Roma - La Nato avverte il presidente eletto statunitense, Donald Trump, che malgrado la loro immensa potenza gli Stati Uniti non possono affrontare da soli le sfide alla sicurezza a cui l'Occidente dovrà far fronte e che solo uniti all'Europa riusciranno a farcela.
Questo il messaggio inviato dal segretario generale dell'Alleanza Atlantica, Jens Stoltenberg a Trump in un articolo pubblicato sul britannico Observer, la versione domenicale del Guardian. Il tutto mentre lo stesso presidente Barack Obama ha esortato il suo successore a sfuggire alla tentazione dell'isolazionismo. La preoccupazione del resto è comune a molti in Europa dopo le ripetute minacce di Trump in campagna elettorale che da presidente non si sarebbe sentito vincolato dall'art. 5 della Carta costitutiva della Nato che obbliga tutti i 28 Paesi membri a reagire nel caso di attacco ad uno solo di loro; e l'unico caso in cui, peraltro, tale principio è stato invocato è stato dopo l'attacco dell'11 settembre 2001 quando la Nato spedì migliaia di soldati in Afghanistan per aiutare Washington nella lotta contro al Qaeda e i talebani.
NUOVE PROTESTE
Intanto comincia la quinta giornata di proteste anti-Trump dopo che sabato migliaia di persone si sono riversate nelle strade delle principali città americane, da New York a Los Angeles, per manifestare il proprio scontento per il risultato elettorale. Le proteste sono state in gran parte pacifiche, ma ci sono stati arresti per scontri con la polizia.
E a Portland, in Oregon, un uomo è rimasto ferito da un colpo di arma da fuoco; sparatoria per cui 4 sospetti, probabilmente membri di una banda criminale, sono stati fermati dalla polizia. Il cuore delle manifestazioni contro il presidente eletto è stato New York dove circa 15.000 persone si sono riunite a Union Square per marciare verso la Trump Tower, il quartier generale del prossimo inquilino della Casa Bianca che continua ad essere super-blindato. Il leitmotiv della marcia è stato "Trump is not my president" ("Trump non è il mio presidente"). Inatteso fuoriprogramma, il regista Michael Moore si è presentato nella hall del grattacielo dove vive il presidente eletto con la sua famiglia e ha tentato di farsi ricevere. A Chicago, la città del presidente Barack Obama, diverse migliaia di persone sono sfilate per la strada inneggiando slogan come "No all'odio. No alla paura. I migranti sono benvenuti". Spostandoci in California a Los Angeles centinaia di manifestanti si sono riuniti al MacArthur Park per marciare verso il centro della città. MacArthur Park è stato il centro delle proteste degli ultimi giorni. Quasi 200 persone sono state fermate dopo essersi rifiutati di obbedire all'ordine di disperdersi intimato dalla polizia.
"ANDARE DA SOLI NON E' UN'OPZIONE", AVVERTE NATO
L'Occidente è dinanzi la "sfida maggiore da generazioni", avverte il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg: "Andare da soli non è un'opzione, nè per l'Europa nè per gli Stati Uniti". E ricordando volutamente il sangue versato dai Paesi alleati quando accorsero in aiuto degli Stati Uniti, all'indomani dell'attacco alle Torri Gemelle, avverte che "invece di approfondire le divergenze tra i 28 Paesi alleati, è ora arrivato il momento di "coltivare ciò che unisce" sotto "una forte leadership statunitense".
HILLARY CLINTON ACCUSA, "TUTTA COLPA DI COMEY"
La candidata democratica alla Casa Bianca è tornata a far sentire la sua voce e, in una conference call con i suoi donatori, ha puntato l'indice contro il direttore dell'Fbi, James Comey, ritenendolo responsabile della sua sorprendente sconfitta. Lo hanno raccontato ai media americani i partecipanti alla riunione. Hillary ha sostenuto che la lettera al Congresso, undici giorni prima del voto, la danneggiò pesantemente: Comey avvertiva che l'Fbi voleva tornare a esaminare la posta elettronica inviata dal server privato della Clinton quando era segretario di Stato; e i sondaggi -ha detto lei- crollarono. "La nostra analisi è che la missiva di Comey, seminando dubbi privi di fondamento, fermò il nostro slancio". Ma la lettera successiva, tre giorni prima del voto, in cui Comey annunciava di averla definitivamente discolpata, fu ancora più dannosa della prima, perché "rafforzò l'idea nei sostenitori di Trump che il sistema sia truccato".