AGI - Chiusa alle 18:00 di domenica 16 giugno la presentazione delle candidature, è partita ufficialmente in Francia la campagna elettorale per il voto legislativo anticipato del 30 giugno e del 7 luglio. I giorni successivi alla scelta del presidente, Emmanuel Macron, di sciogliere l'Assemblea Nazionale in seguito alla sconfitta alle elezioni europee sono stati segnati da colpi di scena, frenetiche trattative e accordi di desistenza.
A destra i gaullisti di Les Republicains (Lr) si sono spaccati sulla decisione del presidente, Eric Ciotti, di allearsi con il Rassemblement National (Rn) di Marine Le Pen, uscito vincitore dalla consultazione del 9 giugno. A sinistra è stato invece costituito in tempo record un Nuovo Fronte Popolare che va dai socialisti a La France Insoumise (Lfi) di Jean-Luc Melenchon. Al centro Renaissance, ex En Marche. Il partito di Macron, che rischia una nuova batosta, avrebbe rinunciato a presentare candidati in circa venti dei 577 collegi uninominali in cui è diviso l'Esagono per sostenere, contro il blocco delle destre, candidati gollisti, di sinistra o indipendentisti del raggruppamento autonomista Liot (Libertes, independants, outre-mer et territoires), riferiscono i media transalpini citando fonti ben informate.
Zemmour fa desistenza, Sarkozy teme dei gaullisti ruota di scorta di Le Pen
La strada della desistenza è stata scelta anche dall'ultradestra di Reconquete. Pur non essendo riuscita a trovare un'intesa con il RN, la formazione del polemista Eric Zemmour, che ha al suo fianco la nipote di Marine Le Pen, Marion Marechal, ha scelto di non presentarsi in quasi metà dei seggi per favorire "gli artefici dell'unità nazionale" come Nicolas Dupont-Aignan, presidente di Debout La France, piccola sigla di destra entrata nell'orbita lepenista, e Ciotti. Il presidente di LR ha annunciato di aver presentato candidature unitarie con il RN in almeno 62 collegi. I suoi dirigenti, dopo dure contestazioni e qualche episodio al limite del grottesco, non lo hanno però seguito e quello che fu il partito di Nicolas Sarkozy si presenta quindi diviso alle urne senza nemmeno aver avuto il tempo di scindersi.
Il fronte anti-Ciotti ha annunciato 400 candidati che non rispondono al presidente tra cui uno, Virgil Vanier, nello stesso collegio delle Alpi Marittime dove corre Ciotti. La scelta di quest'ultimo è stata criticata anche dallo stesso ex presidente gollista, ancora ascoltato e influente nonostante i guai giudiziari, secondo il quale Les Republicains rischiano di diventare una "ruota di scorta" del Rassemblement. Per Ciotti, invece, solo il sodalizio con l'ex 'Front' può salvare i conservatori dall'irrilevanza.
L'eterno Melenchon e il redivivo Hollande
Se Le Pen ha annunciato di essere "pronta a prendere il potere", la Gauche è determinata a impedirlo a ogni costo. Accompagnato da vaste manifestazioni di piazza dei suoi sostenitori, il Nuovo Fronte Popolare ha trovato in pochi giorni un'intesa su programma e candidati, tra i quali spicca il redivivo Francois Hollande. L'ex presidente socialista dovrà convivere con figure radicali come l'anticapitalista Philippe Poutou e Raphael Arnault, volto dell'antifascismo militante.
Se l'eterogeneità sembra il punto debole del raggruppamento di sinistra, Melenchon è riuscito a disinnescare i due principali motivi di tensione. Il primo era rappresentato dal caso di Adrien Quatenenns: sommerso dalle rimostranze di Verdi e socialisti, l'esponente di Lfi, condannato due anni fa per violenza domestica, ha deciso di rinunciare alla corsa. Il secondo era Melenchon stesso, che ha escluso dalle candidature diversi esponenti di primo piano dell'opposizione interna, come Danielle Simonnet, Raquel Garrido e Alexis Corbiere. Anche in questo caso si è verificata una levata di scudi di ecologisti e socialisti, i quali paventavano che la linea accentratrice di Melenchon celasse ambizioni personali. "Se pensate che non dovrei essere primo ministro, non sarò mai io il problema", ha dichiarato a France 3 l'anziano veterano della politica.
Bardella a Matignon?
Secondo i sondaggi, ad avere più possibilità di insediarsi a Palazzo Matignon - Marine Le Pen, si sa, punta all'Eliseo - è comunque Jordan Bardella, presidente di Rn, che gode dei consensi di un terzo dei francesi (il Nuovo Fronte Popolare è dato a circa il 25%, Reinassance sarebbe sotto il 20%). Ed è prevedibile che la campagna della sinistra sparerà a zero su Macron, reo di aver reso questa prospettiva concreta con la sua scommessa. Tra i più duri un altro ex presidente socialista, Lionel Jospin, che ha accusato Macron di "arroganza" e "leggerezza" dalle colonne di 'Le Monde'. Di "grave rischio" per un Paese che "può precipitare nel caos", ha invece parlato Sarkozy.
La situazione più difficile è proprio quella di Reinassance, stretto tra una destra che lo vede, ricambiata, come una minaccia esistenziale e una sinistra che ha gremito più volte le strade di Parigi per protestare contro la riforma delle pensioni voluta dall'attuale esecutivo.
Il primo ministro Gabriel Attal, erede di un Macron che non potrà ricandidarsi, ha scelto di concentrare la campagna sul potere d'acquisto, promettendo una riduzione del 15% delle bollette per l'elettricità "a partire dal prossimo inverno" e un aumento dell'importo del cosiddetto "bonus Macron", corrisposto dalle aziende ai propri dipendenti. Il presidente non sembra però puntare a una riconferma della sua maggioranza bensi' a lasciar governare il RN nella speranza che dimostri la sua inadeguatezza. Ovvero, un azzardo nell'azzardo.