Il 26 giugno, a margine di una cerimonia alla Corte dei Conti di Roma, il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Danilo Toninelli ha detto che per la Tav Torino-Lione "non è partito alcun bando", ma solo "manifestazioni di interesse che prevedono clausole di recesso senza oneri".
Ma è davvero così? Abbiamo verificato.
Un riassunto delle puntate precedenti
Il Contratto di governo firmato da Lega e Movimento 5 stelle promette, tra le altre cose, la ridiscussione integrale del progetto ferroviario Torino-Lione. Come abbiamo spiegato nel nostro progetto Traccia il Contratto, questo impegno non è ancora stato rispettato, anche se qualcosa è stato fatto.
A febbraio 2019, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (Mit) ha pubblicato un’analisi costi-benefici – criticata dai favorevoli all’opera – che ha espresso parere negativo sulla Tav.
Il mese dopo, il governo ha poi preso ancora tempo sulla decisione di realizzare effettivamente l’opera, per ridiscutere le condizioni con la Francia. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha infatti scritto una lettera a Telt – la società responsabile della sezione dell’opera al confine tra i due Paesi – chiedendo di non pubblicare i bandi di gara per la realizzazione del tunnel di base.
L’11 marzo, Telt aveva risposto annunciando che avrebbe pubblicato i cosiddetti avis de marchés (avvisi di interesse) relativi a tre lotti del tunnel di base sul lato francese, per circa 45 chilometri di scavi (qui consultabili sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea).
Come ha spiegato la società stessa, "in applicazione degli accordi internazionali, viene normalmente applicato il diritto pubblico francese". Quest’ultimo stabilisce che gli avis de marchés sono inviti alle aziende interessate a inviare le proprie candidature per partecipare in seguito alle gare.
A partire dalla pubblicazione degli avvisi, Telt ha sei mesi di tempo (quindi entro settembre 2019) per esaminare i candidati e scegliere, sulla base di requisiti economici e tecnici, quali ammettere alla presentazione di un’offerta economica, dopo l’invio dei capitolati con le specifiche tecniche dei lavori da eseguire.
Ricapitolando: a marzo scorso non sono stati pubblicati i bandi di gara, ma degli atti preliminari previsti dal diritto francese per raccogliere ed esaminare le candidature delle aziende, che in questa fase non hanno ancora a disposizione, per esempio, i capitolati dei lavori.
Che cosa è successo il 25 giugno
Il 25 giugno – come spiega Telt – il consiglio di amministrazione della società "ha deliberato l’autorizzazione all’avvio delle procedure di gara per l’affidamento dei lavori del tunnel di base della Torino-Lione, lato Italia, per un importo stimato complessivo di circa 1 miliardo di euro".
In sostanza, si tratta dell’equivalente sul fronte italiano degli avvisi di interesse pubblicati a marzo scorso, che come abbiamo visto sono cosa diversa dai bandi di gara veri e propri.
Questo nuovo avis de marchés è diviso in due lotti: uno per i lavori di costruzione del tunnel e uno per la valorizzazione dei materiali di scavo, e ad oggi non è ancora consultabile sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Alla riunione del Cda di Telt ha partecipato anche Iveta Radicova, la coordinatrice europea del Corridoio Mediterraneo dell’Unione europea, ossia quello di cui dovrebbe fare parte la Tav Torino-Lione. Radicova ha confermato l’intenzione dell’Ue di aumentare al 55 per cento il contributo comunitario per la realizzazione del tunnel di base, che oggi coprirebbe il 40 per cento dei costi.
Come abbiamo spiegato in una nostra precedente analisi, anche se l’Ue desse più soldi a Francia e Italia, l’analisi costi-benefici del governo confermerebbe comunque il suo parere negativo sulla realizzazione dell’opera.
E se si blocca tutto?
Toninelli ha dunque ragione quando dice che gli avvisi pubblicati non sono dei veri e propri bandi di gara, ma una sorta di fase preliminare per la loro successiva pubblicazione.
Ma questi avis de marchés vincolano in qualche modo l’Italia a portare avanti l’opera oppure, come dice il ministro, ci sono "clausole di recesso senza oneri"?
