La belva di Baku sa ancora mordere e non intende farsi sorpassare dalle nuove generazioni troppo facilmente. Dodici anni dopo aver concluso la sua carriera professionale, Garry Kasparov è tornato alla ribalta al torneo di Saint Louis, che, nella prima giornata, lo ha visto sfidare tre tra le stelle più brillanti degli scacchi moderni: il nuovo campioncino russo Sergey Karjakin e i due massimi giocatori americani, Hikaru Nakamura e Fabiano Caruana. Mancava solo il nuovo campione del mondo Magnus Carlsen, che del predecessore Kasparov era stato un protetto. Il giovane "Mozart degli scacchi" è presente a Saint Louis ma non si cimenterà in alcuna partita.
Una partita che fece la storia. E non solo quella degli scacchi
"Sono abbastanza soddisfatto", ha dichiarato il genio cinquantaquattrenne, il cui ritorno sulle scene ha suscitato grande emozione negli appassionati di tutto il mondo, "il piano era sopravvivere il primo giorno. Mi sono dovuto adeguare a questa nuova realtà, a questa atmosfera. Sono contento di queste giocate. Ora sarò più aggressivo". L'umiltà che è propria dei veri grandi. Del resto, Kasparov aveva già dimostrato di non avere problemi ad adeguarsi alla modernità quando, il 2 febbraio 1996, fu il primo campione mondiale di scacchi a essere battuto da una macchina, Deep Blue, il supercomputer creato appositamente dalla Ibm. Una partita che fece la storia, e non solo quella degli scacchi.
Kasparov riuscì a rovesciare il risultato nelle seguenti cinque partite, vincendone quattro e aggiudicandosi il match. L'anno dopo la macchina avrebbe avuto una rivincita di misura, 3,5 a 2,5. L'incontro segnò per sempre la vita di colui che è considerato il più grande scacchista della storia. Se in molti conoscono la sua seconda vita di attivista politico, tra le file degli oppositori filo-occidentali di Vladimir Putin, non tutti sanno dell'interesse sempre più profondo sviluppato negli anni successivi da Kasparov per l'universo dell'intelligenza artificiale, anni che lo vedranno mattatore sui palchi delle più importanti convention di settore, a partire dalla TED.
"Perché non dobbiamo aver paura delle macchine"
La stampa generalista si è occupata della passione di Kasparov per le macchine pensanti soprattutto lo scorso anno, quando lo scacchista raccontò in un volume, 'Deep thinking', la sfida con il computer e quel che ne aveva tratto. Il messaggio è contenuto nel sottotitolo: "Dove finisce l'intelligenza della macchina e comincia la creatività umana". Un messaggio di ottimismo. "Non dobbiamo avere paura delle macchine, dobbiamo imparare a collaborare con loro", dice il campione mondiale che da una macchina fu sconfitto. Nessun entusiasmo acritico ma nemmeno alcuna ansia distopica: "Le macchine distruggeranno alcuni lavori per dare vita ad altri, tutto qua". Un esempio? Facebook, che ha dovuto "assumere migliaia di specialisti perché le macchine non sono in grado di riconoscere le fake news".
"Quando sfidai Deep Blue, la gente pensò: 'oh, wow, la macchina ha vinto'. In ogni gioco, che siano gli scacchi o lo Shogi, non conta apprendere e comprendere il gioco, conta battere l'avversario umano. Il gioco umano è troppo instabile per resistere a una macchina potente", spiegò Kasparov lo scorso luglio in una conversazione con The Parallax, "ciò non perché la macchina ha un gioco perfetto, tutt'altro, ma perché siamo giunti a un punto nel quale ogni programma per giocare a scacchi che avete sul vostro computer gioca meglio dei campioni internazionali, e ogni app gratuita che avete sul vostro smartphone gioca meglio di Deep Blue. Non possiamo battere le macchine. Dobbiamo unirci a loro. Questo è il futuro e ci sono molti problemi che dovremo risolvere insieme".
I computer sono più intelligenti? No, ci battono con la forza bruta
Inoltre la macchina non vince grazie a un'intelligenza superiore, in quella che è l'accezione umana del termine, ma a una superiore potenza di calcolo. Ovvero, nelle parole di Kasparov, "forza bruta". E le macchine non sono perfette. "Ripensando, ad esempio, alle partite del 1997, mi sono reso conto che non fui solo io a commettere errori, ma Deep Blue ne fece alcuni piuttosto gravi, errori gravi che avrebbero potuto ribaltare il gioco", ha ricordato Kasparov in un'intervista a Business Insider di alcuni mesi fa, "dovremmo semplicemente accettare che le macchine prendono decisioni in maniera diversa e concentrarci sul risultato, ovvero se forniscono i risultati che ci aspettavamo. E, probabilmente, dovremmo cercare strade per combinare le abilità umane e quelle della macchina. Questo credo sia il ruolo futuro dell'umanità, assicurare di utilizzare questa immensa forza bruta di calcolo a nostro benificio".
Cosa ci insegnano gli scacchi sull'intelligenza artificiale
Una complementarità che gli scacchi aiutano a comprendere meglio: "A una macchina non interessano fattori psicologici come il sacrificio di un pezzo più forte. Questo è ancora uno dei suoi principali punti deboli perché ragionare sul lungo termine - sacrificare del materiale per vantaggi strategici dilungo termine - può essere difficile per una macchina perché ha bisogno di pensare per risultati immediati. Per esempio, dalla prospettiva di una macchina, la soluzione è semplicissima: bisogna semplicemente sacrificare la regina. Alla macchina non importa perché si rende conto immediatamente che in due mosse vincerà e questo è l'unico modo di vincere la partita. Un giocatore umano, invece, non sacrifica la regina per nulla, nemmeno per una mossa".
"Gli uomini possiedono una sorta di zone morte. Non ci guardo perché è contro quello che ho appreso: non si sacrifica la regina", conclude Kasparov, "le macchine guardano a tutto, e questo è un altro gran vantaggio. Le aree nelle quali le macchine sono relativamente vulnerabili sono piuttosto limitate. Ma comunque, se si mettono un uomo e una macchina contro la più potente macchina possibile, vincerà la prima squadra perché, in una situazione così particolare, il consiglio di un umano potrebbe essere vitale".