L’Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di Cassazione ha dato, il 20 novembre, il suo via libera al referendum abrogativo sulla legge elettorale in vigore, il Rosatellum ter.
Ma com’è nato questo referendum e cosa prevede? A che punto siamo del suo iter dopo l’approvazione della Cassazione? Andiamo a vedere i dettagli.
Il referendum voluto dalla Lega
L’iniziativa politica per modificare la legge elettorale è stata della Lega e in particolare del senatore Roberto Calderoli, che ha battezzato Popolarellum il sistema elettorale che nascerebbe da un’eventuale vittoria dei “sì” al referendum.
Per avanzare la richiesta di referendum, la Lega, a cui si è unito il resto del centrodestra, non ha raccolto 500 mila firme ma ha sfruttato un’altra delle possibilità previste dall’articolo 75 della Costituzione: la richiesta di almeno cinque Consigli regionali.
Al momento del deposito del quesito referendario in Cassazione, il 30 settembre, i Consigli regionali che hanno fatto richiesta erano otto: Veneto, Sardegna, Lombardia, Friuli, Piemonte, Abruzzo, Liguria e Basilicata. Tutte queste regioni sono governate da alleanze di centrodestra, con Lega, Forza Italie e Fratelli d'Italia.
Che cosa cambierebbe con il Popolarellum
Se il referendum abrogativo voluto dalla Lega dovesse avere successo, verrebbe eliminata la quota proporzionale prevista dall’attuale legge elettorale, il Rosatellum ter.
Il Rosatellum prevede, in sintesi, che alla Camera e al Senato i tre ottavi dei parlamentari vengano eletti in collegi uninominali con il sistema maggioritario, in cui insomma vince chi prende anche solo un voto più degli altri. I rimanenti cinque ottavi sono invece eletti con sistema proporzionale con sbarramento al 3 per cento.
Come abbiamo spiegato nel nostro progetto Traccia il Governo, la legge elettorale con cui si è votato alle ultime elezioni era il Rosatellum bis, mentre adesso è in vigore – per le futuro consultazioni – il Rosatellum ter, in quanto dopo il taglio del numero dei parlamentari si sono resi necessari degli aggiustamenti.
Eliminando la quota – prevalente – di proporzionale, il sistema diverrebbe un maggioritario puro a turno unico, simile a quello in vigore nel Regno Unito. In concreto significherebbe che nel singolo collegio viene eletto chi prende anche un solo voto più degli altri candidati. Se ad esempio quattro partiti ottenessero il 19,9 per cento dei voti in tutti i collegi e il quinto partito il 20,4 per cento, quest’ultimo si accaparrerebbe il 100 per cento dei seggi.
Che passaggi mancano?
La Cassazione è incaricata di verificare la regolarità e la legittimità dei quesiti referendari, mentre spetta alla Corte Costituzionale valutare la loro legittimità costituzionale.
Questi ultimi vengono infatti valutati successivamente dalla Corte Costituzionale. Dunque, ottenuto il via libera dalla Corte di Cassazione, il referendum proposto dalla Lega dovrà ora superare l’esame della Consulta.
Questo è il passaggio più insidioso, considerando i dubbi di costituzionalità che hanno avanzato diversi esperti, in quanto il sistema che si creerebbe in caso di vittoria dei “sì” al referendum non sarebbe immediatamente applicabile. Servirebbero infatti degli ulteriori interventi legislativi per definire i collegi e via dicendo, e la giurisprudenza della Corte Costituzionale ha in passato stabilito che il Paese non possa restare senza una legge elettorale applicabile. Se infatti il governo cadesse improvvisamente, non si saprebbe con quale legge elettorale andare al voto.
Se, come sostiene ad esempio il padre del Popolarellum Roberto Calderoli, questi dubbi di costituzionalità verranno superati e il referendum otterrà il via libera dalla Consulta, a quel punto verrà fissata una data per la consultazione.
Quando si terrà eventualmente il voto, perché il referendum venga approvato, in base all’art. 75 Cost., sarà necessario che l’affluenza superi il quorum del 50 per cento più uno degli aventi diritto e sarà poi necessario, ovviamente, che i “sì” alla riforma siano di più dei “no”.
Conclusione
Il referendum abrogativo che elimina la quota proporzionale della legge elettorale attualmente in vigore, il Rosatellum ter, è stato voluto dalla Lega. La richiesta è venuta da otto consigli regionali guidati dal centrodestra.
Il 20 novembre la Cassazione ha dato il suo via libera ai quesiti referendari e ora toccherà alla Corte Costituzionale valutare se ci siano profili di incostituzionalità. Se anche la Consulta darà parere positivo, si potrà tenere il referendum. Perché il quesito venga approvato sarà necessario superare il quorum e avere una maggioranza di “sì”.
Se tutte queste condizioni si verificassero, la nuova legge elettorale in Italia – detta Popolarellum dal suo ideatore, Roberto Calderoli – sarebbe un maggioritario puro a turno unico. Un sistema simile a quello che vige nel Regno Unito.
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