Roma - "Gli uomini si finsero il cielo essere un gran corpo animato, che per tal aspetto chiamarono Giove, il primo dio delle genti, che col fischio de' fulmini e col fragore de' tuoni volesse loro dir qualche cosa. E si' incominciarono a celebrare la naturale curiosita', ch'e' figliuola dell'ignoranza e madre della scienza". Cosi' nella "Scienza nuova" Giambattista Vico , filosofo e giurista tra i piu' straordinari del Settecento europeo, si lasciava ispirare dal mito e dal pianeta indagato da Galileo per ragionare sulla nascita della Storia e della conoscenza umana. Mito e scienza s'intrecciano, parlando di Giove, pensando a Giove e osservando Giove. E se "Welcome to Jupiter!" e' il grido che si e' levato al Jet propulsion laboratory della Nasa, in California alle 5:53 italiane quando la sonda Juno si e' inserita nell'orbita di Giove, altrettanto entusiasmo si puo' nutrire questa sera alzando gli occhi al cielo, sperando che Zeus non si senta disturbato da tutta questa attenzione. "Gli antichi -spiega Daniele Scaglione, autore de 'Le storie che costellano il cielo' (edizioni Infinito) - si accorsero che tra tutti i punti luminosi sopra di loro ve ne erano cinque, come dire, 'anomali'. Tre di loro, per alcuni periodi, erano nettamente piu' luminosi delle stelle. Sono Venere, Giove e anche Marte, mentre Saturno è un po' meno brillante. Inoltre -aggiunge- la luce di questi cinque oggetti è fissa, non tremula come quelle degli altri (oggi sappiamo anche perché: c'entra il fatto che sono molto, ma molto molto piu' vicini alla Terra di quanto non lo siano le stelle). Un'altra cosa che probabilmente avevano notato i Greci e gli altri popoli che iniziavano a osservare il cosmo è che queste luci non si adeguavano a nessuna costellazione: passavano da un disegno in cielo all'altro. Facevano un po' quello che gli pareva: come gli dei, appunto. Giove, da buon sovrano, -spiega Scaglione- mantiene il controllo della situazione. La sua luminosità, anche nei momenti di massimo splendore, è minore di quella di Venere, pero' mantiene salda la posizione in cielo per parecchio tempo nel corso della notte. La sua luce biancastra, fissa e tranquilla, dovrebbe essere facilmente reperibile. Osservare Giove già solo con un buon binocolo può dare una grande soddisfazione: scorgere i suoi quattro satelliti medicei, scoperti nel 1610 da Galileo. Si tratta di Io, Ganimede, Europa e Callisto, i piu' grandi e luminosi tra gli oltre sessanta satelliti del pianeta".
Cosi', un binocolo in mano e un libro di un grande grecista nell'altra possono dare il senso dello smarrimento che Giove ha provocato negli uomini nella notte dei tempi, e riviverlo. Perché di Gove, ci insegna Jean Pierre Vernant in "L'universo, gli dei, gli uomini" (Einaudi), bisogna continuare ad aver rispetto e timore, non fosse altro perché con lui sul trono il mondo acquista finalmente un senso: "Zeus -Vernant racconta- siede sul trono e da lassù domina l'intero universo. Il mondo possiede un proprio ordine. Gli dei si sono dati battaglia, alcuni di loro hanno trionfato. La storia ha inizio non proprio con l'origine del mondo, ma piuttosto nel momento in cui Zeus è già re, quando il mondo divino ha trovato cioe' un suo ordine e una sua stabilità. Gli dei non vivono unicamente sull'Olimpo, ma dividono con gli uomini degli angoli di mondo. Esiste in particolare un luogo in Grecia, vicino a Corinto, una pianura, a Mekone, in cui uomini e dei vivono insieme, mescolati gli uni con gli altri. Banchettano in compagnia, siedono alla stessa tavola, partecipano a feste comuni: ciò significa che per uomini e dei che vivono insieme, ogni giorno è un giorno di festa e di felicità. Si mangia, si beve, si sta in allegria, si ascoltano le Muse cantare la gloria di Zeus e le avventure divine. In poche parole: tutto procede nel migliore dei modi". (AGI)