Il 26 febbraio sono cominciate le udienze presso la Suprema Corte statunitense, chiamata a decidere se un mandato di perquisizione si possa applicare anche ai dati conservati da una multinazionale americana in Paesi terzi.
Dopo una battaglia legale durata cinque anni, alla fine Microsoft e il Dipartimento di giustizia dovranno sottoporsi alla decisione dei Justicies, per decidere se la giurisdizione americana può essere estesa ai dati “overseas”, ovvero oltre confine, come riportato da Reuters.
Tutto ha avuto inizio nel 2013, quando il governo americano ha chiesto al colosso di Redmond, con mandato alla mano, di fornire il contenuto di comunicazioni elettroniche conservate nei server irlandesi della multinazionale.
Oggetto del contendere le mail di un sospettato per narcotraffico. Microsoft si oppose, mettendo in discussione la giurisdizione americana su dei server fisicamente all’esterno dai confini del Paese.
Ma per il governo americano, se l’azienda è sul suo territorio la posizione fisica dei dati non avrebbe valore alcuno. Per Microsoft il rifiuto non è basato solo su una questione di principio: l’azienda teme che i propri clienti possano smettere di utilizzare i servizi forniti da Redmond (come Outlook, Hotmail, Live e Skype) per paura che i propri dati possano essere accessibili dal governo americano.
Per questa ragione anche altri colossi dell’informatica come Google e Apple si sono schierati al fianco della società di Bill Gates, rilasciando un comunicato congiunto: “Crediamo che il governo dovrebbe rispettare le leggi locali e internazionali esistenti. Al contrario, l'uso unilaterale da parte del governo degli Stati Uniti di un mandato di perquisizione mette a rischio sia il diritto fondamentale alla privacy degli utenti che i rapporti tra Paesi”.
Per Microsoft e altre multinazionali americane il governo dovrebbe ricorrere alla stipula di specifici trattati, in modo da rendere trasparente e normato il processo di accesso ai dati.
La prima decisione su questo caso risale al 2014, quando in prima istanza si è stabilito il diritto del governo americano di accedere ai server. Ricorsa in appello, Microsoft ha ricevuto una sentenza in suo favore nel 2017. L’amministrazione Trump ha così deciso di interpellare la Corte Suprema, la cui decisione dovrebbe arrivare entro la fine di giugno.