Il ministro per i Rapporti col Parlamento Riccardo Fraccaro, in un articolo pubblicato sul blog del Movimento 5 Stelle, ha scritto: “Attualmente sono in pagamento oltre 2.600 vitalizi per un totale di oltre 200 milioni di euro l’anno. Vengono corrisposti assegni d’oro a ex parlamentari che non hanno mai messo piede a Camera e Senato, versiamo cifre da capogiro anche a chi ha versato contributi ridicoli”.
Si tratta di un’affermazione corretta.
Premessa
I deputati e i senatori, a partire dal 2011, grazie a una riforma voluta dal governo Monti non maturano più un vitalizio, ma una pensione calcolata col metodo contributivo.
Quando si parla di vitalizi che ancora vengono pagati dallo Stato e ancora pesano sulle casse pubblico, si fa riferimento a quelli elargiti a ex deputati e senatori che hanno maturato il diritto al vitalizio prima che intervenisse l’abolizione.
Numero e costo
Il numero e dei vitalizi è stato fornito dal presidente dell’Inps Tito Boeri, nel corso di un’audizione alla Camera del 5 maggio 2016. Allora Boeri dichiarò: “Oggi ci sono circa 2.600 vitalizi in pagamento per cariche elettive alla Camera o al Senato”.
Dunque il numero citato da Fraccaro è corretto.
Per quanto riguarda il costo, l’Inps pubblicò insieme al testo dell’audizione di Boeri una tabella che contiene le stime anno per anno della spesa per vitalizi col sistema attuale.
Per il 2018 – anno record – il totale ammonta a quasi 207 milioni di euro. L’anno successivo dovrebbe calare a 200 milioni e poi via via scendere progressivamente. Si tratta oltretutto, secondo l’Inps stesso, di stime prudenti “perché ottenuta applicando le regole ai soli anni di servizio presso il Parlamento italiano. Sono così stati esclusi eventuali anni di servizio presso il Parlamento europeo o presso Consigli Regionali".
Anche il numero dato da Fraccaro per la spesa è insomma corretto.
Il ricalcolo col metodo contributivo, sostenuto dal Movimento 5 Stelle, produrrebbe un risparmio di 80 milioni nel 2018, secondo le stime dell’Inps.
Il 27 giugno, la presidenza della Camera ha presentato una delibera che, se approvata, porterebbe appunto al ricalcolo contributivo. Le stime della stessa presidenza parlano di risparmi per 40 milioni di euro all’anno grazie al taglio ai vitalizi dei deputati. Considerando anche i senatori, è probabile che ci si avvicini alla stima dell’Inps.
Si tratta di cifre minime rispetto al bilancio dello Stato – più di 850 miliardi di euro all’anno di spesa pubblica, rispetto ai quali un risparmio di 80 milioni rappresenta meno dello 0,01% – ma che hanno assunto oramai una forte valenza simbolica.
Si potrebbe poi porre un problema di costituzionalità a seconda dei dettagli dell’intervento sui vitalizi degli ex parlamentari.
Vitalizi a chi non ha mai messo piede in Parlamento?
È vero che ci sia anche chi riceve un vitalizio senza aver “mai messo piede” in Parlamento. Questo è il caso, ad esempio, di Piero Craveri, nipote di Benedetto Croce e senatore radicale per qualche giorno nel 1987. Dopo la proclamazione, rimase in carica solo per sette giorni, duranti i quali, per sua stessa ammissione, non entrò mai fisicamente a Palazzo Madama.
“Poi sulla base del regolamento”, spiega lo stesso Craveri in un’intervista, “è arrivata una lettera a casa in cui mi chiedevano se volevo versare i contributi come quelli dei senatori in carica. Li versai e successivamente mi è arrivato il vitalizio”. In base agli elenchi pubblicati ad esempio dal Fatto Quotidiano, il suo vitalizio risulta ammontare a 2.381,64 euro mensili.
Ci sono altre storie simili alla sua, come ad esempio quella dell’ex deputato Luca Boneschi, oggi deceduto, che si dimise pochi giorno dopo l’elezione (per nobili ragioni)) e che grazie alla legge dell’epoca ottenne il vitalizio. O come quella di Angelo Pezzana, anch’egli ex deputato rimasto in carica appena una settimana ma titolare di un vitalizio mensile pari a 2.275,32 euro.
Dunque Fraccaro ha ragione sull’esistenza di almeno alcune situazioni di questo genere.
Quanto hanno dato e quanto ricevono gli ex parlamentari?
Per quanto riguarda infine la sproporzione tra quanto versato e quanto ricevuto, questa è connaturata al sistema retributivo. Il lavoratore, in questo caso il parlamentare, gode di una pensione la cui misura è determinata dalla media delle retribuzioni degli ultimi anni lavorativi, indipendentemente dai contributi versati.
Se guardiamo ai dati contenuti nella già citata tabella Inps si vede che nel 2018, a fronte dei 207 milioni di euro di vitalizi erogati dallo Stato, i contributi versati dagli ex parlamentari ammontano appena a 36,8 milioni. Cioè i contributi “coprono” meno di un quinto della spesa.
Questo a livello generale. Ma nel caso di parlamentari rimasti in carica per poco tempo, e che hanno iniziato a godere del vitalizio in giovane età, la sproporzione tra quanto versato e quanto ricevuto è naturalmente ancora maggiore.
Conclusione
Fraccaro cita numeri corretti: sono circa 2.600 gli ex parlamentari che ricevono vitalizi e l’ammontare della spesa dello Stato per queste prestazioni è, al 2018, superiore ai 200 milioni di euro.
Esistono poi casi di ex parlamentari che sono rimasti in carica solo pochi giorni, durante i quali magari non sono mai fisicamente entrati in Parlamento, e godono del vitalizio.
È infine vero che esista spesso una sproporzione notevole tra quanto versato e quanto ricevuto dagli ex onorevoli, in particolare se sono rimasti in carica per poco tempo e se hanno iniziato a percepire il vitalizio in giovane età.
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