AGI - Dazi, commercio estero, Federal Reserve, tasse. La vittoria di Donald Trump porterà con sé, molto probabilmente, una serie di cambiamenti sul fronte dell'economia statunitense che avranno riflessi importanti anche a livello internazionale. Trump raccoglie i frutti di un'economia solida, con una forte crescita, un basso livello di disoccupazione e un'inflazione che sta raggiungendo l'obiettivo del 2% posto dalla Fed, dopo anni di tassi d'interesse piuttosto sostenuti. Eppure gli elettori hanno manifestato disagio per il costo della vita a causa dell'impennata dell'inflazione dopo la pandemia di Covid, che ha fatto schizzare i prezzi al consumo di oltre il 20%. Ecco nel dettaglio i punti salienti in un'analisi dell'Afp.
- DAZI, "PAROLA CHE RENDERÀ DI NUOVO RICCO IL NOSTRO PAESE"
Durante la campagna elettorale, il neo presidente ha dichiarato che avrebbe introdotto tariffe sulle importazioni tra il 10% e il 20%, con l'obiettivo di rimpinguare le entrate, difendere le industrie nazionali e riportare posti di lavoro negli Stati Uniti. Inoltre, ha minacciato di imporre dazi del 60% sui prodotti cinesi e addirittura del 200 sulle auto prodotte in Messico. In una recente intervista alla Fox News ha dichiarato che per lui "la parola 'dazio' è molto bella. Una parola che renderà di nuovo ricco il nostro Paese".
Come ha dichiarato all'Afp Kimberly Clausing, ricercatrice presso il Peterson Institute for International Economics (Piie), Trump "non ha mai fatto mistero di essere innamorato delle tariffe in quanto strumento politico". Le politiche dei dazi, se applicate, avranno sicuramente un impatto significativo sul commercio statunitense e internazionale, condizionando il flusso delle merci e rimodellando i rapporti economici internazionali. Tuttavia, secondo l'organizzazione no profit Tax Foundation, le scelte tariffarie potrebbero colpire anche le aziende e i consumatori statunitensi. Pur incrementando le entrate, potrebbero far aumentare le imposte societarie di 524 miliardi di dollari l'anno, contrarre il Pil dello 0,8% e l'occupazione di quasi 700mila posta di lavoro.
- FED, MAGGIORE CONTROLLO SULLA BANCA CENTRALE
Trump, inoltre, non ha fatto mistero di voler avere maggiore voce in capitolo in materia di tassi d'interesse, che ad oggi sono fissati in maniera del tutto indipendente dalla banca centrale statunitense.
- IMMIGRAZIONE, "DEPORTARE CHI È SENZA DOCUMENTI"
Il prossimo inquilino della Casa Bianca ha più volte affermato di voler "deportare" milioni di lavoratori clandestini. Secondo gli economisti del Piie, l'effetto combinato di innalzamento dei dazi, deportazione di massa di lavoratori clandestini e maggiore controllo sulla politica della Fed taglierebbe la produzione economica degli Stati Uniti tra il 2,8% e il 9,7% in termini reali entro la fine del suo mandato nel 2028. Anche l'occupazione ne risentirebbe, così come potrebbe riaccendersi l'inflazione, raggiungendo, nello scenario peggiore, un picco del 9,3%.
- TASSE, "ESTENDERE I TAGLI FISCALI DEL 2017"
L'organismo indipendente Committee for a Responsible Federal Budget stima che l'agenda economica di Trump, nello scenario peggiore, potrebbe far aumentare il debito pubblico fino a 15mila miliardi di dollari in un decennio. Parte non trascurabile deriverebbe dalla proposta di Trump di estendere i tagli fiscali del 2017, in scadenza il prossimo anno. Questa misura, tuttavia, dovrebbe passare al vaglio del Congresso, ma, a differenza del Senato, il controllo della Camera rimane incerto.
I Democratici hanno già fatto sapere che diverse parti di questi piani non riceverebbero il loro supporto qualora dovessero riconquistare la Camera. Secondo quanto dichiarato all'Afp da Margot Crandall-Hollick, ricercatrice all'Urban-Brookings Tax Policy Center, "la presidenza Trump con ogni probabilità darà benefici molto limitati, se non nulli, alle fasce a basso reddito", anche per via dell'aumento del costo della vita che deriverebbe dall'aumento dei dazi.