Il segretario della Lega Nord, Matteo Salvini, intervistato da RTL 102.5 lo scorso 26 febbraio ha dichiarato (min. -9.45): “Le sanzioni contro la Russia stanno danneggiando i nostri imprenditori, abbiamo perso quasi dieci miliardi di euro di mancate esportazioni in Russia”.
Si tratta di un’affermazione errata.
La stima dei dieci miliardi
La cifra di 10 miliardi proviene da una nota di inizio 2017 della Coldiretti, secondo cui: “La guerra commerciale scatenata dalle sanzioni ha fatto scendere le esportazioni del Made in Italy in Russia al minimo da almeno un decennio, con una perdita complessiva stimata ormai in oltre 10 miliardi, da quando il Paese di Putin ha deciso le contromisure, a partire dall’embargo totale nei confronti di importanti prodotti agroalimentari”.
La provenienza delle cifre di Coldiretti, però, non è chiara. Vediamo dunque i numeri più da vicino.
L’andamento dell’export
L’andamento delle esportazioni italiane verso la Federazione Russa si può verificare nel database Eurostat.
Nel 2013, l’anno prima che scoppiasse la crisi in Ucraina e fossero stabilite – a marzo 2014 - le prime sanzioni economiche contro Mosca, il totale delle esportazioni italiane verso la Russia ammontava a 10,771 miliardi di euro.
Negli anni successivi, mentre le sanzioni si sono via via aggravate e c’è stata la ritorsione russa, il totale è in effetti calato: a 9,502 miliardi nel 2014, a 7,093 miliardi nel 2015 e a 6,690 miliardi nel 2016.
Il 2017, senza che le sanzioni fossero eliminate o alleggerite (sono anzi state prorogate di recente fino a metà 2018), ha visto invece una significativa crescita del nostro export verso la Russia, tornato ai livelli pre-2015 con un totale di 7,985 miliardi di euro.
La stima di Coldiretti potrebbe nascere dalla somma di quanto ogni anno, dopo l’introduzione delle sanzioni, è mancato per arrivare alla cifra di 10,771 miliardi del 2013, l’ultimo anno pre-sanzioni: si tratta di 1,269 miliardi nel 2014, 3,678 miliardi nel 2015, 4,081 miliardi nel 2016. Il totale arriva a poco più di 9 miliardi e, considerato che Coldiretti non aveva ancora i dati del 2017, la cifra di 10 miliardi potrebbe derivare da una previsione di crescita dell’export anche superiore alla prestazione del 2013.
Ma questo è un calcolo inaffidabile per determinare l’impatto delle sanzioni. I fattori che intervengono sull’interscambio economico tra due Paesi sono parecchi. Lo dimostra, tra l’altro, la ripresa dell’export nel 2017 pur in presenza delle sanzioni.
Inoltre il settore agro-alimentare, quello più precisamente colpito dalle contro-sanzioni russe e di cui Coldiretti si occupa principalmente, rappresenta solo uno spicchio del totale. Nel 2013, secondo i dati della Camera di Commercio di Torino, le esportazioni italiane nel settore ammontavano a 1,07 miliardi di euro. Nel 2017, secondo una nota di gennaio 2018 della stessa Coldiretti, sono scese a poco più di mezzo miliardo. Non un azzeramento ma un dimezzamento insomma, e che pesa sul totale per circa 500 milioni di euro.
I fattori rilevanti
Ma se le sanzioni non sono l’unica variabile, da cos’altro può dipendere l’andamento delle relazioni commerciali tra Italia e Russia?
Sicuramente ha pesato l’andamento generale dell’economia russa. Questa, dopo una fase di forte crescita tra il 2010 e il 2012, aveva iniziato a rallentare già nel 2013 e soprattutto nel 2014. Nel 2015 è entrata in recessione, con una diminuzione del Pil del 2,83%, confermata anche l’anno successivo, anche se in maniera meno grave (-0,22%).
Nel 2017, anno in cui appunto l’export italiano verso la Federazione Russa è ripreso, il Pil di Mosca è cresciuto dell’1,86%.
