AGI - Si intensificano gli sforzi diplomatici per evitare un allargamento del conflitto in Medio Oriente ma le armi continuano a non tacere. Almeno 15 persone sono state uccise negli attacchi israeliani a due scuole nel quartiere Shujaiyeh di Gaza City, e circa 30 sono rimaste ferite, riferiscono i servizi di soccorso palestinesi, secondo i quali i due edifici ospitavano sfollati. Diversa la versione delle forze armate israeliane, per le quali gli istituti erano covi di Hamas.
Nelle stesse ore è stata pubblicata un'intervista al Time di Benjamin Netanyahu nella quale il premier israeliano ha chiesto scusa per l'attacco del 7 ottobre, costato la vita a 1.200 persone, ma ha avvertito che ora è "il tempo della guerra". Solo dopo, quindi, sarà il momento per discutere a chi vadano attribuite le falle che permisero a Hamas di mettere a segno un colpo senza precedenti nella storia dello Stato Ebraico, che reagì poi con l'offensiva a Gaza, costata finora la vita a decine di migliaia di civili. Finora Netanyahu non si è mai ufficialmente assunto la responsabilità per quanto accaduto, a differenza dei vertici della sicurezza e dell'intelligence.
Il mondo resta con il fiato sospeso di fronte alla prospettiva di uno scontro militare diretto tra Israele e l'Iran, deciso a reagire dopo l'uccisione sul suo territorio del capo politico di Hamas, Ismail Haniyeh. Secondo il Wall Street Journal, gli Stati Uniti hanno contattato Teheran per dissuadere la Repubblica Islamica da un attacco che potrebbe costarle un "colpo devastante". In una dichiarazione congiunta con gli altri due mediatori, Egitto e Qatar, gli Stati Uniti hanno invitato Israele e il gruppo islamista palestinese Hamas a finalizzare con urgenza un accordo di cessate il fuoco in un incontro previsto per il 15 agosto a Doha o al Cairo, con l'obiettivo di attuarlo senza ulteriori ritardi.
Il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha avuto da parte sua un colloquio telefonico con il nuovo presidente iraniano Masoud Pezeshkian" e, si legge in una nota, "ha sottolineato la necessità di scongiurare un allargamento del conflitto in corso a Gaza, anche con riferimento al Libano, invitando l'interlocutore a evitare un'ulteriore escalation e a riaprire la via del dialogo".
Secondo i media israeliani, il timore di un allargamento della guerra alla Repubblica Islamica preoccupa lo stesso successore di Haniyeh, Yahya Sinwar, che, riferisce Channel 12, ha esortato i capi di Hamas fuori dalla Striscia a "perseguire un cessate il fuoco con Israele e a non aspettare la possibilità di una grave escalation tra lo stato ebraico e la repubblica islamica".
Del resto, aggiunge Channel 12, Sinwar sta subendo una notevole pressione dai suoi comandanti militari a Gaza e ha informato la leadership di Hamas in Qatar che nessuno di loro deve interferire con i colloqui sugli ostaggi, a parte il suo vice Khalil al-Hayya e Ghazi Hamad, che ha lasciato Gaza per Beirut poco prima dello scoppio della guerra. Secondo l'emittente Sinwar non è contento di essere stato scelto per sostituire Haniyeh come capo del politburo e ritiene che la nomina sia una trappola, poiché gli è stato dato il titolo senza la possibilità di svolgere i compiti dato che si nasconde sottoterra a Gaza. Di conseguenza, ciò consente ad altri vice all'estero con cui non è così vicino, come Zaher Jabarin, di diventare attori più importanti all'interno del gruppo terroristico.
Da segnalare, infine, le frizioni tra Tel Aviv e Oslo, che ha convocato l'inviato israeliano dopo la decisione dello stato ebraico di revocare lo status diplomatico ai rappresentanti della Norvegia presso l'Autorità nazionale palestinese (ANP). La misura era stata adottata in risposta alle misure "unilaterali e anti-israeliane" delle quali è accusato il governo scandinavo, in particolare il riconoscimento dello Stato palestinese.