No, Facebook non ci spierà. O almeno non lo farà attivando a tradimento il microfono dello smartphone. In questi giorni è venuta fuori la notizia di un brevetto depositato da Menlo Park: quando un utente guarda qualcosa online o è davanti al televisore, questa nuova tecnologia attiverebbe il telefono per fare registrazioni ambientali e inviarle a Facebook per scopi pubblicitari. Il brevetto esiste? Sì: è stato depositato il 12 dicembre 2016 e pubblicato il 14 giugno 2018. Solo che non parla mai di microfono né necessariamente di smartphone. La registrazione non sarebbe automatica e Facebook ha già chiarito che non ha intenzione di applicare questa tecnologia. Ma allora a che cosa serve?
Come funziona il brevetto
Il sistema, come spiega il brevetto, permette di registrare l'ambiente a torno a sé quanto il dispositivo (non per forza uno smartphone) capta un segnale. Ad esempio della tv o di un altro schermo. La tecnologia proposta da Facebook riconosce che cosa viene trasmesso, lo confronta con la sua banca dati costruita in precedenza e capisce se il messaggio che arriva alle orecchie dell'utente è più o meno ricorrente. Si potrebbe definire come una sorta di Shazam della pubblicità. Perché a questo servirebbe: comprendere le nuove abitudini degli spettatori, che sempre più spesso dialogano contemporaneamente con due schermi (tv o pc e smartphone), per venderle ai marchi.
Il mio smartphone c'entrerà o no?
Effettivamente, detta così suona (ed è) un po' sinistra. Prima di tutto però, non c'è nessuna indicazione sul brevetto che lasci intendere a un'attivazione del microfono del proprio smartphone. Ben che meno senza l'autorizzazione dell'utente. Certo, è possibile che il sistema diventi una porta per gli hacker con le peggiori intenzioni, però questo avviene già adesso, anche tramite una semplice fotocamera. E poi di dispositivi che ascoltano l'ambiente attorno a sé ce ne sono e ce ne saranno sempre di più: sono gli smart speaker, come Echo, Google Home e HomePod. O come Portal, il maggiordomo digitale (con display) che Facebook avrebbe dovuto lanciare ma che ha preferito tenere nel cassetto ancora un po' dopo il caso Cambridge Analytica. Proprio perché, come i suoi colleghi, vive di dati e ascolto.
Ma allora a che serve?
Altro elemento che indicherebbe quantomeno alla cautela: Facebook ha detto che non svilupperà questa tecnologia. Chiunque è libero di fidarsi o meno, ma questi (a oggi) sono i fatti: uno dei vicepresidente di Menlo Park, Allen Lo, ha detto a Engaged che “non è inclusa in alcun prodotto Facebook e mai lo sarà”. Ma allora perché brevettarla? Anche qui, niente di nuovo. Si tratta, spiega Lo, di “prevenire aggressioni da altre compagnie”. I brevetti “tendono a focalizzarsi su tecnologie futuristiche, spesso di natura speculativa e commercializzabili da altre società”. Tradotto: Facebook (come Google, Apple, Amazon e tanti altri) deposita un brevetto su ogni pezzetto e funzione di smart speaker che gli venga in mente, con l'obiettivo di sbarrare la strada agli avversari (che nel frattempo fanno lo stesso). Quindi no, Facebook non origlierà le nostre conversazioni. Di noi sa già abbastanza.