Al 6 aprile 2020, secondo i dati della Protezione civile, i morti tra i contagiati da nuovo coronavirus in Italia erano 16.523, il numero più alto tra tutti i Paesi del mondo.
Questo dato – in attesa di conferma dell’Istituto superiore di sanità (Iss), che con il tempo deve analizzare le cartelle cliniche dei pazienti – soffre però di alcuni limiti.
In generale, il problema principale di questa statistica è che fotografa molto probabilmente una sottostima dei numeri reali: i morti tra i contagiati sarebbero infatti di più rispetto a quelli ufficiali, come suggerisce il fatto che a molte persone, decedute nelle case di riposo o nella propria abitazione, non è mai stato fatto il tampone per verificare la presenza del virus.
Una soluzione intuitiva per quantificare l’impatto sulla mortalità nazionale dell’epidemia in corso è quella di confrontare il numero totale delle morti in Italia, e nello specifico quelle delle aree più colpite dall’emergenza, con quelle degli anni passati.
Una differenza significativa potrebbe dunque suggerire quale sia il numero più realistico di deceduti per coronavirus, ma il problema in questo caso è la mancanza di dati: la Protezione civile, così come l’Iss, non fornisce dati sui morti divisi per comuni o province.
Di recente sono stati però pubblicati due rapporti – uno dell’Istat e l’altro del Dipartimento di Epidemiologia SSR Regione Lazio e del Ministero della Salute – che, anche se vanno presi con la dovuta cautela, mostrano un notevole eccesso di mortalità registrato durante l’epidemia di coronavirus rispetto agli altri anni.
Vediamo dunque meglio perché molto probabilmente nelle ultime settimane sono morte molte più persone tra i contagiati di coronavirus rispetto a quanto dicano i dati ufficiali.
Che cosa dicono i dati Istat
Il 1° aprile l’Istituto di statistica nazionale (Istat) ha pubblicato i primi dati preliminari sull’andamento dei decessi per qualunque causa (quindi non solo per il nuovo coronavirus) in 1.084 comuni sui 5.866 che compongono l’Anagrafe nazionale della popolazione residente (Anpr) dal 1° gennaio 2020 al 21 marzo 2020.
Questo numero di decessi è stato poi confrontato all’andamento medio osservato per lo stesso periodo tra gli anni 2015 e 2019.
Il campione di comuni analizzati è stato selezionato dall’Istat in base a un criterio specifico: i comuni oggetto d’indagine dovevano avere registrato, da inizio anno fino al 21 marzo scorso, almeno dieci decessi e un aumento dei morti superiore al 20 per cento nei primi 21 giorni di marzo 2020 (quelli dove è scoppiata l’epidemia di coronavirus) rispetto alla media degli stessi mesi tra il 2015 e il 2019.
Che cosa ha scoperto l’Istat? Che effettivamente, rispetto ai cinque anni scorsi, nel 2020 c’è stato un eccesso di mortalità, in particolare nei comuni del Nord presi in esame. Oltre la metà di quest’ultimi ha registrato dal 1° al 21 marzo 2020 più del doppio di morti in più rispetto allo stesso periodo degli anni 2015-2019.
«L’incremento dei decessi per il complesso delle cause è ravvisabile solo a partire dalla fine di febbraio e dalla prima settimana di marzo ed è concentrato nei comuni del nord e del centro in cui l’epidemia si è diffusa di più», scrive l’Istat nel suo rapporto. «In queste aree si osservano aumenti ragguardevoli non solo nei centri urbani maggiori, ma anche in realtà comunali di dimensioni demografiche più contenute».
I dati più significativi riguardano proprio i comuni più colpiti dall’epidemia di coronavirus, come Bergamo e Brescia.
Nella prima città, secondo i dati Istat, si è passati da una media di 91 decessi per tutte le cause nei primi 21 giorni di marzo (4,3 al giorno), tra il 2015 e il 2019, a 398 decessi, tra il 1° e il 21 marzo 2020 (19 al giorno). A Brescia, invece, si è passati dalla media di 134 decessi nelle prime tre settimane di marzo (6,4 al giorno), tra il 2015 e il 2019, a 381 nel 2020 (18 al giorno).
Il 5 aprile, Infodata del Sole 24 Ore ha pubblicato una mappa interattiva in cui, comune per comune, ha elaborato i dati Istat (qui scaricabili) per mostrare in concreto l’eccesso di mortalità delle ultime settimane.
Nei comuni di Alzano Lombardo e Nembro – al centro di una polemica tra governo e Regione Lombardia sulla mancata creazione di una “zona rossa” a inizio marzo – i decessi sono rispettivamente passati da una media di 8,4 (meno di uno al giorno) a 87 (più di 4 al giorno) e da 11,6 (meno di uno al giorno) a 127 (6 al giorno).
