In un articolo del Guardian del 7 settembre vengono riportate una serie di affermazioni del ministro dell’Interno, Marco Minniti, a proposito del tema migranti. Abbiamo sottoposto al nostro fact-checking le più significative.
Il calo degli sbarchi
Prima di tutto, verifichiamo la premessa da cui parte lo stesso quotidiano britannico: la diminuzione degli sbarchi. Il Guardian riporta un calo dell’87% nel mese di agosto rispetto all’anno precedente.
Il dato, in base al report del Viminale più recente (6 settembre), è leggermente impreciso: ad agosto 2016 sbarcarono 21.294 persone in Italia, ad agosto 2017 3.914. La differenza (17.380) rappresenta l’81,6%.
In generale il calo degli sbarchi dal primo gennaio al 6 settembre 2017, rispetto allo stesso periodo del 2016, è del 18,54%. Siamo passati infatti da 122.607 persone sbarcate a 99.874.
La situazione in Libia
Spiegando la necessità di trovare un interlocutore in Libia, e la difficoltà nel farlo, Minniti ha fatto un paragone con la Turchia, altro Paese che era di passaggio del flusso migratorio e con cui la Ue ha siglato un accordo per sigillare la rotta balcanica.
Minniti ha dichiarato: “In Turchia, durante la crisi migratoria che la interessava, c’era un leader forte con cui lavorare – anche troppo forte. In Libia era l’opposto”.
L’affermazione del ministro dell’Interno è corretta.
Per quanto interessata da una involuzione autocratica sotto la presidenza Erdogan, in particolare dopo il fallito golpe del luglio 2016, la Turchia ha un governo centrale stabile che è in grado di esercitare il controllo all’interno del Paese.
La Libia, al contrario, è un Paese ancora gravemente frammentato. Non ci sono solo i due governi “rivali” di Fayez al Sarraj (quello riconosciuto dalla comunità internazionale), in Tripolitania, e del generale Khalifa Haftar, in Cirenaica. Vaste aree di territorio libico sono controllate da milizie e tribù locali, ed è forte l’ingerenza di Paesi stranieri con interessi e ambizioni in conflitto.
Gli accordi presi con il solo governo di Tripoli non hanno quindi speranza di essere fatti rispettare nell’intero territorio nazionale.
Il ruolo della Guardia costiera libica
Minniti afferma poi che “se guardiamo ai risultati, la Guardia costiera libica ha salvato più di 13 mila persone. Numeri che a inizio anno sarebbero stati assolutamente impensabili”.
Il numero, in base a quanto si legge nell’ultimo aggiornamento dell’Unhcr del 31 agosto, è leggermente impreciso.
Secondo l’agenzia Onu che si occupa di rifugiati, con le operazioni del 28 e 29 agosto “il numero totale di rifugiati e migranti salvati/intercettati dalla Guardia costiera libica nel 2017 ha raggiunto i 10.485 individui”.
Anche considerando che nei giorni successivi al 29 agosto si sono registrati altri interventi della Guardia costiera libica, che hanno interessato alcune centinaia di migranti, il totale dovrebbe restare intorno agli 11 mila individui. Meno dei 13 mila e passa citati da Minniti.
Sembra poi scorretto presentare il risultato come qualcosa di eccezionale.
Sempre nel report dell’Unhcr aggiornato al 31 agosto, si legge che i 10.485 individui “salvati” nei primi otto mesi del 2017 rappresentano “un incremento del 3,7% se confrontiamo il dato con quello dello stesso periodo del 2016 (10.091)”. Insomma, non un aumento “impensabile”.
Infine è importante sottolineare come l’Unhcr parli di individui “salvati/intercettati”: nel totale non rientrano solo quelle persone la cui imbarcazione stava affondando o si trovava altrimenti in pericolo, ma anche quelle che avrebbero teoricamente potuto raggiungere l’Italia sui barconi e che sono state invece bloccate e riportate a terra.
Il legame inesistente tra migrazione e terrorismo
Infine Minniti tocca anche la questione del terrorismo, dicendosi convinto che “non c’è equazione tra immigrazione e terrorismo. Questo è un errore di approccio, ma se guardiamo a quanto accaduto in Europa si può dire che c’è una correlazione tra terrorismo e mancata integrazione”.
È un tema di cui ci siamo già occupati in passato, quando avevamo riscontrato che 19 terroristi su 21 – di quelli responsabili degli attentati in Europa da Charlie Hebdo in avanti – erano cittadini europei, uno viveva comunque da oltre 10 anni in Francia (Mohammed Lahouaiej-Bouhel, l’attentatore di Nizza) e uno era arrivato invece come migrante (Anis Amri, l’attentatore di Berlino).
Anche aggiornando la verifica alle ultimi episodi di terrorismo (Stoccolma, Manchester, Londra e Barcellona), l’affermazione di Minniti resta sostanzialmente corretta: i terroristi, ad eccezione dell’uzbeko che ha colpito in Svezia, erano tutti cittadini europei o stranieri regolarmente residenti da anni.
Se avete delle frasi o dei discorsi che volete sottoporre al nostro fact-checking, scrivete a dir@agi.it