Ospite di Lucia Annunziata su “In mezz’ora in più” lo scorso 17 dicembre, il segretario della Lega Nord Matteo Salvini ha affermato (min 35.10): “Ricordo a chi ci guarda che negli ultimi 5 anni gli ultimi governi hanno preso 63 miliardi di euro degli italiani e li hanno portati in Europa per salvare le banche degli altri col fondo salva-Stati”.
Si tratta di un’affermazione sbagliata sotto diversi punti di vista.
Il Fondo Salva Stati
Il Meccanismo europeo di stabilizzazione (MES), comunemente noto come “fondo salva-Stati”, è stato istituito a ottobre 2012 come versione permanente del precedente meccanismo di stabilizzazione, il Fondo europeo di stabilità finanziaria (ESFS), che era temporaneo ed era stato creato a giugno 2010 per contrastare la montante crisi economica europea e la speculazione sui titoli del debito pubblico degli Stati membri.
Compito del MES è fornire assistenza finanziaria a quei Paesi dell’area euro che sono in crisi economica e che, senza un intervento, rischierebbero di minare la stabilità europea. Per fare questo ha disposizione una vasta gamma di strumenti: prestiti con programmi di aggiustamento macro-economico, acquisti sul mercato primario, acquisti sul mercato secondario, linee di credito cautelative, prestiti per la ricapitalizzazione indiretta di banche, e ricapitalizzazione diretta di istituti.
Di questi strumenti sono stati utilizzati solamente i prestiti con programmi di aggiustamento macro-economico, concessi a Grecia, Cipro, Irlanda e Portogallo, e prestiti per la ricapitalizzazione indiretta delle banche, concessi alla Spagna.
Il MES e l’ESFS (che non può concedere nuovi prestiti ma ancora sopravvive per gestire quelli già erogati) hanno insieme una “potenza di fuoco” di 700 miliardi di euro (704.798.700.000 per la precisione). Sono due enti legalmente distinti, ma sedi, personali e operazioni sono di fatto i medesimi.
Da quando sono operativi hanno erogato 254,5 miliardi di euro (ai cinque Paesi sopra citati). Tutti i Paesi tranne la Grecia sono usciti dai programmi del MES dopo aver recuperato la propria stabilità finanziaria. Atene ha invece ancora in corso un programma, l’unico appunto ancora attivo, con un prestito da 86 miliardi di euro.
Possiamo dunque già dire che l’affermazione di Salvini è semplicistica, in quanto i miliardi del MES sono serviti a fermare la crisi che stava colpendo l’Europa, hanno fermato la speculazione sui titoli di Stato dei Paesi più indeboliti e riportato il rendimento dei titoli del debito pubblico a livelli sostenibili. Non solo, insomma, a “salvare le banche degli altri”.
Inoltre bisogna sottolineare che si tratta di prestiti, somme che una volta concesse – seppur a tassi di interesse più bassi rispetto a quelli che avrebbe imposto il mercato – sono anche destinate a tornare indietro.
Il contributo dell’Italia
Ma veniamo a quanto ha contribuito l’Italia al MES. In base al trattato istitutivo del fondo salva-Stati l’Italia, in quanto terza economia del continente, è il terzo contributore, dietro a Germania e Francia. Ha sottoscritto una percentuale del 17,7917 sul totale, equivalente a 125 miliardi e 395,9 milioni.
In larga parte non si tratta di miliardi già versati, ma di garanzie che l’Italia ha sottoscritto in caso di futura ed eventuale necessità. I miliardi di euro versati, grazie a un corrispondente aumento del debito pubblico, ammontano – secondo l’ultimo bollettino di Banca d’Italia – a 14,331.
Non è chiaro dunque da dove Salvini ottenga la cifra di 63 miliardi.
Anche sommando ai miliardi versati al Fondo Salva Stati – di cui parla il segretario del Carroccio – quelli dati in forma di prestiti bilaterali o di prestiti tramite il EFSF ad altri Stati europei (la cifra si trova sempre nel bollettino di Banca d’Italia) si arriva a un totale di 58,232 miliardi. Una cifra simile ma comunque diversa da quella menzionata da Salvini.
Il costo reale per l’Italia
Possiamo dire allora che finora l’Italia ha contribuito al MES con 14,331 miliardi, ma che trattandosi di un prestito è anche previsto che vengano restituiti con gli interessi.
Tuttavia è possibile, come argomenta su economiaepolitica.it la ricercatrice Istat Monica Montella, che un costo per l’Italia comunque ci sia.
Il debito pubblico che l’Italia emette per finanziare i contributi al MES ha degli interessi passivi (che variano di anno in anno). Cioè l’Italia deve poi pagare dei soldi in interessi a chi acquista i suoi BTP e simili. Questi soldi che escono dalle casse dello Stato possono essere di più rispetto a quelli che l’Italia incassa partecipando alla spartizione dei guadagni realizzati dal MES (i dividendi).
Più è basso il rendimento dei nostri titoli del debito pubblico e maggiori sono i dividendi realizzati dal MES, ovviamente, più è conveniente la partecipazione dell’Italia al MES (o “meno sconveniente”, considerato comunque che si tratta di un meccanismo di solidarietà europea verso Paesi in difficoltà).
Secondo il calcolo della Montella relativo al 2013, quando il rendimento dei titoli decennali del debito era più alto di adesso (selezionare l’opzione 5Y sul grafico per vedere l’andamento negli ultimi 5 anni), il costo finale era comunque molto inferiore rispetto a quanto ipotizzato da Salvini, non arrivando nemmeno ai 200 milioni di euro.
Conclusione
Salvini fa un’affermazione scorretta sotto diversi aspetti. In primo luogo la cifra di 63 miliardi non trova riscontro. Quelli effettivamente versati sono 14,331, non provengono dal prelievo fiscale ma da un aumento consentito del debito pubblico (ad oggi ammonta a 2.289,693 miliardi di euro).
Inoltre si tratta di prestiti destinati ad essere rimborsati (si aggiunga che nessuno dei cinque Stati beneficiari è andato in default, anzi, tutti tranne la Grecia sono usciti con successo dai programmi MES) e che nel frattempo producono dividendi. È vero, tuttavia, che a seconda del rendimento sui titoli del debito pubblico italiano l’operazione possa essere sconveniente (in un periodo di rendimenti alti come il 2013 si trattava comunque di meno di 200 milioni di euro).
Infine è sbagliato sostenere che tali miliardi siano stati usati “per salvare le banche degli altri”. Sono stati infatti utilizzati per evitare il default di intere economie – con imprevedibili effetti a catena sul resto d’Europa – e per sostenere Stati in difficoltà (Irlanda, Portogallo, Spagna, Cipro e Grecia).
Ovviamente ne ha beneficiato, più o meno direttamente nel caso della Spagna e indirettamente negli altri, anche il sistema bancario. Ma non si tratta né dell’obiettivo perseguito né del risultato ottenuto dal fondo salva-Stati.
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