AGI - Contro ogni regola basilare, non scritta ma collaudatissima. Uno scivolone che legittima l'uso smodato dell'insulto più paralizzante o, all'occorrenza, dell'espressione che può tagliare ogni discorso polemico: ok, boomer!
Che rivolto a qualcuno che possiede giornali, tv, e addirittura si è costruito una piattaforma social personale per dire la verità, nient'altro-che-la-verità-lo-giuro, suona alquanto eccentrico. Ma la regola è una, e una soltanto: non dire gatto! Anche se hai un sacco sconfinato. I dibattiti tv, ridotti ormai a pretesti per i second screen social, dovrebbero avere un regolamento inciso sulla pietra, per chi supera la sessantina e non ha i riflessi pronti quanto quelli della generazione Z.
Cat, tre lettere per sprofondare nei consensi del popolo web e dare la stura a una pop star, influencer da oltre 280 milioni di follower, come Taylor Swift, di scrollare la gallery dello smartphone, trovare la foto più 'gattosa' e tramortire un miliardario che si era messo in testa di fare il presidente degli Stati Uniti, e lo ha fatto.
Tre scivoloni con un gatto solo: sugli immigrati che li mangiano, sulle donne che li preferiscono ai figli, sui gattari social che qualunque cosa si dica sui felini, che non sia corredata da cuoricini e grattini in gif, sono pronti a scatenare la guerra termonucleare. The Donald voleva colpire Kamala Harris, ma ha mirato al gatto sbagliato.
Sarebbe bastato pescare in quel fantomatico pantheon che il tycoon attribuisce alla sua avversaria, per trovare l'immagine di un 'gattocomunista' come Lenin, e attirare nel bacino repubblicano qualunque americano medio cresciuto all'ombra della guerra fredda.
Taylor Swift spazza via in un post il sogno proibito di Trump che con un po' di intelligenza artificiale la spaccia per sua sponsor. Con un micione solo tocca tutti i temi della campagna Harris e spinge anche il vice Walz, mentre il felino con sguardo infido ribadisce il concetto cardine, intorno al quale ruotano milioni di like: non dire gatto.