Un articolo di Repubblica del 18 giugno affronta il tema dei disservizi causati dall’introduzione del numero unico di emergenza (112), richiesta dalle normative europee. Il direttore nazionale del 118 Mario Balzanelli, intervistato da Repubblica, ha dichiarato tra le altre cose: “l’Ue non ci ha obbligati a sopprimere i vecchi numeri. Nella direttiva con cui l’Unione obbliga i Paesi ad adottare il Nue si legge la parola ‘parallelamente’. Si sarebbe potuto introdurre il 112 affiancandolo agli altri”.
Siamo andati a verificare.
Perché si parla di numero unico?
L’introduzione di un numero unico per le emergenze (NUE) uguale in tutta Europa ha quasi trent’anni. Venne prevista originariamente dalla Decisione del Consiglio dell’Unione europea del 29 luglio 1991, n. 91/396/CEE.
Dal 1998 la Ue ha chiesto agli Stati membri di garantire che tutti i telefoni fissi e mobili potessero chiamare il 112 gratis e, dal 2003, ha imposto (v. art. 26) che gli operatori telefonici debbano fornire ai servizi di emergenza informazioni sul luogo da cui proviene la chiamata, in modo che questi possano individuare rapidamente le vittime degli incidenti.
L’Italia, che ha recepito formalmente la normativa europea col d.lgs. n. 196 del 30 giugno 2003 (art. 127 co.4) ma senza applicarla in concreto, nel 2009 è stata condannata dalla Corte di Giustizia dell’Ue per non aver fatto in modo di condividere con i servizi di soccorso le informazioni sulla localizzazione di chi chiamava.
Le sperimentazioni recenti
Il “decreto Gentiloni” del 2008 aveva affidato la realizzazione del progetto Nue a Polizia e Carabinieri. Era prevista una sperimentazione a Salerno con una semplice linea telefonica unica tra Carabinieri e Polizia digitando il 112 - mentre 118 e 115, ovvero ambulanze e vigili del fuoco, non erano inserite nel numero unico. Ma tale soluzione non riuscì a bloccare la procedura di infrazione.
Dopo una prima condanna nel 2009, vista la perdurante violazione dell’Italia, la Commissione UE aveva chiesto nel maggio 2010 che la Corte di Giustizia intervenisse nuovamente, stavolta con sanzioni economiche.
Queste sono state evitate grazie alla “buona volontà” dimostrata dai governi italiani che, dopo il fallimento del “modello Salerno”, ne hanno sperimentato un altro, ritenuto di maggior successo. In particolare, in Lombardia è stato implementato a partire dal 2009 il “modello di Varese”, detto anche Nue “laico”, così chiamato perché gli operatori non fanno parte di nessuna delle amministrazioni originarie (polizia, carabinieri, vigili del fuoco e ministero della Salute), che riceve e smista tutte le chiamate d’urgenza (112-113-118-115).
Il governo Renzi, con la “legge Madia” (v. art. 8), ha poi previsto “l’istituzione del numero unico europeo 112 su tutto il territorio nazionale con centrali operative da realizzare in ambito regionale”.
La situazione oggi
Secondo quanto riporta il sito di “112 Italia”, organismo indipendente italiano che dal 2002 si adopera per la conoscenza e l'implementazione del 112 nel nostro Paese, “il modello di Varese, ritenuto un esempio anche a livello Europeo, è stato già esteso alle Centrali Operative Nue 112 di Milano e Brescia, con una copertura totale del territorio della Lombardia. Ora attivo anche nel Lazio (Roma città), Piemonte, Valle d'Aosta, Liguria, Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia-Giulia”. Inoltre “è in fase avanzata di realizzazione” anche in Sicilia Orientale, nel Lazio (oltre Roma), in Emilia-Romagna, nelle Marche, in Umbria e in Toscana.
In alcune città Italiane (ad esempio Brindisi, Biella, Modena, Rimini, Salerno, Prato) è temporaneamente attivo il “modello Salerno”. Ma, si legge ancora sul sito dedicato al Nue, “questo modello è superato, anche perché con la prossima comunicazione del Nue 112 sui mezzi di emergenza, si avrà una concentrazione delle chiamate verso il solo 112”.
I problemi
Il modo con cui è stata recepita la normativa europea viene oggi criticato, come racconta ad esempio l’articolo di Repubblica, a causa di “tempi di risposta troppo lunghi, chiamate rimaste in attesa e scambi di informazioni sbagliate”.
Di qui la richiesta di Balzanelli che “il 118 torni ad avere vita propria”.
