AGI - I ribelli siriani hanno preso il controllo di un territorio strategico nel nord ovest del Paese con un'offensiva diretta a colpire l'esercito siriano di Bashar Al Assad e le milizie filo iraniane sciite alleate. L'operazione lanciata da gruppi guidati da Hayat Tahrir Al Sham (HTS) al regime di Damasco è stata definita una "risposta all'aggressione" ed è partita dalla provincia di Idlib, a circa 10 km a ovest dalla città di Aleppo ed è fino a ora costata la vita ad almeno 142 combattenti. Idlib è una provincia del nord ovest della Siria controllata dai ribelli, dove sono presenti anche alcuni presidi dell'esercito turco. Ankara ha infatti interesse a evitare massicci bombardamenti sui civili da parte dell'esercito siriano sostenuto dalla Russia. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan non vuole flussi di profughi al confine. Ankara da anni sostiene l'Esercito Libero siriano e in base alle informazioni disponibili alcuni uomini delle milizie vicine alla Turchia si sarebbero uniti all'operazione; tuttavia, da quanto emerge, il governo turco ha cercato fino all'ultimo di evitare scontri in una regione gia' in fiamme. In base a un accordo siglato nel 2019 Damasco e Mosca si impegnano a non bombardare Idlib. Tuttavia, gli attacchi su piccola scala non sono mai cessati. Secondo quanto reso noto dall'organizzazione White Helmets, nell'ultimo anno vi sono stati 900 attacchi, almeno 80 civili sono rimasti uccisi, migliaia gli sfollati e Damasco ha conquistato territorio. L'operazione di ieri e' stata lanciata proprio con l'obiettivo di respingere gli uomini di Assad.
La scarsa resistenza incontrata ha però dato coraggio ai ribelli favorendone l'avanzata. "Abbiamo conquistato aree strategiche, usate da forze siriane e iraniane per colpire il nostro territorio. Vogliamo che la gente torni alle proprie case", ha dichiarato a Middle East Eye uno dei capi dei ribelli, Hassan Abdul Ghani. Quest'ultimo ha rivendicato la distruzione di 12 carri armati, la conquista della Base46 dell'esercito di Damasco e delle città di Urem al-Kubra e Andzara, oltre a decine di villaggi. Un'avanzata che ha colpito anche l'Iran. Un brigadiere generale dei pasdaran, Kioumars Pourhashemi, è rimasto ucciso; della sua morte i media iraniani hanno accusato "terroristi vicini a Israele". La zona teatro dell'avanzata dei ribelli era stata sotto il controllo del gruppo Nour al-Din al Zenki fino al 2019, quando hanno prevalso i ribelli di HTS. Questi ultimi hanno poi perso terreno gradualmente a favore dell'esercito siriano, grazie al sostegno garantito da Mosca e da milizie sciite legate all'Iran e ad Hezbollah.
Gli sviluppi degli ultimi mesi, la guerra a Gaza e in Libano, ma soprattutto i duri colpi inferti da Israele all'Iran e a Hezbollah hanno mutato però gli equilibri e posto le condizioni ideali all'attacco di HTS. Con la Russia impegnata in Ucraina, Iran ed Hezbollah fortemente indeboliti, l'esercito siriano non è in grado di mantenere il controllo del territorio. I dubbi sul futuro della Siria ora si addensano su Aleppo: centro nevralgico, antica città situata ad appena 60km dal confine turco. È Aleppo l'obiettivo dei ribelli, la città che i gruppi ostili ad Assad da sempre vogliono proclamare nuova capitale. Una città' che senza l'intervento di Russia e Iran sarebbe già sotto il controllo dei ribelli e che ora senza l'intervento degli alleati, Assad è destinato a perdere. Prima dell'inizio della guerra Aleppo aveva una popolazione di tre milioni di persone ed era il motore economico del Paese. Nonostante oggi gran parte della città sia in rovina e tantissimi abitanti siano fuggiti in Turchia o altre parti della Siria, Aleppo rimane una città strategica il cui futuro determinerà il futuro della Siria.