Prezzo aggressivo, grandi nomi, pochi titoli. Apple Tv+ si è presentata così il primo novembre. Niente offerta chilometrica: i contenuti – tutti originali – sono al momento una decina. Altri ne seguiranno, ma Apple Tv+ non è, e forse non sarà mai, un serbatoio stracolmo di contenuti come Netflix. La scelta, stilistica e finanziaria, è un'altra. Sta pagando?
Come funziona Apple Tv+
Apple Tv+ è stata rivelata, dopo mesi di rumors, lo scorso marzo. È una piattaforma di streaming come ce ne sono altre, da Netflix ad Amazon Prime Video. Ci si abbona e si ha accesso a una galleria di film e serie tv. Tra i più reclamizzati ci sono The Morning Show e See. La prima si è guadagnata diverse candidature ai Golden Globe, compresa quella alla migliore serie drammatica. Non ha vinto, ma nel lotto delle candidate era l'unica alla prima stagione. È una serie ambientata nel dietro le quinte dei programmi mattutini americani. I protagonisti sono Reese Witherspoon, Jennifer Aniston e Steve Carell. Gente che mette insieme tre Golden Globe e un Oscar.
See è invece una serie, interpretata da Jason Momoa, in cui un'epidemia ha ridotto il genere umano alla cecità. Gli altri contenuti sono For All Mankind, Dickinson, La madre degli elefanti, Helpsters, Lo scrittore fantasma, Snoopy nello spazio, Servant, Truth Be Told e Hala. Più in là ci saranno anche le due docu-serie (una sulla salute mentale e una sugli abusi sul posto di lavoro) firmate da Oprah Winfrey. Nell'evento di lancio, si erano visto sul palco anche Steven Spielberg (redento sulla via dello streaming dopo aver proposto che le produzioni Netflix fossero escluse dalla corsa agli Oscar) e in video Sofia Coppola, Ron Howard, M. Night Shyamalan, Damien Chazelle e J.J. Abrams. Statuette a manciate.
Il prezzo da battaglia
L'abbonamento si sottoscrive inserendo i propri dati. Si inizia a pagare dopo sette giorni di prova. La novità – praticamente inedita per Apple – è che Tv+ non è limitata ai possessori di dispositivi della Mela. Può iscriversi chiunque, anche se non ha un iPhone, un iPad o un Mac. C'è quindi da una parte l'esclusività dei contenuti (che non sono disponibili altrove), dall'altra una fessura nel – solitamente chiuso – ecosistema Apple. Un passo che la dice lungo sul nuovo approccio di Cupertino, meno ancorato all'hardware.
C'è però un (piccolo) incentivo all'acquisto dei dispositivi: chi compra un prodotto di Cupertino avrà un anno di abbonamento in regalo. Un bonus da meno di 60 euro. Il prezzo di Apple Tv+ è infatti di 4,99 euro al mese. Ingresso aggressivo se si considera che Netflix parte da 7,99 euro. Per un'offerta tecnica vicina a Apple (video in 4K e condivisione familiare fino a sei persone), serve però sottoscrivere la versione premium da 15,99 euro. Come detto, però, c'è una discrepanza enorme a livello di quantità: migliaia di contenuti contro una decina.
La scelta di offrire meno scelta
Per fare quantità, Apple ha rinnovato l'app Tv (senza plus). Il suo funzionamento è simile a quello di Google Play: si noleggia o si acquista il singolo titolo. Niente abbonamenti quindi, ma la possibilità (anche in questo caso) di usufruirne anche senza iPhone o Mac. Apple Tv+ fa quindi una scelta precisa: investire, tanto, ma per un'offerta tutt'altro che sterminata.
Netflix è andata in direzione opposta, imboccando un circolo (se virtuoso o vizioso non è ancora certo): gli investimenti in contenuti originali lievitano, i prezzi degli abbonamenti vengono ritoccati al rialzo per reggere, ma vanno giustificati con nuove produzioni originali e un'offerta sterminata. Che a sua volta ha fame di dollari. A volte, se gli algoritmi non funzionano a dovere, il risultato è una navigazione un po' dispersiva. Apple non ha certo problemi di cassa: ha quindi deciso di limitare le opzioni a disposizione. Le amplierà. Ma potrebbe non avere interesse a raggiungere le dimensioni del catalogo Netflix. La priorità è un'altra.
La priorità è la costanza
Si parla molto di Apple Tv+ come antagonista di Netflix. L'obiettivo – chiaro – per entrambi è sempre guadagnare. Ma per Cupertino, anche se è Cupertino, non sarà semplice partire da zero per inseguire una piattaforma da 160 milioni di abbonati. Ammesso che voglia farlo. A Tim Cook sbaragliare la concorrenza e intascare miliardi non farebbe certo ribrezzo, ma la vera priorità è ottenere un flusso d'incassi più costante, spalmato lungo tutto l'anno. È questo il motivo per cui Apple sta puntando sui servizi, dei quali Tv+ è un tassello: sono più remunerativi e poco o per nulla stagionali (a differenza dell'hardware che fa il pieno a Natale e latita d'estate).
