Il ministro dello Sviluppo Carlo Calenda, nell'intervento di apertura della Conferenza nazionale della cooperazione allo sviluppo dello scorso 24 gennaio, ha dichiarato: "Negli anni scorsi l'Italia investiva in cooperazione allo sviluppo intorno allo 0,14% del Pil, cifra che oggi è più che raddoppiata".
Calenda ha sostanzialmente ragione. Come avevamo già verificato in passato, l'Italia ha destinato alla cooperazione allo sviluppo lo 0,14% del Pil nel 2012 (nel 2011 era stato dello 0,2% e nel 2010 dello 0,15%). Da lì in poi è cominciata una progressiva risalita della percentuale: allo 0,17% nel 2013, allo 0,19% nel 2014, allo 0,22% nel 2015, allo 0,26% nel 2016 e ora, secondo gli impegni assunti dal governo, dovrebbe arrivare allo 0,27% nel 2018 e allo 0,3 nel 2020.
Il raddoppio in effetti c'è (quasi) stato in percentuale, con il passaggio dallo 0,14% del 2012 allo 0,27% del 2018. Se guardiamo allo stanziamento in valore assoluto poi, la cifra è più che raddoppiata: dai 2,2 miliardi del 2012 ai quasi 5 miliardi della legge di Bilancio per il 2018 (erano 4,8 miliardi nel 2017).
Bisogna però sottolineare come all'aumento di risorse per la cooperazione allo sviluppo sia corrisposto un aumento della quota di tali risorse che vengono trattenute in Italia, per l'accoglienza ai migranti.
Secondo un’analisi di Openpolis nel 2017 quasi 2 miliardi, circa il 40 per cento del totale, vengono indirizzati dalla legge di Bilancio per il 2017-19 verso la gestione degli arrivi dei migranti in Italia: in particolare vengono destinati (riga 122 della tabella) 1,32 miliardi di euro per i “centri di trattenimento e di accoglienza per gli stranieri irregolari”.
Questo fenomeno è andato in crescendo negli ultimi anni: nel 2012 la spesa per i migranti pesava sul totale dei fondi per la cooperazione allo sviluppo per il 6,7%, nel 2013 per il 10,2%, nel 2014 per il 19,3%, nel 2015 per il 24,3%. Il 40,1% del 2017 è un nuovo record.