Enrico Rossi, presidente della Regione Toscana ed esponente di “Articolo 1 – Movimento Democratici e Progressisti” (Mdp) che raggruppa i fuoriusciti dal Pd ed altri, ha scritto su Facebook lo scorso 9 marzo: “Questa flat tax per cui se sei uno straricco e prendi la residenza in Italia te la cavi con 100.000 euro all'anno, a prescindere, è un cedimento grave e pericoloso rispetto a un principio costituzionale”.
Di cosa stiamo parlando
Cos’è innanzitutto la “flat tax”? Introdotta con la legge di bilancio 2017, si tratta di un’imposta sostitutiva sui redditi prodotti all’estero per gli stranieri che intendono trasferire la loro residenza in Italia.
L’opzione prevede il pagamento di una tassa forfettaria di 100 mila euro per ciascun periodo di imposta (un anno solare) per cui viene esercitata e ha lo scopo di “attrarre ed incentivare il trasferimento della residenza nel nostro Paese degli High net worth individual”, come si legge nel relativo comunicato dell’Agenzia delle Entrate, ossia delle persone con un alto patrimonio.
Si può usufruire della “flat tax” per un massimo di 15 anni e si deve avere lo status di non residente in Italia per un tempo almeno pari a nove periodi di imposta nel corso dei dieci precedenti l'inizio di validità dell'opzione (per evitare le "uscite e rientrate" di comodo per sfruttare questa agevolazione).
L’espressione “flat tax”, usata sia dall’Agenzia delle Entrate che dal Governo, potrebbe non essere poi del tutto corretta. Come spiega ad esempio un articolo del Post, la flat tax “indica un’imposizione sul reddito formata da una sola aliquota. La nuova imposta per stranieri è invece un’imposta capitaria”, cioè un’imposta a somma fissa e eguale per tutti i contribuenti. Per semplicità, comunque, continueremo a chiamare questa misura “flat tax”.
Enrico Rossi ospite di Viva l'Italia - VIDEO
Le critiche di incostituzionalità
Al di là della forma, è la sostanza del provvedimento che suscita le maggiori critiche. Rossi lamenta un cedimento rispetto a un principio costituzionale, in particolare quello sancito dall’articolo 53. In base ad esso “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”.
Guardando la lettera dell’articolo 53, che non limita la sua previsione ai “cittadini” come altre norme costituzionali ma a “tutti”, sembra che la nuova misura sia in effetti a forte rischio di incostituzionalità.
Tanto più che riguarda il reddito individuale degli stranieri. Come ha stabilito la Corte Costituzionale in una sentenza del 1966, da un lato “la norma costituzionale non vieta che i singoli tributi siano ispirati a criteri diversi da quello della progressività, si limita a dichiarare che il sistema tributario deve avere nel suo complesso un carattere progressivo”, ma dall’altro “il principio della progressività, che presuppone un rapporto diretto fra imposizione e reddito individuale di ogni contribuente, è applicabile alle imposte personali”. Dunque anche il reddito individuale degli stranieri sembrerebbe dover soggiacere a tale criterio di progressività.
Questa stessa giurisprudenza è stata ribadita anche in sentenze successive, ad esempio la n.159 del 1985.
Ci sono argomenti anche a favore della perfetta costituzionalità della norma, naturalmente. Da un lato, si può pensare che i tecnici dei ministeri abbiano tenuto conto del problema, prima di dare il via libera alla legge. Dall’altro, c’è da considerare che la “flat tax” riguarda solo i redditi prodotti all’estero. I redditi prodotti in Italia, l’Iva e gli altri tributi verrebbero regolarmente pagati da questi nuovi residenti.
