L’ultimo aggiornamento di Apple non è stato un semplice modo per risolvere i problemi del software iOS, bug, o rilasciare nuovi servizi. Certo, ce ne sono, come l’atteso controllo batteria per rispondere alle accuse di obsolescenza programmata emerse lo scorso gennaio. Ma c’è di più. E sembra qualcosa legato a doppio filo con lo scandalo Facebook Cambridge Analytica.
Che Tim Cook, ad di Apple, e Mark Zuckerberg, Facebook, non abbiano un ottimo rapporto è emerso con chiarezza nelle ultime settimane, tra accuse, repliche e stoccate a distanza (Agi le ha raccontate qui, inquadrandole in una divergenza piuttosto netta di due modelli dell’economia digitale). Probabilmente, ricorda oggi il Financial Times in edicola, si tratta della prima volta che un update di un software riguarda i diritti umani.
L’ultimo aggiornamento di Apple è una conferma indiretta di queste ‘tensioni’. A partire dalle’”handshake”, la stretta di mano che tramite un logo apparirà ogni volta Apple chiederà di usare le informazioni personali dei propri utenti. Ma la questione della privacy dei dati campeggia già dalla fine dell’aggiornamento di iOS 11.3. “Apple raccoglie dati solo quando è necessario abilitare determinate funzionalità”, si legge nel messaggio alla fine dell’aggiornamento del software. “Rendere sicuri i dispositivi o personalizzare l’esperienza utente, pertanto, l’icona non sarà visibile con tutte le funzionalità”. E ancora: “Per Apple la privacy è un diritto fondamentale. Ogni prodotto Apple è concepito per limitare al minimo la raccolta dei dati e il loro utilizzo”.
Non leggere una risposta al caso Facebook e alle polemiche che ha sollevato sarebbe miope. Non è una semplice coicidenza. Cook ha detto più volte che il modello di business su cui si basano aziende come il colosso dei social media dovrebbe essere regolato. “Se i nostri clienti fossero i nostri prodotti, faremmo davvero un sacco di soldi”, ha detto Cook la scorsa settimana, segnando la prima di una lunga serie di stilettate a Zuckerberg. Può sembrare un po’ cinico, anche perché Apple prende molti soldi da Google per assicurare che il motore di ricerca sia usato nei propri browser (Safari). E ha detto più volte che per lui quel modello è eticamente inammissibile.
Ma è un fatto che la questione dei dati degli utenti sta diventando il tema cardine di queste settimane, e lo sarà nelle prossime con l’Unione europea che lancerà dal primo maggio il Gdpr (General data protection regulation, qui Agi ha pubblicato una scheda per sapere di cosa si tratta e perché cambierà la gestione dei dati personali dei cittadini europei). La battaglia è appena iniziata. E già si cominciano a delineare le prime soluzioni possibili alla questione dei dati personali. Uno: rimarrà tutto com’è. Due: queste questioni gonfieranno le vele dell’anti-globalismo, come quello di Bannon, paradossalmente deus ex machina di Cambridge Analytica. Tre: un’intervento delle istituzioni per riprendere il controllo dei dati e delle tracce lasciate durante la navigazione dei cittadini, che avranno anche la possibilità di organizzare i dati e determinarne gli accessi e le condizioni (è la posizione sostenuta dallo scrittore russo Evgeny Morozov sul Guardian).