AGI - Alta tensione nel nord di Israele dove ci sono stati sette morti a causa del lancio di razzi e colpi di mortaio dal Libano. Due gli attacchi mortali, il primo in tarda mattinata vicino Metula, mentre il secondo nel pomeriggio nei pressi di Kiryat Ata, nella zona di Haifa. Le vittime stavano tutte lavorando nei campi: si tratta di un israeliano e quattro braccianti thailandesi nel primo attacco, e di una donna di 60 anni e del figlio di 20 nel secondo.
Sul fronte diplomatico, continua lo sforzo per raggiungere una tregua. In Israele sono arrivati gli inviati del presidente Usa, Brett McGurk e Amos Hochstein, che hanno incontrato il premier israeliano Benjamin Netanyahu. Quest'ultimo ha sottolineato loro che, rispetto a una qualsiasi tregua che possa essere raggiunta con Hezbollah, "la questione principale non sono le scartoffie per questo o quell'accordo, ma la determinazione e la capacità di Israele di garantirne l'applicazione e di prevenire qualsiasi minaccia alla sua sicurezza proveniente dal Libano". Secondo la stampa israeliana, che cita fonti governative, Washington è impegnata a mediare un piano che prevederebbe il ritiro dei combattenti del gruppo sciita filo-iraniano a nord del fiume Litani, l'uscita dal Libano dell'Idf con l'esercito libanese chiamato a vigilare il confine insieme all'Unifil per impedire ad Hezbollah di riarmarsi e riprendere posizione, mentre Israele manterrebbe il diritto di agire per autodifesa.
Nuovi raid sul Libano
Intanto proseguono i bombardamenti israeliani sul Libano: avvisi di evacuazione sono stati emessi per diverse aree nella zona di Tiro e della valle della Beqaa, tra cui il campo profughi palestinese di Rashidieh. Sono seguiti raid dei caccia, che hanno colpito anche la città industriale di Qusayr, in Siria, vicino al confine libanese. Cinque i morti, ha riferito l'Osservatorio siriano per i diritti umani, mentre l'Idf ha confermato di aver attaccato depositi di armi e carburante, insieme al quartier generale della Forza Radwan di Hezbollah.
Quanto a Gaza, un alto esponente di Hamas, Taher al-Nunu, ha ribadito l'opposizione del gruppo militante palestinese a qualsiasi proposta di sospensione temporanea dei combattimenti, insistendo su un cessate il fuoco permanente: "L'idea di una pausa temporanea nella guerra, solo per riprendere l'aggressione in seguito, è qualcosa su cui abbiamo già espresso la nostra posizione. Hamas sostiene una fine permanente della guerra, non temporanea".
I colloqui di Doha
Nei giorni scorsi a Doha il capo del Mossad David Barnea, il direttore della Cia William Burns e il primo ministro del Qatar a Doha hanno discusso dell'ipotesi di una tregua di meno di un mese con uno scambio tra ostaggi israeliani e detenuti palestinesi e l'aumento degli aiuti a Gaza. Nunu ha detto che Hamas non ha ricevuto finora alcuna proposta, aggiungendo che se ricevesse un piano del genere, risponderebbe. Allo stesso tempo, ha ribadito le richieste ripetute in questi mesi dal gruppo: "Un cessate il fuoco permanente, il ritiro (delle forze israeliane) da Gaza, il ritorno degli sfollati, sufficienti aiuti umanitari alla Striscia e un serio accordo di scambio di prigionieri".
Sul tema è tornato a parlare Netanyahu che in un discorso ai soldati non ha voluto indicare "una data per la fine della guerra" ma ha ribadito che il governo ha "obiettivi chiari per la vittoria", sottolineando che "c'è un modo, c'è una direzione". "Abbiamo scelto di concentrarci inizialmente sul colpire militarmente Hamas a Gaza e di non dividere le nostre forze tra due fronti contemporaneamente. Dopo aver distrutto la forza di Hamas, abbiamo concentrato i nostri sforzi sul nord", ha aggiunto il capo di governo, sostenendo che Israele sta "cambiando la realtà strategica in Medio Oriente" ma è ancora "nell'occhio del ciclone".
Per Netanyahu, "gli accordi, i documenti, le proposte, i numeri 1509, 1701, tutto questo ha il suo posto, ma non è la cosa principale. La cosa principale è la nostra capacità e la nostra determinazione a far rispettare la sicurezza, a sventare gli attacchi contro di noi e ad agire contro l'armamento dei nostri nemici per quanto necessario, nonostante tutte le pressioni e le limitazioni"