L'abbonamento è mensile, può essere disdetto in ogni momento, ma si rinnova in automatico. Ecco perché i servizi (e anche Tv+) sono stati individuato come antidoto agli squilibri di Apple: attingono a nuovi settori, crescono ma servono anche ad allentare la dipendenza da iPhone e rappresentano una rete di protezione nel caso in cui (com'è successo nelle ultime annate) le vendite di smartphone vadano in affanno.
La crescita dei servizi
Cupertino sta aprendo una tranquilla strada rettilinea che corra accanto alle montagne russe dell'hardware. Anche a costo di tirare sul prezzo, come nel caso di Tv+: i margini di Apple (e in particolare dei servizi) restano comunque ampi. Nell'anno fiscale chiuso lo scorso settembre, mentre le vendite complessive sono calate, quelle dei servizi sono aumentate del 16%. E, di conseguenza, il loro peso è cresciuto: nel 2018 valevano circa il 15% del fatturato, nel 2019 hanno sfiorato il 18%.
Oltre a descrivere la crescita, queste cifre dicono anche un'altra cosa: a differenza di Netflix, che campa solo con i contenuti, i servizi sono una parte del gigantesco bilancio Apple e lo streaming ne sarà un frammento. Aspettare che il rivolo di ricavi si trasformi in un flusso più consistente non è quindi un grosso problema.
Le stime degli abbonati
Cupertino, poco prima del lancio, ha fatto sapere a Cnbc di non aspettarsi da Tv+ un impatto finanziario significativo nel primo anno. Cautela, quindi. Anche perché ipotizzare cifre (cosa che Apple non ha l'abitudine di fare) è un rischio. Le stesse stime degli analisti sono ballerine. Per Barclays, nei primi 12 mesi Tv+ potrebbe conquistare circa 100 milioni di utenti, comprese però le prove gratuite (dopo le quali non è detto che scatti l'abbonamento).
Secondo un'analisi di Cowen di agosto, citata da Appleinsider, Gli abbonati potrebbero essere 12 milioni nel 2020 e 21 milioni nel 2021. E l'impatto sull'utile per azione potrebbe essere tra di 20-25 centesimi ogni 10 milioni di sottoscrittori. Per Morgan Stanley, gli utenti potrebbero essere 34 milioni nel 2020 (11 milioni dei quali paganti). Dovrebbero superare i 100 milioni complessivi nel 2023 e toccare i 136 due anni dopo. E qui i numeri iniziano a diventare corposi, anche perché nel frattempo il prezzo potrebbe rimpolparsi.
Qualche indicazione su Tv+ potrebbe arrivare il 28 gennaio, giorno di trimestrale Apple. La Mela, come di consueto, non dirà molto. Ma incrociando parole dette in conferenza e segmenti di bilancio si potrebbe raccogliere qualche indizio (difficile si ottenga di più). In un comunicato dell'8 gennaio, il gruppo si è limitato a dire che per i servizi è stato “un anno storico”, oltre che il migliore dal punto di vista finanziario. Nulla altro sui numeri dello streaming.
Verso un pacchetto di servizi?
Visti gli elementi del quadro (pochi titoli, prezzi concorrenziali, spinta sulla costanza dei flussi finanziari piuttosto che sulla loro abbondanza), Apple Tv+ va osservato come una componente di una pacchetto più ampio. Forse la più attraente, ma pur sempre una componente. Sin dall'annuncio di marzo, diversi analisti hanno sottolineato quanto sarebbe importante un “bundle”, cioè un'offerta che – con lo stesso abbonamento – metta a disposizione diversi servizi.
All'inizio di ottobre, l'ipotesi è stata rilanciata dal Financial Times, secondo il quale la Mela avrebbe già avviato un dialogo con le principali etichette discografiche per combinare Tv+ ed Apple Music, a un prezzo che dovrebbe essere poco inferiore alla somma dei due abbonamenti. Ma nel pacchetto potrebbero entrare anche altri servizi del gruppo, come Arcade, l'abbonamento dedicato ai videogiochi. E proprio da qui arriva un'altra conferma che la priorità sia la costanza e non il volume (o, meglio, il loro equilibrio): da dicembre è disponibile un abbonamento annuale di Arcade (a 49,99 euro), che affianca quello mensile da 4,99. Una decina di euro in meno, pur di essere certi di incassare per un anno intero.