AGI - I 27 paesi Ue si stanno preparando alla prossima scadenza elettorale di giugno, ma su tutti pesa lo spettro dell'astensionismo. L'argomento è stato affrontato in uno dei panel del Festival dell'Economia di Trento, assieme a Jaume Duch, Direttore generale della DG Comunicazione del Parlamento Europeo, Lorenzo Ferrari, Coordinatore editoriale di Osservatorio Balcani e Caucaso-Transeuropa e Luciana Maruta, giornalista della testata digitale Divergente, coordinati da Michela Finizio, Giornalista de "Il Sole 24 Ore".
Un'indagine ad ampio spettro condotta in tutta Europa da questi soggetti, a partire da Divergente, ha analizzato le ragioni del non-voto, facendo emergere alcune tendenze. Il futuro della democrazia europea sembrerebbe legato in primo luogo al benessere della popolazione. I paesi o le regioni con più astensionismo sono infatti quelle con più anziani, con tasso di analfabetismo più alto e soprattutto con redditi più bassi. Le ragioni del non-voto, però, sarebbero più legate a una generale disillusione nei confronti della politica, piuttosto che all'Europa in senso stretto. Ma ci sono anche ragioni per essere ottimisti. In realtà il tasso di partecipazione alle votazioni europee è in continua crescita: nel 2014 ha votato il 42% dei votanti. nel 2019 il 51%. Nelle prossime elezioni i sondaggi fanno intravvedere una partecipazione che potrebbe avvicinarsi al 60%.
L’inchiesta condotta dal magazine portoghese Divergente, assieme al trentino Osservatorio sui Balcani e Caucaso-Transeuropa e al Sole 24 Ore ha processato una grande mole di dati che poi sono stati messi a disposizione degli organi di informazione, per un approccio comparato fra i diversi paesi della UE. Ma l'inchiesta è anche andata a fondo nelle ragioni dell'astensione nelle aree più critiche, spesso quelle rurali, cercando di sentire quante più persone possibili, per fare emergere un ritratto "veritiero" del fenomeno.
Fra le evidenze emerse, la correlazione fra reddito (basso) e astensionismo è molto forte. Quella fra astensionismo e istruzione lo è di meno. Dove l’astensionismo è più forte è emerso che le persone considerano l’Europa lontana. Una critica espressa nelle aree rurali è stata anche che la burocrazia europea per accedere ai fondi è troppo complesse. Sempre nelle aree rurali, inoltre le campagne elettorali europee penetrano poco, e così anche i media. Ed ancora: molti cittadini avrebbero qualcosa da esprimere, ma sono convinti che sarebbero ignorati.
Per Douch, a Trento in qualità di portavoce del Parlamento europeo, è emerso comunque che si vota di più quando le persone hanno la sensazione che il voto cambierà le cose. In caso contrario la partecipazione è più bassa. Per quanto riguarda le macrotendenze ci sono paesi dove l’informazione sull’Europa arriva poco sia nelle aree urbane che in quelle rurali. È vero però anche che ci sono aree in cui l’informazione è più diffusa, anche grazie ai social media. Nelle nuove generazioni la fiducia nei media tradizionali, che sono quelli che si interfacciano di più con le istituzioni europee, è in calo. I giovani si fidano di più di influencer, content cretor e così via.
Ma fenomeni come la Brexit, il Covid, la guerra in Ucraina hanno fatto si che i media parlassero di più di Europa. Forse anche questo spiega perché i sondaggi sulla partecipazione alle prossime elezioni vedano il trend dei votanti in crescita, mediamente del 5%. Questa crescita peraltro è già avvenuta in passato anche se in maniera differenziata. Nel 2019 la partecipazione è cresciuta soprattutto nell’elettorato giovane (che in passato invece era tendenzialmente astensionista). In quel periodo era esploso il tema del cambiamento climatico, e questo forse ha aiutato. Nei paesi dell’Est Europa, all’inizio invece si votava molto meno che in Europa occidentale (dove il tasso di partecipazione è sempre stato superiore al 50%). Una giustificazione data dai cittadini era: prima per noi votare era obbligatorio, e poi non cambiava niente. Ora che siamo liberi possiamo scegliere di non votare.
I tre primi motivi nell’astensionismo nel 2019 in realtà non avevano molto a che fare con l’Europa ma con la politica in generale. Il primo motivo: delusione verso la politica. Secondo: il disinteresse verso la politica. Il terzo: votare non serve a niente. Queste ragioni sono difficili da “correggere” solo con l’informazione. Esprimono un disagio più generale. Anche le normative sul voto non aiutano. Votare obbligatoriamente nei luoghi di residenza spesso è un impedimento. Inoltre: molti oggi votano 10 volte al giorno con il cellulare, perché non sperimentare modalità di voto elettronico?
I sondaggi dicono che questa volta voterà il 70% degli elettori. Si può pensare pertanto che realisticamente ci si avvicinerà al 60%. Ma perché votare? Perché il mondo è sempre più complesso, e questa complessità chiama in causa non solo le nazioni ma anche l’Europa. E poi perché l’insicurezza generata dalla guerra in Ucraina ha conseguenze pesanti soprattutto in alcuni paesi, più vicini al fronte. Il che fa pensare che il voto nei paesi nell'Europa orientale crescerà.