Che Facebook detenga dati personali è chiaro. Ma quanti utenti hanno messo nelle mani di Mark Zuckerberg informazioni sensibili come orientamento sessuale, convinzioni politiche, religione, origine etnica? Uno studio dell'Universidad Carlos III di Madrid ha dato una risposta: il 40% dei cittadini Ue.
La ricerca stima che, per il 73% degli iscritti europei al social network, i dati sensibili non sono anonimi e il loro utilizzo contrasterebbe quindi con il Gdpr, il regolamento comunitario che entrerà in vigore a maggio. In altre parole: è possibile collegare i singoli individui alle informazioni che invece non dovrebbero avere un'etichetta. Risultato: i dati sensibili vengono utilizzati per fare pubblicità ed espongono gli utenti a cyberattacchi.
La ricerca afferma infatti che “i dati sensibili sono sfruttati da Facebook per obiettivi commerciali”, cioè per inviare annunci mirata. E favorirebbero azioni malevole, come ad esempio il phishing, che sfrutta informazioni sensibili per costruire un'esca più attraente. Per chi cerca materiale per mettere in piedi truffe online, Facebook è quindi un serbatoio enorme e a buon mercato: i malintenzionati, stima la ricerca, possono ottenere dati “utili” con una spesa di appena 0,015 euro per utente.
L'impatto è consistente non solo su chi frequenta il social network: il 73% degli utenti sono infatti una fetta ampia dei cittadini europei: si tratta di circa 205 milioni di persone, pari (appunto) al 40% della popolazione comunitaria.
Nelle loro conclusioni, i ricercatori chiedono a Facebook una “reazione rapida e urgente” per eliminare orientamento politico e sessuale, condizioni di salute, religione e origini etniche dall'elenco dei dati sfruttati per fini commerciali. Per due ragioni: Facebook rispetterebbe le nuove norme previste dal regolamento europeo e “preserverà la privacy degli utenti dagli attacchi mirati a svelare l'identità di persone legate a informazioni (molto) sensibili".