In totale, secondo i calcoli fatti da YouTrend sui dati Istat, «nel periodo tra il 1° e il 21 marzo dei 5 anni precedenti (2015-2019) si sono registrati, in media, 7.843 decessi. Nello stesso periodo del 2020, invece, si registrano 16.216 decessi, cioè poco più del doppio». Quasi 10 mila morti in più.
Ricordiamo che al 21 marzo scorso, secondo i dati della Protezione civile i deceduti tra i contagiati da nuovo coronavirus erano in totale 4.825, la metà dell’eccesso di mortalità rilevato dall’Istat per tutte le cause. Questo lascia dunque suggerire che l’ipotesi della sottostima sia molto plausibile.
Secondo alcuni studiosi, però, queste statistiche preliminari dell’Istat andrebbero maneggiate con molta cautela, dal momento che – come abbiamo visto – sono stati elaborati i dati relativi a solo una parte dei comuni, escludendo tra l’altro quelli con meno di 10 decessi. Un procedimento di selezione, questo, che potrebbe creare delle “distorsioni” nell’interpretazione finale dei dati.
Che cosa dicono i dati Sistema nazionale di sorveglianza della mortalità giornaliera (Sismg)
Il 3 aprile è stato pubblicato su Epidemiologia e prevenzione – la rivista dell’Associazione italiana di epidemiologia – il secondo rapporto “Andamento della mortalità giornaliera (Sismg) nelle città italiane in relazione all’epidemia di Covid-19”.
Lo studio, realizzato da alcuni ricercatori del Dipartimento di Epidemiologia Ssr della Regione Lazio e del Ministero della Salute, è realizzato con una metodologia diversa rispetto al rapporto Istat visto prima.
I ricercatori hanno infatti utilizzato i dati di 19 sulle 34 città monitorate dal Sistema nazionale di sorveglianza della mortalità giornaliera (Sismg), che registra i decessi per qualsiasi causa nella popolazione over-65, confrontandoli sul numero dei decessi attesi.
Questo dato – diverso da una semplice media registrata negli anni prima – è basato sull’andamento settimanale e giornaliero dei cinque anni precedenti ed è pesato per la popolazione residente delle città esaminate, così da tenere conto del progressivo invecchiamento della popolazione.
Nel rapporto epidemiologico sull’eccesso di mortalità legato alla Covid-19, le 19 città analizzate sono: Aosta, Bolzano, Trento, Trieste, Torino, Milano, Brescia, Verona, Venezia, Bologna e Genova (le dieci città del “Nord”); Perugia, Civitavecchia, Roma, Frosinone, Bari, Potenza, Messina e Palermo (le otto città del “Centro-Sud”).
Anche in questo caso, in concomitanza con il diffondersi dell’epidemia da nuovo coronavirus, c’è stato un netto scostamento in eccesso tra i decessi registrati e quelli attesi, in particolare al “Nord” (Figura 1).
Figura 1. Mortalità media giornaliera totale per settimana al “Nord”
Nelle città settentrionali, i decessi giornalieri degli over-65 sono iniziati ad aumentare in maniera considerevole dopo i primi giorni di marzo, arrivando a toccare quasi le 240 morti, rispetto alle circa 130 attese.
Un aumento, seppur minore, è stato registrato anche nelle città del “Centro-Sud” (Figura 2).
Figura 2. Mortalità media giornaliera totale per settimana al “Centro-Sud”
Tra le città che hanno registrato valori particolarmente superiori alla norma spiccano Brescia (+133 per cento), Aosta (+85 per cento) e Milano (+63 per cento).
Come nel caso dell’Istat – anche se siamo di fronte a una metodologia più articolata – questi dati vanno presi con cautela dal momento che riguardano un numero molto ristretto di comuni e mancano le rilevazioni degli ultimi giorni di marzo.
In conclusione
Dopo oltre un mese dall’inizio dell’epidemia di coronavirus nel nostro Paese, ci sono ancora molti dubbi su quali siano i numeri reali dei deceduti, molto probabilmente sottostimati dalle statistiche ufficiali.
Due recenti rapporti hanno per la prima volta cercato di stimare quale potrebbe essere il numero delle morti, per così dire, ignorate, analizzando le differenze di mortalità nel mese di marzo 2020 rispetto ai dati degli anni scorsi.
Sia un rapporto epidemiologico sia l’Istat, con due metodologie diverse, hanno rilevato come soprattutto nei comuni del Nord ci siano state da un lato moltissime morti in più rispetto ai cinque anni passati, e dall’altro come queste morti in più siano in numero superiore ai dati riportati dalla Protezione civile sui deceduti da Covid-19. Quindi l’ipotesi di una sottostima dei decessi da coronavirus non sembra infondata.
Tuttavia, ad oggi è comunque necessario sottolineare come questi dati siano ancora provvisori e che, molto probabilmente, serviranno diversi mesi per ottenere stime precise su quale sarà stato l’impatto reale dell’epidemia sulla mortalità nazionale.