Come spiega Telt, il Codice degli appalti pubblici francesi prevede che la società possa interrompere "senza obblighi e oneri la procedura di gara in ogni sua fase", come era già stato chiarito anche a marzo 2019 con la pubblicazione degli avvisi di interesse su lato francese.
La società ha dunque ribadito di nuovo "l’impegno a verificare la volontà dei due Governi al termine della selezione delle candidature, prima di procedere all’invio dei capitolati di gara alle imprese".
In sostanza, se Italia e Francia decidessero di bloccare la Tav, gli avvisi di interesse decadrebbero senza costi per i due Paesi.
Il problema qui è però capire come possa il governo Conte manifestare una decisione di questo tipo.
A marzo 2019, Telt aveva detto che "in assenza di atti giuridicamente rilevanti che comportino istruzioni in senso contrario" avrebbe proceduto a pubblicare i primi avis de marchés, cosa che effettivamente è stata fatta.
Come abbiamo spiegato in una nostra precedente analisi, sarebbe molto improbabile risolvere la questione con un referendum, sia a livello nazionale che locale. Con un "atto giuridicamente rilevante" si intende dunque un decreto o una legge promossa dall’attuale governo, su cui alla fine dovrà esprimersi in ogni caso il Parlamento.
Per quanto riguarda gli avvisi di interesse del 25 giugno, Telt ha comunque confermato "l’impegno a verificare le volontà dei due governi al termine della selezione delle candidature, prima di procedere all’invio dei capitolati di gara alle imprese". Dunque se dovesse protrarsi la situazione di stallo politico attuale, probabilmente a settembre Telt tornerebbe a bussare alla porta dei governi italiano e francese. In assenza di atti vincolanti, potrebbe decidere di proseguire coi bandi.
L’incertezza sui costi
È vero dunque che non ci sarebbero oneri a bloccare gli avvisi di interesse attivi, ma questo non significa che non ci sarebbero costi a rinunciare alla realizzazione dell’opera.
Come abbiamo scritto diverse volte, c’è molta incertezza su questo fronte e non esistono cifre ufficiali.
La relazione tecnico-giuridica pubblicata a febbraio 2019 dal Mit dice che è impossibile "determinare in maniera netta i costi in caso di scioglimento" degli accordi per la realizzazione della Torino-Lione.
In sostanza, nonostante l’assenza di vere e proprie penali, il costo di fermare la Tav si saprebbe soltanto alla fine di un "procedimento complesso, il cui risultato è del tutto impredicibile".
Ad oggi se si considerano, tra le altre cose, il risarcimento dei soldi già investiti e i contenziosi con le imprese che hanno ottenuto i lavori, le stime sul prezzo della rinuncia vanno da circa 1,7 miliardi di euro a quasi 4 miliardi di euro, senza contare gli indennizzi e le restituzioni a Ue e Francia.
Ricordiamo che a oggi sono stati scavati oltre il 16 per cento dei 162 chilometri di gallerie previste per la sezione transfrontaliera della Tav. Negli scavi per il tunnel geognostico di Saint-Martin-La-Porte (in Francia), manca ancora quasi un chilometro per completare i nove previsti.
Questo tunnel è costruito nell’asse e nel diametro di quello di base: se quest’ultimo sarà costruito, la galleria di Saint-Martin-La-Porte – dopo opportuni interventi tecnici – coprirà i primi nove chilometri di una delle due canne del tunnel di base.
Conclusione
Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Danilo Toninelli ha detto che per la Tav Torino-Lione "non è partito alcun bando", ma "solo manifestazioni di interesse che prevedono clausole di recesso senza oneri".
È vero: per la realizzazione del tunnel di base sono stati pubblicati i cosiddetti “avvisi di interesse” per il lato francese e quello italiano, una sorta di fase preparatoria per la pubblicazione dei bandi di gara veri e propri.
In questo periodo, che scadrà a settembre, Telt deve infatti selezionare i candidati idonei a partecipare alla gara, ma può bloccare il procedimento senza obblighi e costi per i due Paesi nel caso in cui questi manifestassero l’intenzione di volersi fermare.
Ad oggi, però, un atto in questo direzione non è ancora avvenuto: nonostante le promesse del governo, il processo per realizzare la Tav sta quindi andando avanti.