Il concetto di sicurezza e di conferma della propria identità hanno nel riconoscimento biometrico un punto di forza. Parliamo di quel fenomeno per cui una nostra caratteristica biologia o fisica si trasformi nella chiave d'accesso a quello che ci appartiene: device tecnologici, conti bancari, persino la porta di casa. Dalle impronte digitali alla voce, passando dalle iridi degli occhi. Oggi le soluzioni sono diverse e sempre più sofisticate. Nessuno però è riuscito a mettere a punto quello che forse ci descrive meglio: il battito del cuore.
Partire dalle cartelle cliniche
Alcuni ricercatori della State University of New York-Binghamton stanno sviluppando un modo per utilizzare i modelli di battito cardiaco dei pazienti per proteggere meglio le cartelle e, di conseguenza, i dati clinici che vi sono conservati. Un processo che, nei prossimi anni, potrebbe diventare un vero metodo di autenticazione biometrica dell'identità. La novità è nata da una necessità. Ogni giorno, infatti, vengono messi a punto dispositivi sempre più avanzati per il monitoraggio dello stato di salite del corpo. Come l'italianissima Empatica Sono wearable capaci di catturare e sincronizzare dati che vengono poi girati, automaticamente, a dottori e strutture ospedaliere. Un processo di trasmissione, però, che può diventare vulnerabile ad attacchi informatici e violazioni esterne.
La soluzione, fanno sapere i ricercatori impegnati nel progetto, è semplice ed economica. Si parte infatti da dati che vengono già monitorati per cui il modello elaborato rappresenterebbe “un secondo utilizzo" di informazioni già in possesso. Minimi consumi e nessuna operazione specifica. Affinché tutto questo diventi realtà c'è ancora un problema da superare. E non è piccolo. I modelli degli ECG, pur essendo in gran parte unici, cambiano. Con l'attività fisica, lo stress, l'età. Il cuore testimonia chi siamo ma rivela anche come ci trasformiamo. Nel breve e nel lungo periodo. Questa, dunque, è la sfida più grande: "Stiamo lavorando su algoritmi sempre più sofisticati e che arrivino a mitigare queste influenze. Vogliamo far sì che la crittografia ECG sia sempre più resistente a questa variabilità di base” hanno detto i ricercatori allo Smithsonian Mag.
ECG e wearable: il caso Nymi
L’Università di New York-Binghamton non è l’unica realtà che sta percorrendo questa strada. Uno spin-off dell'Università di Toronto, Bionym, ha lanciato qualche anno fa un prodotto chiamato il Nymi. Si trattava di un piccolo braccialetto che utilizzava elettrocardiogramma (ECG) per autenticare l'identità dell’utente. Nel 2014, l’idea iniziale di Nymi, era quella di trasformare il battito cardiaco di una persona in una chiave unica che poteva essere utilizzata per sbloccare qualsiasi dispositivo immaginabile.
Nel 2016 il primo annuncio: il lancio di Nymi Band, il device per effettuare pagamenti online attraverso la rilevazione del battito cardiaco. Insomma, siamo di fronte a una tecnologia che, pur essendo ancora agli inizi, appare davvero affascinante. La sfida è quella di renderla davvero sicura e affidabile sia in ambito medico che nella vita reale.