AGI - "Finche' gli alleati, a cominciare dagli Stati Uniti, non metteranno sotto pressione Israele, il governo di Benjamin Netanyahu continuera' a sentirsi libero di agire come ritiene piu' opportuno. Israele non avra' molte remore perche' ogni atto azzardato non viene mai punito ne' tantomeno criticato". Ne e' convinto Riccardo Alcaro, responsabile del programma Attori Globali dell'Istituto Affari Internazionali (Iai), intervistato dall'AGI alla luce dell'uccisione a Beirut dell'alto consigliere militare di Hezbollah, Fouad Shukr, e dell'omicidio del leader politico di Hamas, Ismail Haniyeh, mentre si trovava a Teheran, in occasione della cerimonia di insediamento del nuovo presidente iraniano Masoud Pezeshkian.
Due attacchi mirati in meno di dodici ore - il primo rivendicato da Israele come ritorsione per l'attacco missilistico sul Golan in cui sabato scorso sono morti 12 bambini e adolescenti drusi, sul secondo c'e', come da tradizione, il silenzio - in una situazione gia' di altissima tensione, mentre da giorni le diplomazie di mezzo mondo sono al lavoro per scongiurare una guerra su vasta scala nella regione.
L'interrogativo ora e' quale sara' la reazione di Teheran. "Una risposta penso che ci sara' - ha affermato l'esperto - che sia un attacco di Hezbollah insieme alle milizie filoiraniane in Siria o addirittura un'azione diretta dell'Iran contro il territorio israeliano. Resta da vedere, perche' e' vero che l'uccisione di Haniyeh e' avvenuta nella Repubblica islamica ma non sono morti iraniani. Detto cio', non c'e' offesa piu' grande che Israele potesse infliggere a Teheran e l'ayatollah Ali Khamenei ha gia' avvertito che l'Iran considera un suo dovere vendicare il sangue del leader di Hamas ucciso sul suo territorio".
Come ha ricordato Alcaro, "dopo il 7 ottobre il governo di Netanyahu ha indicato tre obiettivi: la distruzione di Hamas, la liberazione degli ostaggi e la pacificazione di Gaza". Le distruzioni inflitte alla Striscia e ai suoi abitanti negli ultimi dieci mesi dimostrano che quest'ultimo e' "un obiettivo secondario" per lo Stato ebraico.
Quanto ai rapiti, "e' importante ma uccidere uno dei capi di Hamas mentre ci si negozia e il capo dei servizi segreti ha appena lasciato Roma indica chiaramente che non si ha nessun interesse nella liberazione degli ostaggi se si mette di traverso con l'obiettivo di colpire piu' duramente possibile Hamas, unico modo di dichiarare una specie di vittoria al prezzo pero' della distruzione di Gaza e della reputazione di Israele, ormai rovinata a livello internazionale".
In questo scenario, un ruolo possono averlo gli alleati dello Stato ebraico: "Finche' gli Stati Uniti e anche qualche Paese europeo non cominceranno a mettere qualche pressione su Israele per delegittimare l'annessione dei Territori occupati palestinesi, contro il discorso estremista di parte del gabinetto e a negare armi, quantomeno quelle offensive impiegate a Gaza, il governo israeliano non avra' molte remore perche' ogni atto azzardato non viene mai punito ne' tantomeno criticato".
D'altra parte, al momento attuale, la capacita' di influire dell'amministrazione Biden sembra modesta. "Il fatto che abbia ucciso Haniyeh nel giorno dell'insediamento del presidente riformista iraniano che aveva annunciato un'apertura verso il dialogo, anche se limitata, indica chiaramente che per Netanyahu non ha nessuna importanza se le chance di un dialogo Usa-Iran si interrompano sul nascere. Anzi, sarebbe da preferirsi".
Ugualmente, ricorda l'esperto, "il premier la settimana scorsa e' andato a Washington a parlare contro il presidente in carica - per la terza volta dopo Clinton e Obama - Kamala Harris ha invocato un cessate il fuoco e la prima mossa che Israele fa e' assassinare il capo della parte con cui sta negoziando. Netanyahu e' interessato esclusivamente a dichiarare vittoria decapitando Hamas. Una vittoria tattica, ma non strategica, perche' finche' la situazione restera' tale i palestinesi saranno terreno fertilissimo per l'estremismo".