AGI - La Giordania si avvia a un voto, il prossimo 10 settembre, nel pieno della grave crisi di un'area geografica su cui da ormai quasi un anno incombe la guerra fra Israele e Hamas, che coinvolge anche il vicino Libano e preoccupa il mondo intero. Si tratta per il primo appuntamento elettorale per il Paese da 11 milioni di abitanti da quando è stato varato un piano di modernizzazione delle regole politiche, nel 2021. La guerra, si ricorda in un'analisi del Washington Institute, ha avuto un impatto significativo sulla Giordania.
Fin dai primi giorni del conflitto, ormai 11 mesi fa, molti cittadini sono scesi in piazza e i manifestanti hanno spesso mostrato simboli di Hamas esprimendo sostegno al gruppo: il 66% in un sondaggio ha approvato l'attacco del 7 ottobre. Queste proteste hanno fornito una piattaforma ai partiti di opposizione, in particolare alle fazioni islamiste, per esprimere messaggi antigovernativi che prendevano di mira il trattato di pace del regno e i legami economici con Israele, e per chiedere la ripresa dei contatti ufficiali con Hamas, che sono stati di fatto vietati da quando il regno ha espulso i leader del gruppo nel 1999.
Inoltre, il conflitto ha esacerbato le sfide alla sicurezza e l'Iran emerge come una minaccia significativa per la stabilità del regno. La guerra ha colpito anche l'economia della Giordania. Già affetti da debolezze strutturali e non ancora completamente ripresi dall'impatto della pandemia di COVID-19, i settori chiave sono stati colpiti dalla crisi a Gaza. Ad esempio, il numero di turisti è diminuito del 10 percento nel primo trimestre di quest'anno, mentre il numero di container movimentati ad Aqaba, l'unico porto della Giordania, è diminuito del 20 percento a causa degli attacchi degli Houthi alle spedizioni nel Mar Rosso.
L'analisi del think tank americano ricorda anche che i giovani, che rappresentano il 45% dell'elettorato, sono stati particolarmente colpiti dalle conseguenze economiche della guerra. Le elezioni erano state concepite dal re Abdallah II come una dimostrazione della serietà della modernizzazione politica della Giordania, per contrastare i dubbi sulla riforma politica del regno.
Il piano di riforma prevede un processo graduale in tre cicli elettorali che culminerà in un parlamento composto da almeno il 65 percento di membri di partiti politici. Propone inoltre misure per aumentare la partecipazione di giovani, donne e minoranze e fornisce suggerimenti relativi al governo locale.
La rapida approvazione da parte del parlamento uscente di nuove leggi elettorali e sui partiti politici nel 2022 riflette la priorità accordata a questi cambiamenti dalla corte reale. Alcune delle modifiche chiave includono la creazione di un sistema ibrido che combina una lista nazionale con liste distrettuali, abbassando l’età minima per i candidati a venticinque anni e aggiungendo posti obbligatori per donne e giovani nelle liste dei partiti.
Le elezioni della prossima settimana rappresentano la prima fase del piano, con il 30 percento dei seggi (41 su 138) riservati ai partiti. I 31 partiti in lizza si possono dividere fra islamisti, fra i quali il più noto è Candidati alle elezioni sono presentati da 31 dei 38 partiti registrati; fra gli islamisti domina 'Islamic Action Front, fondato come braccio politico della Fratellanza Musulmana nel 1992. I partiti di sinistra sono invece un amalgama di fazioni socialiste e nazionaliste arabe, molte delle quali estensioni di partiti e movimenti panarabi transnazionali. Tutti questi partiti competono per i voti di un elettorato altamente scettico. In un sondaggio condotto a febbraio, solo il 34 percento ha espresso un'elevata o moderata fiducia nel parlamento e solo il 31 percento nei partiti politici. Un'altra incognita riguarda l'affluenza alle urne: nel 2020, ha votato solo il 29,9% degli aventi diritto.