Via Antonio Samaritani, dentro un uomo vicino alla Lega. Gli incarichi, come spesso accade, sono il frutto di una miscela tra competenze (più o meno) tecniche, orientamento politico ed equilibri di governo. Non fa eccezione l'Agenzia per l'Italia Digitale: il nuovo direttore generale sarà uno dei primi ruoli indicati dal nuovo esecutivo. Con un uomo di propria fiducia.
Chi sarà il successore di Samaritani?
L'Agenzia per l'Italia digitale coordina e indirizza la spesa dei 4,6 miliardi di fondi strutturali destinati dalla programmazione 2014-2020 per l'attuazione dell'agenda digitale. Il mandato triennale di Antonio Samaritani, in carica dal 18 maggio 2015, è scaduto (dopo i 45 giorni di proroga previsti) il 2 luglio 2018. Non sarà rinnovato. Dopo aver raccolto le candidature sul bando pubblicato il 3 luglio, il governo sceglierà in libertà il proprio uomo.
L'indicazione è in capo al ministro della Pubblica amministrazione. Cioè di Giulia Bongiorno, che ha ricevuto dal Consiglio dei ministri la delega al digitale. E' stata lei a redigere il bando. Ma il nome del favorito per la successione di Samaritani, secondo quanto riportato da CorCom, ci sarebbe già: Massimo Melica. Sarebbe doppiamente vicino alla ministra. Perché, come lei, è un avvocato: managing partner dello Studio legale Melica, Scandelin & Partners, è specializzato in diritto applicato alle nuove tecnologie. E, come lei, è in quota Lega (pur non essendosi candidato). Si va quindi verso la scelta di un tecnico d'area, che non nasconde certo le sue simpatie politiche, né rifiuta la prospettiva di guidare l'Agid.
Il “programma” del candidato Melica
Dopo le prime indiscrezioni Melica si è espresso sui suoi (molto aggiornati) canali social. Su Twitter cinguetta: “Se si parla di premiare le competenze ci sono, se si parla di rivoltare l’Agid come un calzino per renderla funzionale, prendo l’aereo e arrivo”.
Su Facebook abbozza persino un accenno di programma: “Dal mio punto di vista, vorrei un'Agenzia senza scheletri nell'armadio, senza 'sorelle politiche' mascherate da squadre digitali che ne impoveriscono la portata, senza fanatismo che ne depauperi la concretezza. Insomma, un ruolo di equilibrio tra la politica e le esigenze di innovazione, tra la norma e il mercato, tra il sogno e la fattibilità. Mi piacerebbe – continua - un'Agenzia che controlli la crescita digitale sul territorio e intervenga affinché l'accesso ai servizi digitali sia uguale dal Nord, in cui funziona di più, al Sud in cui ancora stenta a raggiungere livelli ottimali. Parafrasando Salvini: 'Se posso essere al servizio del cambiamento, io ci sono'”.
Melica aveva presentato il proprio curriculum già nel 2014, quando poi venne scelta Alessandra Poggiani, predecessore di Samaritani. Nella lettera di candidatura, l'avvocato affermava che “il Direttore dell’Agenzia per l’Italia digitale non dovrà restare seduto nel suo ufficio in Roma, egli dovrà girare settimanalmente per le regioni d’Italia dialogando con il territorio, condividendo soluzioni ed expertise”.
Alla ministra Madia scriveva che “non ci sono più alibi, occorre avere il coraggio di rottamare chi ha gestito sino a questo momento lo sviluppo del digitale in Italia, chi ha previsto fallimentari gare d’appalto, chi ha posto ostacoli analogici allo sviluppo del digitale”. Prometteva infine che, in caso di nomina, si sarebbe sospeso dall'ordine degli avvocati. Melica sapeva bene che nel 2014 gli equilibri politici non erano dalla sua parte. E infatti sottolineava: “Il Governo potrebbe valutare positivamente la mia candidatura, creando un miracolo nella storia di questo Paese: pensate un candidato indipendente che viene scelto per un ruolo determinante senza un apparato partitico alle spalle, ma solo attraverso la forza della Rete che condivide una strategia di intervento”. Da allora molto è cambiato.
Chi è Massimo Melica
Melica è un avvocato cassazionista. Sul suo sito personale dice di essere “nato due volte: la prima nel 1964 nel mondo analogico e la seconda nel 1990 nel pianeta digitale”. E afferma che il suo “peggior nemico è il fanatismo digitale, il voler credere che la tecnologia possa sostituirsi all’uomo, il generare tra i giovani false aspettative legate al web”.
È appassionato di Muay Thai, come si nota anche da una vignetta. Lo raffigura in giacca, cravatta e calzoncini e – dice Melica - “descrive perfettamente il mio look da giurista, con la rigorosa camicia e gemelli e pantaloncini da Thai Boxer”. I suoi post sono più da camicia verde che da toga, sia per contenuto che per stile. Come ogni anno, era presente a Pontida. Questa volta con una maglietta con scritto #chiudiamoiporti. Non è contrario al censimento dei rom. E si era detto favorevole a un ministero per la Digitalizzazione (di cui si era discusso, senza esito).
I “tecnici d'area” precedenti
Anche le nomine precedenti hanno avuto gli stessi ingredienti (politica e competenze), anche se con diverse dosi. Antonio Samaritani era stato voluto dalla ministra Marianna Madia dopo essere stato il responsabile Ict della Regione Lombardia. Più che dal Pd, la sua candidatura sarebbe stata caldeggiata da Maurizio Lupi, allora ministro delle Infrastrutture del Nuovo Centrodestra, in virtù della comune vicinanza a Comunione e Liberazione. Più discussa era stata la nomina di Alessandra Poggiani. Lei sì, voluta dal Pd. Veniva da un'esperienza locale (era stata direttrice generale di Venis, la società informatica del Comune di Venezia), anche se non era un profilo prettamente tecnico e, dopo sette mesi all'Agid, ha passato la mano per candidarsi alla Regione Veneto a sostegno di Alessandra Moretti.
Il futuro di Agid e Piacentini
Al di là della nomina, c'è un problema. Di fatto senza direttore generale, l'Agid è ferma. E lo sarà fino al prossimo insediamento. Come sarà la futura Agenzia per l'Italia Digitale? Qualche elemento è stato fornito proprio da Giulia Bongiorno, intervenuta alla Camera nel corso dell'Internet Day di giugno: “La digitalizzazione deve essere ragionevole. Intendo dire che bisogna fare i conti con l’enorme diversità che esiste fra la PA centrale e il più piccolo comune arroccato su una montagna. Immaginare una trasformazione digitale omogenea significa non tenere conto delle peculiarità. E invece bisogna tenerne conto eccome perché le cose non stanno sempre come ce le immaginiamo o vorremmo immaginarle”.
Si avvicina intanto un'altra scadenza, quella dell'incarico di Diego Piacentini, Commissario Straordinario per l'attuazione dell'Agenda Digitale fino a settembre. Un anno fa Melica twittava una frecciata social-televisiva: “Ma adesso si lancia Piacentini su #ottoemezzo perché #Amazon è sotto inchiesta tributaria?”. Il riferimento è al passato del commissario straordinario, vicepresidente del gruppo guidato da Jeff Bezos, ospite su La7. Sul futuro di Piacentini, però, la scelta spetta alla presidenza del Consiglio, cioè a Giuseppe Conte. Per ora, ci sarebbe l'orientamento a proseguire l'esperienza del Team per la Trasformazione Digitale, come ha lasciato intuire la ministra Buongiorno: “Mi hanno parlato benissimo del team di Piacentini e avrò presto un incontro per approfondire”.