Il parere del costituzionalista
Sulla questione abbiamo sentito Vittorio Angiolini, avvocato costituzionalista e professore di diritto costituzionale, nel 2009 candidato alla segreteria del Pd lombardo (con la mozione Marino). Secondo il professor Angiolini, "il rischio di incostituzionalità dipende, oltre e forse più che dalla violazione dell’articolo 53 da quella dell’articolo 3, che sancisce il principio di eguaglianza. La “flat tax” sembra infatti discriminare i contribuenti meno facoltosi. Con un meccanismo rozzo quale l’imposizione di una soglia fissa [i 100 mila euro ndr.] si discrimina chiunque non guadagni abbastanza da trarne vantaggio e si favoriscono invece i più ricchi. Arriviamo al paradosso della regressività in luogo della progressività: tanto più guadagna il contribuente, tanto più avrà vantaggio economico, rispetto alla soglia di 100 mila euro, ad utilizzare la “flat tax”. In questo modo lo Stato abdica al suo ruolo di Stato e diventa come un’impresa, che concorre con altri Stati-imprese per attrarre capitali".
Le ragioni a favore del provvedimento
Il cedimento rispetto a un principio costituzionale sembra dunque “grave”, come sostiene Rossi, anche se forse coinvolge più l’articolo 3 che non il 53 citato dal presidente della Regione Toscana.
Più dibattuto che esso sia “pericoloso”. Alla visione di chi, come Angiolini, paventa il rischio di una lesione del concetto stesso di Stato, si oppone quella di chi sottolinea la necessità per l’Italia di competere con altri Paesi.
Anche all’interno dell’Unione europea ci sono infatti diversi Stati che fanno concorrenza agli altri utilizzando la leva fiscale (Malta, Lussemburgo e Irlanda ad esempio); si tratta, fra l’altro, degli stati che hanno la crescita percentuale del Pil tra le più alte d’Europa.
Non solo. Secondo quanto dichiarato alla Stampa da Stefano Loconte, consulente della Commissione Finanze alla Camera dei Deputati per le tematiche fiscali e tributarie, la flat tax che è entrata in vigore in Italia “mutua un sistema che è adottato non solo nel Regno Unito, ma in molti altri Stati: Malta, Portogallo, Spagna”.
Lo stesso Matteo Renzi, ospite di Porta a Porta, aveva detto a Bruno Vespa: “la battaglia europea sarà importantissima. Le sembra normale che alcuni Paesi che ci fanno la morale abbiano regimi fiscali quasi da paradiso fiscale? L’Unione fiscale è un grande tema”.
A giudicare dalla “flat tax”, sembra che l’Italia intenda combattere questa battaglia con un gioco al ribasso rispetto alle peggiori pratiche diffuse in seno alla Ue. Ma è anche comprensibile che, in assenza dell’unione fiscale auspicata da Renzi per uniformare i regimi tributari dei vari Paesi membri e impedire la concorrenza tra ordinamenti fiscali, Roma non voglia rinunciare a una possibile leva per aumentare le risorse a disposizione dello Stato.
Altre critiche
Alcune critiche di inefficacia rivolte al provvedimento, come quella di Carla Ruocco (M5S), hanno però mancato il bersaglio. La Ruocco in un’intervista all’Huffington Post sostiene: “Perché un ricco dovrebbe venire in Italia e mettere a disposizioni fondi per avviare un’attività quando finanziarla è più costoso che in Germania per via dello spread? Finanziare la manifattura in Italia costa più caro. Se a questo aggiungiamo la burocrazia e una giustizia lenta direi che stiamo assistendo a una missione impossibile”.
Ma, come sottolineato prima, la cosiddetta “flat tax” si applica solo ai redditi prodotti all’estero. Dunque non si tratta di un incentivo per i ricchi a trasferire le proprie attività in Italia, quanto solo la propria residenza, potendo approfittare di un regime fiscale vantaggioso sui redditi personali.
E si torna al principale problema di questa nuova imposta. Visto che discrimina i contribuenti meno abbienti e oltretutto riguarda un reddito personale c’è il rischio – anche se non si può avere la certezza, in assenza di una sentenza della Consulta – che sia in contrasto con la Costituzione italiana.