Opacità al quadrato. Ci sono due mercati non regolamentati che in questi mesi si sono intrecciati: quello delle Ico e quello della pubblicità sui social network. Chiunque frequenti Instagram (soprattutto), Twitter Facebook, sa bene che i post delle celebrità molto spesso promuovono qualcosa: un marchio paga per comparire in una foto da migliaia di like. E molto spesso senza dire che si tratta di una pubblicità.
Aggiungere gli hashtag #ad o #adv non è ancora un obbligo (anche se qualcuno già lo fa). E poi ci sono le Initial coin offering: startup (ma anche solo progetti) raccolgono risorse fresche sotto forma di dollari o criptovalute più mature in cambio di nuovi gettoni digitali (token). Nonostante diversi Paesi si stiano muovendo (a cominciare dagli Stati Uniti), le Ico restano un sistema poco regolamentato, utilizzato da società con le migliori intenzioni, progetti velleitari e truffe.
Cosa c'entrano le Ico con gli influencer
Cosa c'entrano le pubblicità social con le Ico? Negli ultimi mesi sono sempre di più i personaggi che hanno messo la faccia (in cambio di lauti compensi) per promuovere operazioni di raccolta. La visibilità è garantita, la sicurezza per gli investitori tutt'altro: molte delle Ico sponsorizzate da attori e sportivi sono già finite male.
Floyd Mayweather è uno dei più grandi (e più ricchi) pugili di sempre. E il suo profilo Instagram è un continuo sfoggio di dollari e oro. In uno dei suoi post, in volo sul suo aereo privato e davanti a un tavolino pieno di banconote, “predice” che farà un mucchio di soldi con l'Ico di Stox.com. Ma nessuno saprà mai se abbia realmente partecipato. Il token emesso lo scorso agosto, comunque, dopo aver raggiunto i 2,6 dollari, oggi vale meno di 20 centesimi.
Mayweather e l'attaccante del Barcellona Luis Suarez hanno pubblicizzato anche un'altra Ico, quella di Centra Tech. La società, dopo aver raccolto 32 milioni di dollari, è stata bloccata dalla Sec (la Consob americana) per frode: sosteneva di sviluppare prodotti finanziari con l'appoggio di Visa e Mastercard. Senza però avere alcun rapporto con i circuiti di pagamento.
Gli “esperti” Paris Hilton e Steven Seagal
Paris Hilton ha pubblicizzato il progetto LydianCoin, prima di rimangiarsi tutto (e cancellare i tweet sponsorizzati) dopo aver saputo dei guai giudiziari del ceo Gurbaksh Chahal, condannato per aver picchiato la compagna. Lo scorso settembre, il premio Oscar Jamie Foxx ha promosso l'Ico di Cobinhood, altra offerta iniziale molto discussa. Per rimanere a Hollywood, Steven Seagal è diventato “ambasciatore mondiale di Bitcoiin 2nd Generation (B2G), una cripto-moneta di nuova generazione” e della sua Ico. Peccato che l'operazione sia stata bloccata dalle autorità del New Jersey per “offerta fraudolenta”. Lamentando la poca chiarezza, sia del progetto sia del ruolo di Seagal (ieri attore-picchiatore e oggi maestro zen).
Il buon senso della Sec
Insomma, l'opacità è duplice: poca trasparenza sulla pubblicità social e altrettanta nelle Ico. Certo, ci si potrebbe chiedere che cripto-competenza avrebbero Mayweather, Seagal e Hilton da convincere un investitore. La risposta, di buon senso, arriva dalla Sec: “La decisioni di investire non dovrebbe essere basata unicamente sulla sponsorizzazione di un solo individuo”. Le celebrità che appoggiano un'Ico “spesso non hanno sufficienti competenze per assicurare che l'investimento sia appropriato e ubbidisca con le leggi federali”. “Informatevi – conclude la Sec – prima di fare un investimento, Ico incluse”.