La presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, intervistata dalla Gazzetta del Mezzogiorno il 20 febbraio, ha affermato a proposito del reddito di cittadinanza: «I Cinque Stelle hanno venduto numeri falsi di potenziali destinatari: da sei milioni iniziali, arriveremo al un milione e mezzo finale. E la priorità nell’erogazione l’avranno immigrati, rom e abusivi vari».
L’affermazione è imprecisa nella prima parte – perché i beneficiari “iniziali” possono essere considerati anche di più – e sbagliata nella seconda.
Vediamo quindi quali erano le promesse iniziali del M5s e quali sono i numeri attuali sul numero di beneficiari, e concludiamo occupandoci della questione degli stranieri e dei rom.
Le promesse del M5s
Nella scorsa legislatura
All’inizio della scorsa legislatura, a ottobre 2013, il M5s aveva presentato un disegno di legge che prevedeva l’istituzione del reddito di cittadinanza. L’Istat, analizzando quella proposta legislativa, ne aveva quantificato i beneficiari potenziali in 2,76 milioni di famiglie che, come avevamo scritto in passato, equivalgono a circa 8,3 milioni di individui.
Lo stesso Di Maio, ancora a giugno 2017, affermava: «A beneficiarne [del reddito di cittadinanza n.d.r.] sarebbero circa 9 milioni di italiani sotto la soglia di povertà».
La promessa del M5s - contenuta anche nel contratto di governo - di dare il reddito di cittadinanza solo agli italiani sarebbe stata con ogni probabilità illegittima, e infatti si è rivelata falsa.
Nell’attuale legislatura (prima dell’approvazione)
Ancora Di Maio, festeggiando su Facebook la “cancellazione della povertà” grazie alla “manovra del popolo”, a fine settembre 2018 era tornato a parlare della platea dei beneficiari. Il totale era allora calato rispetto alle prime promesse: non più 9 milioni di italiani ma «sei milioni e mezzo di persone».
Questo è con ogni probabilità il numero a cui fa riferimento Giorgia Meloni.
Nell’attuale legislatura: dopo l’approvazione del decreto legge
Con il d.l. 4/2019, pubblicato in Gazzetta ufficiale il 28 gennaio, il reddito di cittadinanza è stato ufficialmente istituito. Luigi Di Maio, presentando il 4 febbraio la prima “card” con cui si potrà materialmente beneficiare del reddito, ha di nuovo ridotto il numero dei potenziali beneficiari. In quell’occasione il ministro del Lavoro e vicepremier ha parlato infatti di «5 milioni di persone coinvolte, 1,7 milioni di famiglie».
Le stime degli enti indipendenti
Teniamo quindi buona la cifra più recente, 5 milioni di persone e 1,7 milioni di famiglie. L’Istat e l’Inps avevano dato stime diverse, che arrivano a circa la metà di quel numero.
Per l’Istituto nazionale di statistica, a beneficiare della misura del governo Conte saranno 2 milioni e 708 mila persone, per un totale di 1 milione e 308 mila famiglie.
Per l’Istituto nazionale di previdenza i beneficiari saranno invece 2,4 milioni di persone, per 1,2 milioni di famiglie.
Su queste differenze era intervenuto il Ministero del Lavoro, con un comunicato del 4 febbraio firmato da Pasquale Tridico. All’epoca Tridico, economista e uno dei padri teorici del reddito di cittadinanza, era un “consulente del Ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico”. A distanza di meno di tre settimane è ora dato con quasi assoluta certezza come il prossimo presidente dell’Inps.
Nel suo comunicato, Tridico affermava che le stime del Ministero del Lavoro erano più affidabili di quelle dell’Inps, e che la platea dei beneficiari “teorica” era in effetti vicina ai 5 milioni di individui, mentre quella “effettiva” - ipotizzando un tasso di adesione all’85% tra i beneficiari potenziali - sarebbe stata di «circa 1,3 milioni di famiglie», pari a «circa 4 milioni di persone».
Le stesse cifre sulle famiglie beneficiarie, e sulla percentuale di adesione, si ritrovano anche nella relazione tecnica (http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/01098276.pdf#page=17) che accompagna il d.l. 4/2019 che istituisce il reddito di cittadinanza.
In nessun caso comunque sembra corretto il numero di 1,5 milioni citato da Meloni.
“Rom, immigrati e abusivi”
Gli stranieri
Come abbiamo anticipato, il reddito di cittadinanza andrà anche agli stranieri e una norma che avesse previsto il contrario sarebbe stata probabilmente illegittima.
Anzi, anche il requisito fissato dal d.l. 4/2019 di dieci anni di residenza di cui gli ultimi due continuativi, rischia di essere incostituzionale. Il dossier del Servizio studi del Parlamento che si occupa del decreto legge elenca infatti una corposa giurisprudenza costituzionale che autorizza più di un dubbio sulla legittimità del provvedimento.
Al di là di questo, non abbiamo al momento a disposizione stime ufficiali sul numero di stranieri che beneficeranno della misura. Secondo stime approssimative potrebbero essere circa un milione i cittadini non italiani che percepiranno il reddito di cittadinanza. Ma questa stima non tiene conto del requisito dei 10 anni di residenza e potrebbe quindi essere sbagliata per eccesso.
I Rom
In Italia, secondo le stime del Consiglio d’Europa (qui scaricabili), vivono tra i 120 mila e i 180 mila rom, sinti e camminanti.
Molti di loro, ma non abbiamo dati esaustivi, sono di cittadinanza italiana o comunitaria. Una minoranza vive in situazioni abitative precarie (circa 26 mila, secondo il rapporto dell’Associazione 21 luglio) ma non ci sono dati sufficienti per stabilire quanti, tra residenti nelle baraccopoli e non, avrebbero diritto al reddito di cittadinanza.
Non è infine chiaro a chi si riferisca Giorgia Meloni quando parla di “abusivi”.
Hanno la priorità?
I rom - che siano cittadini italiani, comunitari o extracomunitari - e gli stranieri non hanno, in base al decreto legge 4/2019, alcun trattamento preferenziale. Anzi, come detto, per gli stranieri il requisito della residenza da dieci anni potrebbe addirittura essere considerato irragionevole e discriminatorio rispetto ai cittadini italiani in base alla giurisprudenza costituzionale.
Sostenere quindi che queste categorie avranno «la priorità nell’erogazione» sembra senza fondamento.
Conclusione
Giorgia Meloni ha ragione nel sostenere che il M5s aveva promesso che il reddito di cittadinanza sarebbe andato a un numero maggiore di beneficiari rispetto a quanto riportato da fonti governative o indipendenti dopo l’approvazione del decreto che lo istituisce, ma è imprecisa sulle cifre.
Il punto di partenza era di nove milioni, e non di sei, anche se è vero che a un certo punto Di Maio abbia parlato di 6,5 milioni di persone. Il punto di arrivo poi è di quattro milioni circa per il governo, e di 2,4 milioni (la stima minore) per l’Inps. In nessun caso dunque di 1,5 milioni.
Scorretto, infine, sostenere che «immigrati, rom e abusivi» - premesso che è più corretto parlare di “stranieri” che di “immigrati”, e che non è chiaro chi siano gli “abusivi” - avranno la priorità nell’erogazione del reddito. Il d.l. 4/2019 non crea alcuna corsia preferenziale per queste categorie. Anzi, il requisito della residenza per dieci anni per gli stranieri rischia, in base alla giurisprudenza costituzionale, di essere considerato un trattamento discriminatorio illegittimo rispetto ai cittadini italiani.
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