Ovviamente le sanzioni hanno avuto un impatto sull’economia russa, ma non sono il fattore principale, come dimostrato dalla ripresa nel 2017 a sanzioni ancora vigenti, e non solo.
In un paper della Nato che traccia un bilancio dei risultati ottenuti dalle sanzioni, pur rivendicando il “successo” di queste nell’indebolire l’economia russa, si afferma che la recessione russa del 2015 “può essere attribuita solo parzialmente alle sanzioni occidentali, il prezzo basso del petrolio rimane la causa principale secondo gli analisti più accreditati”.
Il ruolo del petrolio
Il fattore più importante da tenere in considerazione sembra dunque l’andamento dei prezzi delle materie prime. L’economia russa dipende in maniera sostanziale dall’esportazione di gas e petrolio. Semplificando (ma non troppo), quando il valore del petrolio scende l’economia russa va peggio, e tra i vari indicatori che ne risentono ci sono anche le importazioni dall’estero.
Un approfondimento del Carnegie Moscow Center di settembre 2015 arriva a stimare che il 70% circa del Pil russo dipenda, direttamente e indirettamente, dal petrolio.
Come spiegano ancora, ad esempio, due economiste russe in un paper (v. pag. 3) per la International Economic Conference del 2015, “L’economia russa, specialmente il budget, è dipendente dai profitti del gas e del petrolio (…). L’analisi comportamentale di Pil e profitti da gas e petrolio nel budget della Federazione Russa suggerisce che a livello generale l’andamento dell’uno ripete quello dell’altro”.
Il grafico relativo dimostra in effetti un appaiamento quasi perfetto tra l’andamento della linea del Pil e quella dei profitti da petrolio e gas (qui fino all’anno 2014).
Il prezzo del petrolio
Vediamo allora qual è stato l’andamento del prezzo del petrolio negli ultimi anni. Secondo il database dell’Opec il prezzo medio del greggio (Oil Basket Price), dopo la crisi del 2009 quando scese sotto i 40 dollari al barile (e il Pil russo calò allora del 7,8%), è risalito costantemente nel quadriennio 2010-2013 (periodo di forte crescita dell’economia russa): a quasi 90 dollari a fine 2010, e a più di 105 dollari nei tre anni successivi.
Dal 2014, quando il Pil russo ha iniziato a rallentare bruscamente, il prezzo del petrolio è rapidamente sceso verso i 50 dollari al barile, ed è rimasto sotto questa soglia (arrivando fino al minimo di poco più di 20 dollari al barile) fino a fine 2016. Solo nel 2017 si è stabilizzato sopra i 50 dollari, arrivando a fine anno a 65 dollari al barile.
Sembra dunque evidente un legame tra l’andamento del Pil russo, il prezzo del petrolio e le esportazioni italiane in Russia, che è più importante del ruolo (pur presente, ma non determinante) delle sanzioni.
Conclusione
La cifra di 10 miliardi citata da Salvini è una stima di Coldiretti, che sembra sommare i miliardi “mancanti” ogni anno da quando ci sono le sanzioni (marzo 2014) per raggiungere i 10,8 miliardi del 2013, picco dell’anno pre-sanzioni.
Si tratta di un calcolo semplicistico. Come abbiamo visto le sanzioni sono un fattore e sono probabilmente la causa maggiore del dimezzamento dell’export agroalimentare italiano verso la Federazione Russa: una perdita di mezzo miliardo di euro solo lo scorso anno.
Ma non sono l’unico, e probabilmente nemmeno il più importante degli elementi da considerare. Lo sostengono gli analisti citati dalla Nato e lo dimostra il fatto che nel 2017, a sanzioni vigenti, l’export verso la Federazione Russa è tornato a crescere.
L’andamento delle importazioni è infatti influenzato fortemente dall’andamento generale dell’economia del Paese importatore. Come abbiamo visto, l’economia russa – in larga parte dipendente dal petrolio, che negli ultimi anni ha visto il proprio prezzo crollare sul mercato – è andata male tra 2014 e 2016, e si è risollevata in parte nel 2017. Una corrispondenza quasi perfetta con l’andamento dell’export italiano verso la Russia.
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