di Cecilia Scaldaferri
Roma - A guardarlo non sembra minaccioso: un uomo di mezza età, biondo, pelle chiara e occhi azzurrissimi. Ma quando apre bocca, David Duke, mostra tutta la sua "anima nera". Dietro lo sbandierato desiderio di "sostenere i diritti dei bianchi" e "preservare l'eredità culturale europea", si cela un convinto antisemita con la passione per Adolf Hitler e Benito Mussolini. E' lui il protagonista del documentario di Riccardo Valsecchi, "The Nazi Hustle - L'anima Nera di Donald Trump", da oggi nelle sale cinematografiche italiane, alla vigilia delle elezioni presidenziali americane che vedono Donald Trump e Hillary Clinton darsi battaglia.
CHI E' DAVID DUKE
Ex Gran Maestro del Ku Klux Klan, fautore del suprematismo bianco, convinto dell'esistenza di un complotto giudaico-massonico per governare il mondo, Duke si è candidato per un seggio al Senato in Louisiana come Repubblicano, schierandosi pubblicamente con Trump. Un appoggio scomodo per il magnate newyorkese che ha preso le distanze, sconfessando più volte il sostegno del leader dei suprematisti bianchi. Niente di nuovo per Duke, abituato ad "avere tutti contro, dalle istituzioni ai media", come spiega orgoglioso alla telecamera di Valsecchi. Definisce la sua "una storia interessante", a cominciare dall'adesione al Klan a 17 anni; segue un turbolento periodo universitario alla Louisiana State University a Baton Rouge, dove si mette in mostra, fondando la White Youth Alliance, affiliata al Partito popolare nazionalsocialista bianco, e celebrando il compleanno di Hitler con indosso un'uniforme nazista. Non manca un arresto nel 1972 a New Orleans per incitamento a scontri. A metà degli anni '70 Duke tenta il grande salto in politica, candidandosi al Senato come Democratico, ma senza esito: è la prima di una lunga serie di campagne elettorali che gli alienano una parte dei sostegni nella destra radicale. Nel frattempo, lascia il Klan per fondare l'Associazione nazionale per l'avanzamento dei bianchi, sulla falsa riga degli attivisti per i diritti civili a sostegno della comunità afroamericana. Nel 1989 passa nelle file dei Repubblicani, e ottiene il primo (e finora unico) successo elettorale, conquistando un seggio alla Camera della Louisiana, che occupa fino al 1992. Fallimentari le successive candidature, osteggiate dallo stesso Partito Repubblicano, che non apprezza le sue posizioni oltranziste e chiaramente antisemite.
Delle sue inquietanti simpatie, Duke non ha mai fatto mistero, anzi. Negli anni però, affina le capacità oratorie e, senza modificare le sue intime convinzioni, si presenta "non come un fautore della supremazia ma come un sostenitore dei diritti dei bianchi", un garante della "eredità culturale europea", autore di due pamphlet autoprodotti, "Il mio risveglio" e "Suprematismo ebraico"."Cosa ha reso grande l'America? Non quello che hanno fatto i padri fondatori ma chi erano: è stata fondata come Repubblica Cristiana Bianca ed è così che è diventata grande", ha ricordato di recente, parafrasando lo slogan di Trump. Sostiene tesi esplosive, convinzioni incendiarie, parla alla pancia dell'America più profonda, risponde alla rabbia popolare, ma senza mai arrivare a incitare a commettere un'azione criminale. E' il comportamento denunciato dai diversi attivisti ed esperti nel corso del documentario, che puntano il dito contro quei "vigliacchi" che non mettono in pratica le loro idee ma le diffondono, fomentando e istigando intenzionalmente l'odio. In questo contesto, internet è una vera manna dal cielo. E' qui che Duke trova il suo spazio virtuale per fare proselitismo e raggiungere quanti più adepti possibili, padroneggiando gli strumenti della comunicazione 2.0 tanto da costruire nel tempo un impero mediatico. Apre la sua pagina web, carica video, lancia consultazioni online, partecipa a Stormfront, il popolare sito online fondato nel 1995 dal suo caro amico e sodale (nonché nuovo marito della sua ex moglie) Don Black, definito da alcuni attivisti "un crogiolo di odio criminale", con 300mila utenti registrati in tutto il mondo. Questa l'arena in cui schiera tutto il suo potenziale, una volta tornato negli Stati Uniti dopo aver passato alcuni anni in Europa. Nel dicembre 2002, infatti, viene condannato a 15 mesi di carcere per frode: aveva lanciato una campagna fondi sostenendo di essere sul lastrico e invece aveva usato i soldi donati dai sostenitori per investimenti e viaggi personali.
Uscito dal carcere in Texas, Duke arriva nel Vecchio Continente con l'obiettivo di creare una rete internazionale della destra estrema ed entra in contatto con organizzazioni e partiti ultra-nazionalisti, gruppi di neonazisti, negazionisti. Nel 2005 consegue un dottorato in Storia in un ateneo privato ucraino, visita Damasco dove ribadisce il suo "sostegno al popolo siriano" contro "i sionisti, gli unici che non vogliono la pace", partecipa a conferenze a Mosca, Teheran, Kiev, Praga, per poi trasferirsi nelle Alpi italiane, a Valle di Cadore. Da qui viene espulso nel 2013, in base a un decreto delle autorità svizzere valido in tutta l'area Schengen. Tornato negli Stati Uniti, continua la sua battaglia per "raccontare la verità al mondo", nonostante "gli ebrei cerchino di zittirmi, grazie al potere che i sionisti hanno sul mondo, controllando le istituzioni finanziarie e bancarie, le istituzioni e i media". C'è "un complotto giudaico-massonico" in atto ma "l'importante è che io ho la verità e la sto svelando". In questo contesto, la candidatura del magnate newyorkese arriva come un segnale e Duke si candida al Senato, convinto sostenitore del candidato Repubblicano. "Trump parla spesso di cose che io dico da anni", spiega, senza nascondere una certa supponenza. Il suo appoggio però crea fastidio a un candidato repubblicano perennemente sotto tiro per le frasi sessiste e ingiuriose, gli attacchi razzisti contro le minoranze, le dichiarazioni false e le accuse di molestie. Ma di questo Duke non se ne cura. (AGI)