“Cara pubblica amministrazione, hai speso soldi per farci nascere, adesso perché non ci sfrutti?”. Firmato, uno startupper. Massimo Ciuffreda ha fondato WiMan, una società (e poi un'app) che mappa e (grazie al machine learning) valuta le connessioni wifi libere. Per connettersi in automatico quando si passa dagli hotspot disponibili. Più o meno è quello che sta cercando di fare WiFi Italia, l'app che intende federare le reti su territorio italiano, sviluppata da Infratel società del ministero dello Sviluppo economico nata nel 2003. È stata lanciata da pochi giorni e, per stessa ammissione del ministero dello Sviluppo economico, ha ancora molta strada da fare.
All'app manca qualcosa: il primo una community
Il sito ha qualche difetto di usabilità: uno su tutti, la mappa – che poi è il cuore del progetto – è un riquadro che si naviga con una certa fatica. Sull'app, il processo di registrazione è piuttosto pulito e intuitivo. Il problema, però, è che non funziona ancora a dovere. Repubblica ha indicato i difetti: pochi hotspot disponibili e non ancora accessibili. Le valutazioni su Play Store sono severe: molti riconoscono la bontà dell'idea (quella è innegabile) ma quasi tutti descrivono un'applicazione non ancora pronta. Insomma: c'è da lavorare. Il problema è che implementare il sistema, secondo Ciuffreda, non sarà semplice. “Richiede una community proattiva e – prevede – un paio d'anni di tempo”. Tanto per un progetto che ha trovato compimento con qualche anno di ritardo (meglio tardi che mai) e che dovrebbe quindi accelerare nel più breve tempo possibile.
'Abbiamo mostrato loro Wiman, poi sono spariti'
Ma cosa c'entra Ciuffreda con WiFi Italia? WiMan (partecipata da Tim Venture, Nana Bianca, P101, CII2 e Matteo Riffeser Monti) una mappa (da quasi 80 milioni di hotspot nel mondo) e una tecnologia ce l'aveva già. Per questo, quando si parla di connettività in Italia, è spesso un interlocutore. Lo è stato, per un breve periodo, anche del ministero dello Sviluppo Economico. “Ci siamo incontrati due volte nella fase di progettazione, circa un anno fa. Abbiamo presentato la nostra app, che sembrava essere piaciuta, e i suoi vantaggi. Ma poi sono spariti”. Si saranno spaventati dei costi? “Non siamo arrivati a parlarne. Certo, siamo un'impresa for profit – racconta Ciuffreda – ma ci sono tanti modi per monetizzare. E saremmo stati disposti a fornire la tecnologia necessaria per implementare l'app o ad aprire i database degli hotspot”.
'Non ce l'ho col Mise, ma perché non ci sfruttano?'
Ciuffreda, tiene a precisare, non protesta contro il Mise per non essere Stato coinvolto (anche perché si è trattato di sondaggi e non di una collaborazione finita male). Il punto è un altro. “Mi fa rabbia perché non ci sfruttano”. E la prima persona plurale non è riferita a WiMan ma alle startup. “Mi chiedo: quante società pubbliche nascono? E quanto costano? Nel nostro piccolo, abbiamo creato valore. Se non collaboriamo adesso, quando lo faremo? Perché progetti come WiFi Italia non vengono affidati o non coinvolgono le startup che hanno già il know how necessario?”.
Investimenti e finanziamenti destinati alle startup italiane sono pochi, non è una novità. Ma sono diverse le iniziative sostenute dalla mano pubblica. “Non si capisce perché lo Stato investe in startup e poi non usi l'innovazione che producono. Perché abbandonare anche quel poco che riusciamo a creare?”.
Perché lo Stato non usa le tecnologie in cui ha investito?
Il rischio, secondo il fondatore di WiMan, è dare vita a “progetti fatti male”. “Creare un'app di connettività – continua – non è semplice. Per arrivare al livello attuale, noi abbiamo impiegato due anni”. Considerando che WiFi Italia punta a una rete nazionale e non globale e “per essere ottimisti”, i tempi potrebbero accorciarsi “a un anno e mezzo”. Ma il ritmo di crescita non può essere definito in modo puntuale. Perché l'espansione dipende dall'attività della community. “Va seguita e stimolata, a volte è imprevedibile”, dice Ciuffreda. “E poi non basta mappare le reti ma è necessario valutare quali sono le più veloci e accessibili”.
“Il ministero non può dire di non conoscerci. E avrebbe potuto coinvolgerci, anche solo per dei consigli”. Ad esempio sulla user experience: WiMan è stata segnalata da Google (unica italiana) tra i 17 esempi di app Android dal design virtuoso. Accanto a - tra gli altri – a Tumblr, New York Times, BuzzFeed, Lyft, Runtastic, Evernote e Indiegogo.
Ma cosa sarebbe successo se il governo avesse scelto Wiman?
Domanda: ma cosa sarebbe successo se il ministero avesse aperto una collaborazione con una società privata partecipata da Tim Ventures (gruppo Telecom Italia) e da Nana Bianca (acceleratore fondato da Paolo Barberis, consigliere per l’innovazione del presidente del Consiglio)? Le congetture, forse, si sarebbero sprecate. “In Italia siamo bravi a scavare in queste cose. Infatti non è solo un problema di rapporto tra startup e Pa. È un problema culturale. I progetti pubblici dovrebbero rendere le cose più semplici, sfruttando in modo intelligente le competenze delle imprese che innovano”.
In teoria, il ministero potrebbe anche fare per conto proprio. WiMan mette infatti a disposizione (di tutti) un software development kit, cioè un pacchetto di sviluppo che permetterebbe di integrare le funzioni della piattaforma in altre app. “Non abbiamo mica inventato la ruota – dice Ciuffreda –, tutto è replicabile”. A patto di farlo bene. “L'app ha bisogno, più che di download, di utenti attivi. Gli obiettivi e i propositi di WiFi Italia sono giusti, ma ho paura che non abbiano compreso fino in fondo quanto tempo serva e quanto sia difficile gestire reti cittadine”. Speriamo si sbagli.