L’ex ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda ha dichiarato il 7 aprile intervenendo al Vinitaly: "Quota cento va cancellata immediatamente. Stiamo parlando di un provvedimento che ha un debito implicito superiore ai 30 miliardi di euro". È un’affermazione sostanzialmente corretta. Vediamo dunque di capire meglio di che cosa si stia parlando e come venga stimata questa cifra.
Che cos’è il “debito implicito”
Il debito implicito pensionistico, spiega il Sole 24 ore, è "l’insieme degli impegni futuri, in valore attuale e a legislazione vigente, presi dallo Stato nei confronti dei cittadini in termini di prestazioni pensionistiche al netto dei contributi". Cioè, detto in parole povere, è il debito che lo Stato avrà nei confronti dei pensionati in futuro (nel lungo periodo) sulla base delle riforme fatte negli ultimi anni.
Quota 100 aumenta il debito implicito? E perché?
Quando una riforma ha l’effetto di aumentare il numero di pensioni che andranno erogate, come quota 100, significa che aumenta la quantità di soldi che lo Stato dovrà dare (il debito pensionistico). Inoltre, allo stesso tempo si riduce la fonte di finanziamento di questo debito, dato che i pensionamenti porteranno a uscite dalla forza lavoro e dunque a meno persone che pagheranno i contributi.
Come spiegava nella sua relazione annuale nel luglio 2018 Boeri, in Italia infatti il sistema pensionistico è “a ripartizione”. Cioè le pensioni che vengono erogate oggi vengono pagate con i contributi versati dai lavoratori. Non si verifica insomma che il pensionato oggi incassi quanto lui stesso ha versato nel corso della propria vita, come se avesse un conto personale e separato presso l’Inps e come si potrebbe pensare intuitivamente pensando al principio del “sistema contributivo”.
L’ammontare delle pensioni erogate è sì contributivo, cioè dipende da quanto versato durante la carriera del lavoratore, ma i soldi che vengono ricevuti come pensione vengono appunto dai contributi versati da altri, per dir così, in contemporanea.
Tornando a quota 100, prendiamo in considerazione due scenari possibili: nel primo c’è una perfetta sostituzione tra chi va in pensione e nuovi assunti (uno scenario spesso promesso da Salvini ma ritenuto irrealistico dalla quasi totalità degli esperti) e nel secondo una sostituzione parziale.
Nel primo caso comunque il debito pensionistico aumenterà, sia perché un numero uguale di lavoratori deve pagare un numero maggiore di pensioni, sia perché i nuovi lavoratori hanno stipendi - e quindi contributi - inferiori ai lavoratori con molti più anni di anzianità lavorativa che lasciano loro il posto.
Nel secondo caso il debito aumenterà ancora di più: oltre alla questione degli stipendi e dei contributi meno ingenti, peserebbe ancor di più il fatto che meno lavoratori dovrebbero mantenere più pensionati.
Chiarito questo, andiamo quindi a vedere qual è l’impatto stimato della riforma di quota 100.
L’impatto di quota 100 sul debito implicito
Le stime su quanto debito implicito creerà quota 100 provengono dall’Inps, e sono state presentate dal suo presidente Tito Boeri nel corso di un’audizione al Senato il 4 febbraio.
Come si legge nel testo dell’audizione, "il debito implicito del sistema pensionistico è destinato ad aumentare per effetto sia del nuovo canale di uscita anticipata che del congelamento degli adeguamenti della speranza di vita per le pensioni anticipate".
Per quanto riguarda l’entità dell’aumento, secondo Boeri "nel caso in cui le misure non fossero rinnovate al termine del periodo di sperimentazione (2021 per quota 100 e 2026 per il congelamento dell’adeguamento), l’aumento del debito implicito sarebbe di circa 38 miliardi. Se queste misure, invece, diventassero strutturali, l’aumento lieviterebbe a più di 90 miliardi".
Dunque l’aumento considerato da Boeri non dipende esclusivamente da quota 100 in senso stretto, ma anche dal congelamento dell’adeguamento delle pensioni anticipate alla speranza di vita. Entrambe le misure, tuttavia, sono contenute nel medesimo decreto legge (4/2019) rispettivamente agli articoli 14 e 15. Se insomma consideriamo entrambe queste misure, il “debito implicito” si avvicina più ai 40 che ai 30 miliardi di euro.
Oltretutto i miliardi sarebbero “solo” 38 nello scenario in cui quota 100 venga applicata esclusivamente per il triennio di sperimentazione previsto dal decreto legge 4/2019. Se, passati tre anni, dopo il 2021 diventasse strutturale, il costo sarebbe superiore ai 90 miliardi di euro.
Il costo poi non aumenterebbe all’infinito perché, passata la “gobba” nei costi pensionistici creata dalla generazione dei baby-boomers, la situazione tenderebbe a stabilizzarsi, anche per via del meccanismo contributivo.
Conclusione
Calenda non scende eccessivamente nei dettagli della questione e quindi non distingue tra l’impatto di quota 100 e quello del mancato adeguamento delle pensioni anticipate all’aumento della speranza di vita. Inoltre non distingue tra l’ipotesi in cui quota 100 abbia durata triennale, come per ora previsto dalla legge, e quella in cui diventi strutturale.
Al netto di queste imprecisioni, quanto affermato dall’ex ministro dello Sviluppo economico è corretto: secondo le stime dell’Inps, il debito implicito creato da quota 100 (e dal mancato adeguamento alle aspettative di vita delle pensioni anticipate) è di 38 miliardi nel triennio di sperimentazione prevista per legge. Dunque "superiore ai 30 miliardi di euro".
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