Il ministro dello Sviluppo economico, del Lavoro e delle politiche sociali Luigi Di Maio ha dichiarato il 15 luglio: “Non possiamo rimuovere Boeri ora: quando scadrà terremo conto che è un presidente dell'Inps che non è minimamente in linea con le idee del governo”.
Si tratta di un’affermazione corretta.
Lo scontro con Boeri
I rapporti del governo Lega-M5S col presidente dell’Inps erano già tesi a causa delle posizioni espresse di recente da Tito Boeri sull’immigrazione e sulla possibilità di superare la Riforma Fornero delle pensioni.
L’ultima polemica, che ha spinto il vicepremier e ministro dell’Interno Matteo Salvini a chiedere le dimissioni di Boeri, riguarda il decreto Dignità. Nella Relazione tecnica (pag. 25) che l’accompagna è scritto che il decreto avrà l’effetto di far perdere almeno 8 mila posti di lavoro all’anno.
La paternità di quel numero è dell’Inps, che è stato preso di mira da una nota congiunta dei ministri Di Maio e Tria (Economia) dove si legge: “Il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, ritiene che le stime di fonte Inps sugli effetti delle disposizioni relative ai contratti di lavoro contenute nel decreto siano prive di basi scientifiche e in quanto tali discutibili”.
A questa nota ha risposto duramente Boeri, parlando di “un attacco senza precedenti alla credibilità di due istituzioni nevralgiche per la tenuta dei conti pubblici nel nostro Paese” [l’Inps e la Ragioneria generale dello Stato, n.d.R.] e di “negazionismo economico”, circa il merito della nota dei due ministeri.
La situazione si è quindi, al momento, cristallizzata nella richiesta di dimissioni di Boeri da parte di Salvini, nel “non possiamo” di Di Maio e nella posizione di Boeri stesso, che il 16 luglio ha dichiarato di essere disponibile a dimettersi se glielo chiederà il presidente del Consiglio Giuseppe Conte.
Il suo mandato, iniziato a febbraio 2015, ha durata quadriennale. Scade dunque a febbraio 2019 e sarebbe teoricamente rinnovabile, visto che Boeri è al suo primo mandato (v. art. 3 co. 9 del d.lgs. 479/1994).
La irremovibilità del presidente Inps
Ma vediamo se è vero, come afferma Di Maio, che Boeri non possa essere rimosso dal governo. La procedura di nomina del presidente dell’Inps – come mostra anche il decreto di nomina di Boeri del 2105 – è regolata dall’articolo 3 della legge 400/1988, richiamato dal dl 78/2010, che da ultimo ha modificato la disciplina generale dell’Inps contenuta nel già citato d.lgs. 479/1994.
Si prevede che la nomina avvenga per decreto del Presidente della Repubblica, “emanato su proposta del presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri adottata su proposta del ministro competente”, cioè quello del Lavoro, e acquisito il parere favorevole delle commissioni Lavoro di Camera e Senato (legge 14/1978).
Non è invece prevista esplicitamente la possibilità di revocare la nomina e di rimuovere il presidente.
Il parere degli esperti
Abbiamo chiesto a diversi eminenti costituzionalisti un parere sulla possibilità, nel silenzio della legge, che la revoca o rimozione avvenga comunque.
Secondo l’ex presidente della Corte Costituzionale Valerio Onida, non esistendo una norma sulla rimozione del presidente dell’Inps questa è “una questione che non si pone”.
Se fossimo di fronte a un’ipotesi estrema come quella di condanne penali del presidente, prosegue Onida, allora si potrebbe aprire un discorso teorico su come affrontare la rimozione, vista l’assenza di norme e di precedenti. Ma considerata la situazione attuale, non ci sono margini per la revoca della nomina di Boeri.
Un parere, questo, confermato anche da Stefano Ceccanti, costituzionalista e deputato del Pd, secondo cui il presidente Inps “non si può rimuovere, questa possibilità non è stata formalizzata dalla legge. L’Inps è un ente terzo, quindi non è soggetto alla logica dello spoil system che vale per altri enti. L’impossibilità di rimuovere il presidente – nemmeno seguendo la stessa procedura, molto complessa, seguita per la nomina – è esattamente una garanzia di questa terzietà”.
Per spoil system si intende la nomina, da parte di un nuovo governo, di alcune cariche nell’amministrazione pubblica, in modo che siano in linea con il mutato indirizzo politico.
Con una sfumatura leggermente diversa, anche Ugo De Siervo – altro ex presidente della Corte Costituzionale – conferma questa tesi. “La revoca è sempre implicita nella nomina”, afferma De Siervo, aprendo dunque alla possibilità teorica che anche il presidente dell’Inps possa essere rimosso.
“Tuttavia – prosegue De Siervo – si tratta di una questione giuridica assolutamente astratta: dovremmo ipotizzare che Boeri scappi con la cassa o che si scopra che rapina le vecchiette. Per questioni legate all’esercizio delle sue funzioni di presidente Inps, invece, la rimozione non è una possibilità”.
Al di là della possibilità di rimozione “forzata”, rimane naturalmente aperta la possibilità di eventuali dimissioni presentate volontariamente da Boeri nel momento in cui sentisse eccessiva pressione perché abbandoni il suo incarico, a cui ha alluso lo stesso Boeri quando ha detto di essere disposto a lasciare se la richiesta venisse da Conte.
Conclusione
La normativa sulla nomina del presidente Inps non prevede esplicitamente la possibilità di rimuoverlo e questo, secondo il parere unanime dei principali costituzionalisti, comporta una sostanziale irrevocabilità della nomina.
Le uniche ipotesi in cui, secondo alcuni giuristi, si potrebbe immaginare una rimozione del presidente dell’Inps sono estreme, teoriche e assolutamente non rilevanti per il caso di cui si discute. Dunque Di Maio ha sostanzialmente ragione nel dire che Boeri non possa essere rimosso dal governo.
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