AGI - Il moderato Massoud Pezeshkian ha esortato gli iraniani a restare al suo fianco "lungo la difficile strada che lo attende", dopo aver sconfitto l'ultraconservatore Said Jalili al ballottaggio per le presidenziali nella Repubblica islamica. Gli iraniani si sono presentati alle urne in numero maggiore rispetto al primo turno e hanno eletto il primo presidente riformista in due decenni. Pezeshkian ha ricevuto più di 16 milioni di voti, circa il 54%, e Jalili più di 13 milioni, circa il 44%, su circa 30 milioni di voti espressi, ha detto il portavoce dell'autorità elettorale Mohsen Eslami. L'affluenza alle urne è stata del 49,8%, ha aggiunto Eslami, rispetto al minimo storico di circa il 40% registrato nel primo turno, il 28 giugno scorso.
Pezeshkian si è candidato con un programma volto a riallacciare i rapporti con l'Occidente e ad allentare le rigide politiche sociali soprattutto nei confronti delle donne. Jalili, invece, ex negoziatore sul programma nucleare durante la presidenza del falco Mohammoud Ahmadinejad, aveva promesso di aumentare lo scontro con chi ha imposto sanzioni a Teheran e invocato pene più severe per le donne che non indossano correttamente il velo. Di fronte alla scelta tra un riformatore cauto e un politico intransigente, parte dell'elettorato (anche conservatore) ha superato la tradizionale apatia o ha deciso di cambiare fronte ed è andato a votare per Pezeshkian.
Il presidente eletto si è impegnato a promuovere una politica estera pragmatica, ad allentare le tensioni sui negoziati, ora in stallo, con le grandi potenze per rilanciare l'accordo sul nucleare (Jcpoa) del 2015 e a migliorare le politiche sociali e lavorare per un maggiore pluralismo politico. Molti iraniani rimangono scettici sulla sua capacita' di mantenere le promesse fatte in campagna elettorale, poiche' la Guida Suprema, l'ayatollah Ali Khamenei, e non il presidente, è l'autorità suprema della Repubblica Islamica. Senza dimenticare che il governo Pezeshkian, dovrà ora interloquire con un Parlamento interamente controllato dagli ultraconservatori. "Caro popolo iraniano, le elezioni sono finite e questo è solo l'inizio della nostra collaborazione. Ci aspetta una strada difficile. Può essere agevole solo con la vostra cooperazione, empatia e fiducia", ha scritto sui social Pezeshkian. "Vi tendo la mano", ha aggiunto.
Erano anni che l'Iran non permetteva a un riformista di candidarsi alla presidenza. Gli analisti sono piuttosto unanimi nel ritenere che l'establishment sia arrivato a un tale passo per incentivare la partecipazione al voto e legittimare il sistema, contestato in modo palese dall'ampio movimento di protesta nato nel 2022, dopo la morte di Mahsa Amini in custodia della polizia morale, e criticato per l'incapacità di risolvere una crisi economica permanente. L'elezione di Pezeshkian offre all'Iran la possibilità di ammorbidire la propria immagine internazionale, mentre rimangono pero' essenziali i legami con alleati come Russia e Cina. Il leader del Cremlino, Vladimir Putin, è stato tra i primi a congratularsi, auspicando che i rapporti tra le due "nazioni amiche" si rafforzino.
Chi è il presidente Pezeshkian
Medico di origine azera, semi-sconosciuto prima della sua candidatura, Pezeshkian ha cresciuto tre figli da solo dopo la morte della moglie in un incidente. Parlamentare da due decenni, si è espresso apertamente contro la mancanza di trasparenza del governo durante le proteste a livello nazionale innescate dalla morte della giovane curda Mahsa Amini nel settembre 2022. Esperto cardiochirurgo, è stato ministro della Sanità sotto l'ex presidente riformista Mohammad Khatami (1997-2005). È stato esplicito nel criticare il governo sulla questione dell'hijab obbligatorio, ma non è mai arrivato a chiedere l'abrogazione dell'obbligo del velo per le donne. È un sostenitore dell'accordo sul programma nucleare iraniano (Jcpoa) e ha promesso di migliorare le relazioni con gli Stati Uniti, accusando i suoi rivali conservatori di aver rovinato l'economia, non facendo abbastanza per rilanciare il Jcpoa, da cui gli Usa di Trump si ritirarono unilateralmente nel 2018, ma che aveva portato alla revoca di alcune sanzioni. Pezeshkian è stato sostenuto da Khatami (che nelle parlamentari di marzo si era invece astenuto) e dall'ex ministro degli Esteri Mohammad Javad Zarif. Pur condannando l'amministrazione del presidente defunto Ebrahim Raisi in quanto incapace di risolvere i problemi del Paese, non e' mai arrivato a criticare apertamente la Guida Suprema, Ali Khamenei. Ha anche sostenuto i principi fondamentali del regime, secondo cui gli Stati Uniti sono la causa principale delle tensioni nella regione.