Il ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico Luigi Di Maio, ospite di Porta a Porta il 17 ottobre, ha affermato (min. 12.19) che “con quota 100 noi mandiamo in pensione circa 500 mila persone”.
Si tratta di una previsione probabilmente troppo ottimistica.
Quota 100 nel Documento programmatico
Nel Documento programmatico di bilancio 2019 – la “bozza” della prossima legge di stabilità – inviato alla Commissione europea il 16 ottobre, il governo ha scritto che “La soglia minima per il pensionamento anticipato è di 62 anni di età e 38 anni di contributi, a cui si potrà accedere durante quattro ‘finestre’ l’anno”.
Dunque non solo si deve raggiungere un totale di 100 nella somma tra età e anni di contributi, ma non si può – come spiega ad esempio Repubblica – nemmeno scendere sotto i 38 anni di contributi versati. Non si potrebbe, cioè, andare ad esempio in pensione a 63 anni con 37 anni di contributi.
Quante persone coinvolte?
Non abbiamo al momento simulazioni da parte del governo su quante potrebbero essere le persone coinvolte da “quota 100”, così come disegnata nel Documento programmatico. Un certo margine di incertezza del resto è inevitabile, considerato che non si può sapere ad oggi con sicurezza quanti vorranno approfittare delle finestre per andare in pensione prima. Come vedremo, infatti, sfruttare quota 100 potrebbe avere delle significative ripercussioni sull’entità della pensione che si riceve.
Prima che venisse pubblicato il Documento programmatico la società Tabula, fondata dall’esperto di previdenza ed ex consigliere di Paolo Gentiloni Stefano Patriarca, aveva fatto una simulazione su quante persone potrebbero beneficiare di “quota 100” in due scenari, ripresi ad esempio dal Sole 24 Ore.
Nel primo si abbina la introduzione di quota 100 alla possibilità di uscita con 41,5 anni di contributi, a prescindere dall’età. In questo caso i potenziali beneficiari sarebbero stati 660 mila, con un costo per lo Stato di 13 miliardi nel 2019, e 20 miliardi ogni anno con il sistema a regime. Ma le cifre dell’intervento governativo sembrano essere diverse.
Nel secondo invece si prevede solo l’introduzione di quota 100 con 62 anni di età minima necessaria. In questo scenario, che sembra poi essere quello più vicino a quanto previsto dal governo nel Documento programmatico, i beneficiari sarebbero 350 mila, con un costo di 8,5 miliardi nel 2019 e di 11 miliardi ogni anno a regime.
Sul punto dei costi, secondo il presidente dell’Inps Tito Boeri, ascoltato dalla Commissione Lavoro della Camera il 17 ottobre, la riforma con quota 100 composta da 62 anni di età più 38 di contributi avrebbe un onere (min. 36.00) ancora superiore, 140 miliardi in dieci anni.
I costi sono una grande incognita, in base ai dati disponibili: nel Documento programmatico è previsto un impatto sul Pil di quota 100 pari allo 0,37% del Pil nel 2019 e nel 2020, e allo 0,36% nel 2021. Su un Pil nominale che dovrebbe arrivare nel 2019 intorno ai 1.750 miliardi di euro, significa infatti una spesa di 6,5 miliardi di euro circa. Meno, dunque, di quelli previsti dalla simulazione di Tabula per sostenere una fuoriuscita di 350 mila persone dal mercato del lavoro (8,5 miliardi di euro per il 2019).
Non è chiaro se questa diversità provenga da un modo radicalmente diverso di stimare i costi dei pensionamenti, oppure da una stima molto più bassa del numero dei beneficiari da parte del governo.
I margini di incertezza
La platea dei beneficiari resta dunque incerta, anche perché non si può prevedere quanti saranno disposti ad accettare che la propria pensione si riduca – a causa del mancato versamento dei contributi per cinque anni – pur di ottenerla in anticipo. Come vedremo, ci sono pro e contro.
Quale sarebbe la differenza nell’assegno pensionistico, in caso di pensione anticipata? Sul punto ha di recente fornito dei numeri il presidente dell’Inps, Tito Boeri. La sede era un’audizione presso la Commissione Lavoro alla Camera, dove Boeri ha risposto a una domanda su quanto ci perderebbe un lavoratore che andasse in pensione adesso con la quota 100, rispetto all’ipotesi di continuare a lavorare fino a 67 anni.
Boeri ha detto che (min. 45.20) “sono calcoli piuttosto complessi. Se pensiamo ad una persona che aveva il retributivo fino al 2011, e quindi ha soltanto 7 anni di contributivo, e che ha una retribuzione attorno ai 40 mila euro all’anno (…) molto approssimativamente noi possiamo ipotizzare che se questa persona avesse lavorato cinque anni in più avrebbe potuto maturare una pensione di circa 500 euro al mese in più”.
Come spiega la Stampa, che riporta le parole di Boeri e fa alcuni calcoli, “In pratica a 67 anni si prenderebbe una pensione da 36.500 euro [500 euro per 13 mensilità, n.d.R.] ma avendo versato contributi per altri cinque anni. Se invece si va in pensione prima non si versano contributi e si prendono 150.000 (30.000 per cinque anni) euro di assegni in più. Quindi si prendono nei primi cinque anni importi pari a circa 23 anni di decurtazione potenziale dell’assegno”.
Conclusione
Al momento non è ancora possibile affermare con certezza quanti saranno i lavoratori che accetteranno di sfruttare il meccanismo di quota 100, che consente di andare in pensione prima ma che – per effetto del sistema contributivo – porta una riduzione dell’assegno pensionistico che si riceve.
Secondo la simulazione di Tabula, un meccanismo di quota 100 simile a quello che dovrebbe proporre il governo potrebbe interessare fino a 350 mila persone. Ma questa simulazione ipotizza una spesa per lo Stato molto superiore a quella scritta dal governo nel Documento programmatico.
Dunque, anche considerata l’entità della spesa che ipotizza il governo, sembra che la stima di “500 mila” lavoratori coinvolti fornita da Di Maio sia eccessivamente ottimistica.
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