Il senatore del Pd ed ex presidente del Consiglio Matteo Renzi ha scritto il 21 novembre sulla sua pagina Facebook che lo spread “oggi è oltre 300 e che il nostro Governo aveva portato sotto quota 100”.
Si tratta di un’affermazione sostanzialmente corretta, ma che necessita di alcune precisazioni.
Lo spread oggi
Lo spread, cioè la differenza di rendimento tra i titoli di Stato decennali italiani (Btp) e quelli tedeschi (Bund), ha oscillato il 21 novembre tra i 312 e i 338 punti, chiudendo poi a 314 punti a fine giornata. Questo, tradotto, significa che i Btp decennali hanno un rendimento del 3,14% superiore rispetto a quello dei Bund decennali.
Dunque la prima parte dell’affermazione di Renzi è corretta.
Lo spread durante il governo Renzi
Come si può notare nel grafico sottostante, è vero che lo spread sia sceso sotto quota 100 durante il governo Renzi, in particolare a fine febbraio 2015, cosa che non succedeva dal maggio 2010.
A marzo è poi stato toccato il minimo, intorno ai 90 punti.
Si era trattato però di una condizione passeggera. Il differenziale coi Bund tedeschi, che quando si è insediato il governo Renzi a febbraio 2014 era già in calo, nel 2015 ha proseguito la sua discesa fino appunto al minimo di marzo, per poi risalire nell’estate fino a 160 punti, ridiscendere in autunno sotto quota 100 e chiudere l’anno in linea con questo valore.
Nel 2016, ultimo anno di governo Renzi, lo spread è però “andato in altalena” senza mai scendere sotto quota 100, arrivando anzi a toccare i 180 punti a novembre per poi chiudere l’anno a circa 160 punti.
Insomma, se è vero che col governo Renzi lo spread era sceso sotto quota 100, è anche vero che lì non è rimasto.
La dinamica dello spread durante gli ultimi sei governi
Ma vediamo, per completezza, quale sia stato l’andamento dello spread durante gli ultimi governi italiani.
Il governo Conte si è insediato il primo giugno 2018, quando lo spread era a 239 punti. Al 21 novembre, come abbiamo visto, è salito fino a 314 punti.
Il governo Gentiloni si è insediato il 12 dicembre 2016 e lo spread era allora a quota 160. Il governo è rimasto ufficialmente in carica fino al primo giugno, quando è subentrato l’esecutivo Conte e lo spread era appunto a 239 punti. Ma se guardiamo la situazione al 2 marzo - ultimo giorno di contrattazioni prima del voto del 4 marzo, quando la situazione politica del Paese cambiò radicalmente - vediamo che allora lo spread era a 140 punti.
Il governo Renzi come abbiamo detto ha concluso la sua esperienza con uno spread a 160 punti. Quando si era insediato, il 22 febbraio 2014, lo spread aveva chiuso – a venerdì 21 – a 194 punti.
Il governo Letta, che quindi ha lasciato uno spread di poco inferiore ai 200 punti, aveva ereditato al momento del suo insediamento, il 28 aprile 2013, un differenziale tra Btp e Bund decennali (dato di venerdì 26 aprile) a quota 286 punti.
Il governo Monti è stato in carica dal 16 novembre 2011 al 27 aprile 2013 ma, come per il governo Gentiloni, ha forse più senso prendere come “data finale” venerdì 22 febbraio 2013, l’ultimo giorno di contrattazioni prima delle elezioni politiche di quell’anno. Il 16 novembre 2011 lo spread aveva toccato quota 519. Il 22 febbraio era invece sceso 288 punti.
Il governo Berlusconi IV, infine, è rimasto in carica dall’8 maggio 2008 al 16 novembre 2011. Abbiamo visto il punto di arrivo dell’ultima esperienza dell’ex Cavaliere a Palazzo Chigi, con lo spread a quasi 520 punti. Il punto di partenza invece era significativamente inferiore: appena 37 punti.
Dunque, facendo i conti, possiamo dire che l’ultimo governo Berlusconi ha terminato il suo mandato con lo spread di 482 punti superiore rispetto al momento del proprio insediamento. Monti lo ha ridotto di 231 punti, Letta di 94 punti, Renzi di 34 e Gentiloni di 20. Durante il governo Conte invece è, finora, cresciuto di 75 punti dal suo insediamento (e di 174 punti da quando il M5S e la Lega hanno, di fatto, vinto le ultime elezioni politiche).
Ovviamente questo tipo di calcolo ignora quello che è successo tra il momento dell’insediamento e quello delle dimissioni dei vari governi.
Conclusione
Matteo Renzi ha sostanzialmente ragione: lo spread è oggi sopra quota 300 punti e durante il suo governo era arrivato, nel 2015, a scendere sotto quota 100. È però anche vero che dopo essere sceso ai minimi dal 2010, lo spread durante il governo Renzi è anche risalito, per arrivare al momento dell’addio dell’ex segretario del Pd a Palazzo Chigi a 160 punti.
Nel complesso, durante il governo Renzi lo spread è comunque sceso di 34 punti, meglio di quanto successo durante gli esecutivi Gentiloni (-20 punti), Conte (+75 punti) e Berlusconi IV (+482 punti), ma peggio di quelli Letta (-94 punti) e Monti (-231 punti).
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