lAGI- La Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Cedao/Ecowas)si avvicina al mezzo secolo di vita con fatica, tra defezioni passate e incertezze sul proprio futuro. L’organizzazione regionale festeggia oggi un lusinghiero traguardo: il 49mo anniversario del Trattato istitutivo - firmato dai Capi di Stato di 15 Paesi fondatori africani, a Lagos, il 28 maggio del 1975 - dell'organizzazione economica che, su esempio dell'Ue, avrebbe dovuto integrarsi progressivamente e finanche lanciare una moneta unica (a partire dal 2025 tra cinque dei suoi Paesi membri).
La ricorrenza, tuttavia, ha messo quasi in secondo piano le celebrazioni di rito (ricordate sul sito web dell'organizzazione e sul suo logo, con il numero 49) per dare spazio a una riflessione generale contenuta nell'appello all'unità dei Paesi membri che oggi devono fronteggiare una crescente incertezza economica e geopolitica.
Questo il messaggio lanciato da Abuja, Capitale della Nigeria, dal presidente della Commissione Ecowas, Omar Alieu Touray, secondo cui “è nostro dovere rimanere uniti se aspiriamo a vincere nella lotta contro l’insicurezza che continua a minacciare la nostra regione". Touray ha evidenziato come l'unità stessa dell'organizzazione oggi sia a rischio: "Dobbiamo fare tutto il possibile per preservarla (...)” ha ammonito, rammentando come alcuni Stati membri stiano combattendo quotidianamente contro gruppi terroristici mentre "gran parte della nostra popolazione deve far fronte allo sfollamento e all’insicurezza alimentare”.
Nella sua dichiarazione, pubblicata integralmente sul sito web di Ecowas e sui social, Touray non lesina sui toni mettendo anche in guardia contro altre tentazioni defezionaste: "né la generazione dei nostri padri fondatori, né le generazioni presenti o future possono comprendere o perdonare la disgregazione della nostra comunità”, ha avvertito.
Non può tuttavia sfuggire, al di là degli appelli unitari, come profonde divisioni abbiano segnato negli ultimi tempi l'organizzazione sulla scia, in particolare, dei repentini cambi avvenuti ai vertici del potere in diversi Paesi membri del Sahel, oggi guidati tutti da giunte militari.
Mali, Burkina Faso e Niger, per esempio, hanno tutti fatto passi indietro dalla loro embrionale democrazia e dallo status che avevano nell'Ecowas per fondare a loro volta l’Alleanza degli Stati del Sahel (Aes, Alliance des Etats du Sahel), un patto difensivo sottoscritto l'anno scorso allo scopo di garantire la "stabilità" della regione dopo l'insediamento delle giunte.
Sullo sfondo di questi stravolgimenti permangono anche nette divisioni intestine tra Paesi tuttora membri Ecowas in merito alle posizioni (o alle eventuali sanzioni) da adottare nei confronti dei nuovi leader-generali, tra i fautori della linea dura e, addirittura, dell’intervento armato (è il caso della Costa d’Avorio e del Benin, Paesi rimasti in qualche misura collegati al''ex potenza coloniale francese) e quelli più propensi alla 'linea morbida' e diplomatica, come ad esempio il Togo. Anche la Guinea è stata teatro di un colpo di Stato, ma non ha rotto con i vertici dell’Ecowas, nonostante sanzioni che inizialmente erano state adottate (e successivamente rimosse).
Secondo alcuni analisti, l’Ecowas sta attraversando la peggiore crisi della sua storia. I detrattori dell’istituzione regionale la accusano spesso di essere troppo sottomessa alla Francia, ex potenza colonizzatrice della maggior parte dei suoi membri. In una recente intervista all’agenzia turca Anadolu, il direttore del Centro di ricerca sul bacino del Mediterraneo e le civiltà africane (Akaf), Yunus Turhan lo ha ricordato, evidenziando “la deviazione dell'Ecowas dalla sua filosofia fondatrice, la distanza dal panafricanismo e dall'egemonia occidentale e francese sull'organizzazione”. “Negli ultimi anni, le fazioni politiche e militari hanno causato profonde divisioni tra i Paesi della regione, mentre è riemersa la lotta per il potere tra Russia e Francia sullo sfondo dell’Ecowas”, ha aggiunto. chiarendo successivamente come dopo il 2015, "i tentativi dei paesi dell’Unione Europea di definire una politica africana indipendente, fattori come l’immigrazione, il terrorismo (Daesh) e la Russia hanno spostato l’attenzione dalla Francia al continente europeo, e la sua ricerca di egemonia attraverso l’Ecowas ha cominciato a indebolirsi".
I recenti sviluppi non oscurano tuttavia il fatto che il processo politico dell’ECOWAS ha anche raggiunto degli indubbi successi. L’Ecowas è tutt'ora una delle otto comunità subregionali riconosciute dall’Unione Africana. Inizialmente nata come organizzazione focalizzata sull’integrazione economica e sullo sviluppo, ha successivamente conosciuto un'evoluzione verso l'integrazione politica e militare come dimostra il successo del suo intervento, con un contingente di 3mila soldati, nella guerra civile della Liberia del 1990. Un intervento che dette all'Organizzazione africana occidentale prestigio regionale e globale. Le successive operazioni militari in Sierra Leone nel 1997, Guinea Bissau nel 1999, Costa d’Avorio e Liberia nel 2003, Mali nel 2013 e Gambia nel 2017 hanno reso l’Ecowas uno dei più importanti attori subregionali dell’Africa.
Ispi, in un suo recente articolo, non manca di evidenziare come "l'Africa occidentale e il Sahel stanno attraversando una fase di riassetto e ridefinizione degli spazi". "A seguito di una sempre più evidente messa in discussione dei fondamenti normativi nella regione, unitamente ai cambiamenti nella politica internazionale e nell’ordine globale", sottolinea il think tank italiano, "oggi Ecowas si trova a un bivio". Sebbene il suo statuto prevede un periodo di transizione di almeno un anno per certificare l'uscita dei Paesi che ne hanno fatto richiesta, l'annuncio della fuori uscita di tre suoi membri chiave con effetto immediato, "ha comunque generato uno shock nel panorama politico regionale e continentale"