Il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha dichiarato, lo scorso 15 luglio alla quinta edizione della festa di Left Wing, che “l’Italia è uno degli Stati che in Europa hanno abbattuto in maniera maggiore la spesa primaria”.
L’aumento della spesa pubblica
Se prendiamo in considerazione i mancati aumenti, più che i tagli, della spesa pubblica si tratta di un’affermazione sostanzialmente corretta. In base al rapporto "La nuova governance della spesa pubblica", curato da un gruppo di lavoro di Assonime (l’associazione delle società per azioni italiane) coordinato dall'economista Innocenzo Cipolletta, risulta che in Italia “i tassi di crescita della spesa pubblica primaria [cioè al netto degli interessi ndr.] sono stati nettamente inferiori alla media degli altri Paesi. In particolare, nel periodo 2009-2016 la spesa primaria in Italia è cresciuta complessivamente del 3,8 per cento a fronte di un aumento medio UE del 12,8 per cento”.
Come si legge ancora nel rapporto, “a questi risultati ha contribuito sia il contenimento del tasso di crescita nominale della spesa corrente primaria (4,3 per cento nel 2000-2009, 1,1 per cento nel 2010-2014) sia la drastica riduzione della spesa pubblica per investimenti, che è passata da un tasso di crescita nominale positivo del 5,2 per cento medio annuo nel periodo 2000-2009 a tassi negativi (-7,3 per cento nel 2010-2014). Come evidenziato da un recente rapporto della Cassa Depositi e Prestiti, la spesa per infrastrutture si è poi ridotta da 26 miliardi di euro nel 2007 a 19 miliardi di euro nel 2015”.
Guardando i numeri della spesa primaria pro capite 2006-2016, cioè la spesa pubblica al netto degli interessi, risulta che “l’Italia è sostanzialmente in linea con il livello medio della UE (12.130 euro rispetto a 11.948 euro). Il livello è sensibilmente inferiore non solo a quello dei Paesi nordici, ma anche a quelli della Francia (16.714€), della Germania (14.270€) e del Regno Unito (13.851€)”.
Si può dunque dire che Padoan abbia ragione, se prendiamo in considerazione la riduzione del tasso di aumento della spesa pubblica in un arco temporale piuttosto vasto. Se invece prendiamo in considerazione la “spending review” degli ultimi anni, il discorso cambia.
La spending review
Come evidenziato dall’ex commissario alla spending review, l’economista Roberto Perotti, lo scorso 16 luglio sulle colonne di Repubblica, “se sommiamo tutti i capitoli di spesa del bilancio che sono diminuiti per intervento governativo o parlamentare fra il 2014 e il 2017 otteniamo la cifra complessiva di 40 miliardi di euro […]. Senonché nello stesso periodo il governo o il Parlamento hanno anche aumentato capitoli di spesa per una cifra complessiva praticamente identica, 40 miliardi (al netto della spesa per gli 80 euro, di circa 9 miliardi). Il risultato netto è una riduzione di soli 772 milioni di euro”.
Un problema, questo, che avevamo anche noi affrontato in precedenza, giungendo alla conclusione che con gli ultimi governi, Renzi e Gentiloni, non ci fosse stato alcun “taglio” di 30 miliardi di euro all’anno di spesa, ma una semplice riallocazione delle stesse risorse o quasi.
Avevamo infatti verificato sul sito del Mef, nella tabella a pagina 4 del documento redatto dalla Ragioneria generale dello stato (‘La Manovra di Finanza Pubblica per il 2016-2018’), che per l’anno 2016 la cifra totale della ‘variazione netta delle spese’ era stata pari appena a 360 milioni di euro, di cui 41 di spesa corrente e 319 di spesa in conto capitale.
Anche secondo il DEF 2017, dagli 825,4 miliardi di uscite pubbliche del 2014 si è passati a 830,1 nel 2015, a 829,3 nel 2016 e per il 2017 è previsto un totale di 826,9 miliardi di euro. Una riduzione, qualora si avverasse, di soli 2,4 miliardi di euro.
Conclusioni
Si può dunque dire che a livello generale Padoan abbia ragione: l’Italia è uno dei Paesi in Europa che più ha contenuto l’aumento della spesa pubblica (complice anche la necessità di rispettare i parametri europei, in un momento in cui il tasso di crescita del Pil italiano è tra i più bassi dell’Ue). Tuttavia la “spending review” negli ultimi anni è stata orientata dal governo più a riqualificare la spesa che non a ridurla.
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