AGI - Raramente si era stata avvistata così tanto la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, tra i corridoi del Parlamento europeo. Non solo ha incontrato i gruppi parlamentari (mancano La Sinistra e l'Ecr che vedrà lunedì e martedì a Strasburgo) ma ha avuto colloqui anche con eurodeputati singoli e con rappresentanti di delegazioni nazionali.
L'obiettivo è costruirsi la sua maggioranza, voto per voto. Rassicurando i più scettici e concedendo qualche promessa in più a chi non si mostra del tutto convinto. Sulla carta la leader tedesca può fare affidamento sui 401 della maggioranza Ursula: la somma di popolari (188), socialisti (136) e liberali (74). Sono quaranta voti sopra la maggioranza assoluta richiesta (361) per il banco di prova di giovedì prossimo. Non sono sufficienti. Perché nei fatti non tutti la voteranno.
Sei irlandesi dei liberali (insieme a qualcuno dei tedeschi) hanno già detto no. Così come una parte dei popolari francesi (almeno tre su sei), quattro sloveni (che fanno capo all'ex premier Janez Jansa). Poi ci sono gli scontenti tra i socialisti perché nell'ultimo anno von der Leyen si è avvicinata troppo alla destra. Gli scontenti tra i popolari perché si sta riavvicinando troppo ai Verdi ora. Insomma, a conti spannometrici, almeno una ventina di deputati della maggioranza è da considerarsi fuori. La percentuale dei franchi tiratori viene stimata al 15% e sarebbero una sessantina.
Non è detto però che il sostegno a von der Leyen sia limitato alla sua maggioranza. I Verdi (sono in 53 nel gruppo) continuano a premere per farne parte. E sono pronti a portare in dote fino all'ultimo voto. E questo risolverebbe la questione. Non è tutto. All'interno dell'Ecr viene lasciata libertà di voto per le varie delegazioni.
La prima linea di separazione è tra chi governa al Consiglio europeo e chi sta all'opposizione. Mentre polacchi, francesi e romeni (30 su 78) hanno già detto no a von der Leyen i governisti di Belgio (Nva, 3 eletti) e di Repubblica Ceca (altri tre) aprono al sì. La delegazione di Fratelli d'Italia - la prima del gruppo con 24 rappresentanti - prende tempo in attesa dell'incontro di martedì e in attesa dell'indicazione della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Il co-presidente Ecr, Nicola Procaccini, non manca di far notare che la scorsa legislatura il Pis polacco (che era al governo) votò a favore mentre Fratelli d'Italia (all'opposizione) votò contro.
A livello italiano, il quadro sembra replicare quello europeo. La delegazione del Pd (la prima di S&d con 21 componenti) va verso il voto favorevole ma chiedendo qualche chiarezza in più su "tutela dello Stato di diritto; agenda sociale; capacita' fiscale permanente dell'Unione europea, politiche di coesione", ha spiegato il capo delegazione Brando Benifei.
"Sara' un voto molto negativo non tanto sulla persona ma tanto sul progetto politico", è stato netto il capo delegazione leghista, Paolo Borchia. Il Movimento 5 stelle è contrario - come confermato dal capo delegazione Pasquale Tridico - in linea con l'indicazione del gruppo The Left di cui fa parte dalla scorsa settimana. Le motivazioni riguardano "il programma che non si ispira né alla pace né al rispetto dell'ambiente né a un mercato del lavoro più equo".
I Verdi prendono tempo. Per Ignazio Marino von der Leyen è promossa sulle garanzie per il mantenimento dell'agenda green ma è rimandata sulla gestione della guerra, sia quella in Ucraina che quella in Medio Oriente. Mette d'accordo tutti invece la presidente del Parlamento europeo, la popolare maltese Roberta Metsola, che con l'Italia ha sempre avuto un ottimo rapporto. E a giudicare dalle dichiarazioni dei capi delegazioni li ha anche con gli eurodeputati italiani. Voteranno tutti a favore. I socialisti lo annunciano con la precisazione che si tratta di un accordo che prevede l'alternanza fra due anni e mezzo. Ma questo si vedrà.