. La consapevolezza sul tema, rispetto ai tempi di Snowden, è aumentata. Ma ha inciso ancora abbastanza sulle scelte di consumo di massa. Oltre all'inciampo di Whatsapp (costretta a posticipare l'applicazione delle nuove regole dall'8 febbraio al 15 maggio), c'è voluto un nome. Elon Musk ha spesso usato Twitter per provocare e non ha mai nascosto le sue antipatie per la galassia Facebook. Il 7 gennaio ha cinguettato: “Use Signal”, usate Signal.
Il messaggio di Snowden del 2015 aveva un peso specifico maggiore perché scritto da chi per la privacy ci ha rimesso la carriera e ha rischiato di rimetterci tutto. Aveva avuto grande eco ma un riscontro popolare, tutto sommato, modesto: 1919 retweet, 65 citazioni e 2686 Mi piace. Non c'è partita con il padre di Tesla, che si è rivolto ai suoi 50 milioni di follower raccogliendo 47.067 retweet, 12.024 citazioni e 368.138 Mi piace. Signal e la privacy erano sul palcoscenico da tempo: avevano bisogno di un riflettore. Lo hanno trovato in Elon Musk.