Il 24 marzo uno stabilimento di produzione dell’azienda statunitense Boeing, nella Carolina del Sud, è stato colpito da Wannacry, un malware che blocca l’accesso ai dati dei computer fino a quando non si paga un riscatto. L’azienda è riuscita comunque a contenere la propagazione del software malevolo, che all’inizio si temeva potesse aver colpito alcune linee di produzione.
“Abbiamo concluso la nostra valutazione”, ha chiarito Linda Mills, portavoce dell’azienda. “La vulnerabilità si è limitata a pochi computer. Abbiamo applicato gli aggiornamenti necessari. Non c’è stata alcuna interruzione, né al programma di produzione dei jet 777 né agli altri”.
Inizialmente, in una nota scritta da Mike VanderWel, ingegnere capo del dipartimento per la produzione di aerei commerciali dell’azienda, e riportata dal Seattle Times, si chiamavano tutti gli uomini ai loro posti (“all hands on deck”) per contenere l’effetto del virus.
La notizia ha creato grande allarme a causa della pericolosità di Wannacry, il quale ha fatto la sua comparsa nel 2017 causando danni per milioni di dollari. Il malware, che colpisce i computer con versioni non aggiornate di Windows, esegue una scansione automatica dei dispositivi connessi per diffondersi. La vulnerabilità del sistema operativo sfruttata da Wannacry era nota da tempo ai servizi di intelligence dell’Nsa, che non aveva comunque informato Microsoft, preferendo usarla per compiere attività di spionaggio.
La prima volta che il malware è stato osservato risale a maggio dell’anno scorso. All’epoca la Casa Bianca punto il dito contro la Corea del Nord, ritenuta il vero responsabile della creazione del software malevolo. Secondo l’Europol, Wannacry avrebbe infettato oltre 300mila computer: in passato ne sono state vittime anche il sistema sanitario nazionale del Regno Unito, il Ministero degli interni russo, alcune compagnie del gas e delle telecomunicazioni spagnole e l’azienda americana FedEx.