Oggi, in sintesi, nelle provincie dove è stato attivato il 112, il servizio funziona così: una chiamata al 118 o al 115 e via dicendo viene immediatamente presa in carico dal 112, che la processa e la smista. Il bersaglio delle critiche di Balzanelli è in particolare il tempo che serve al 112 per smistare le chiamate perché, nel caso del 118, “40 secondi per noi vogliono dire vita o morte”.
Quindi la soluzione proposta, si desume, sarebbe che le chiamate al 118 non passino dal numero unico di emergenza ma vengano prese in carico direttamente dalla struttura delle emergenze sanitarie.
La replica
L’Areu (Azienda regionale emergenza urgenza) della Lombardia, prima ad adottare il modello “Nue laico” in Italia, da noi contattata ha replicato alle parole di Balzanelli.
In particolare, si sottolinea da Areu, il Numero unico di emergenza - nelle zone in cui oggi è attivo - ha in gran parte risolto il problema delle chiamate che non ricevevano risposta, cosa che col 118 e gli altri numeri succedeva spesso a causa delle linee occupate.
Ha poi permesso l’immediata localizzazione di chi chiama – che a volte non sa di preciso dove si trova, si pensi ai salvataggi in montagna o su lunghi tratti stradali – e il filtro delle chiamate che non sono di vera emergenza (secondo Areu prima del 112 era circa il 50% delle chiamate).
Dunque nel complesso il 112 avrebbe sensibilmente migliorato il servizio. In Lombardia poi i tempi di attesa sono vicini ai quattro secondi, anche perché, spiega Areu, è stata la prima ad avviare il progetto del 112, mentre invece a Roma i tempi di risposta sono ancora molto lunghi. Ma questo, secondo Areu, dipende da disfunzioni a livello locale, su cui dunque si deve intervenire, non da un errore “genetico” del progetto Nue.
Ce lo chiede l’Europa?
A prescindere dai giudizi sulla bontà o meno del Numero unico di emergenza così com’è strutturato, è vero che le normative dell’Unione europea non imponessero la soppressione degli altri numeri.
Qui serve però un chiarimento: anche dove si è introdotto il Nue, gli altri numeri non sono stati soppressi, nel senso che se chiamati non rispondono più. Semplicemente risponde il 112, che poi smista la chiamata.
Dunque Balzanelli, direttore del 118, intende “soppressione” nel senso di eliminazione della risposta in prima battuta da parte degli operatori del 118, che vengono chiamati in causa invece solo in seconda istanza.
Le norme europee non impongono nemmeno questo esito e prevedono, come dice Balzanelli, che il Nue possa operare in parallelo ai numeri nazionali. Stabilisce infatti l’art. 1 co.2 della Decisione del 1991: “Il numero unico europeo per chiamate di emergenza viene introdotto, ove opportuno, parallelamente a ogni altro numero nazionale esistente per tali chiamate”.
La direttiva europea del 2002 (art. 26) prevede poi che “Gli Stati membri provvedono affinché, oltre ad altri eventuali numeri di emergenza nazionali specificati dalle autorità nazionali di regolamentazione, tutti gli utenti […] possano chiamare gratuitamente i servizi di soccorso digitando il numero di emergenza unico europeo 112”.
Le direttive, come strumento legislativo europeo, non impongono agli Stati una precisa normativa ma degli “obblighi di risultato”. Cioè lo Stato deve conseguire gli obiettivi previsti dalla direttiva, ma come lo fa è affidato alla sua discrezionalità.
L’Italia avrebbe quindi potuto, teoricamente, creare una struttura che gestisse le chiamate al 112 – con le modalità prescritte - senza eliminare quelle già esistenti che rispondevano ai numeri tradizionali (ma ovviamente i costi per lo Stato di personale e struttura sarebbero stati maggiori).
Conclusione
Balzanelli ha ragione nel sostenere che la struttura che l’Italia ha dato al Numero unico di emergenza 112, in particolare la soppressione della risposta di prima istanza da parte del 118 e degli altri numeri tradizionali, sia dipeso dalla volontà del legislatore nazionale. L’Unione europea non ha infatti prescritto i dettagli della normativa, ma solo i traguardi che gli Stati membri dovevano raggiungere.
Diverso il discorso sulla bontà o meno delle scelte del legislatore, che resta una valutazione discrezionale. Se l’opinione di Balzanelli è legittimamente critica, c’è chi sostiene – ad esempio l’Areu Lombardia – che il 112 abbia nel complesso migliorato la situazione e che le criticità rilevate siano eccezioni che dipendono da disorganizzazione a livello locale.
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