AGI - L'insediamento del nuovo presidente taiwanese Lai Ching-te riaccende le tensioni con Pechino. Nel suo discorso inaugurale al palazzo presidenziale di Taipei, ha invitato la Cina a "fermare le sue intimidazioni politiche e militari" e ha ringraziato i taiwanesi per aver resistito all'influenza di "forze esterne”. Il leader del Partito Democratico Progressista (Dpp), subentrato a Tsai Ing-wen, in carica per otto anni, ha come vice Hsiao Bi-khim, ex ambasciatrice de facto negli Stati Uniti. “Voglio anche ringraziare i miei concittadini per aver rifiutato di lasciarsi influenzare da forze esterne e per aver difeso risolutamente la democrazia”, ha dichiarato Lai, affermando che “l’era gloriosa della democrazia taiwanese è arrivata”. Alle presidenziali dello scorso gennaio Lai ha vinto con una larga maggioranza sugli avversari, Hou Yu-ih, del partito nazionalista Kuomintang, e Ko Wen-je, candidato del Partito del popolo di Taiwan.
"Il futuro della Repubblica di Cina sarà deciso dai suoi 23 milioni di abitanti", ha continuato Lai, riferendosi non solo alla sicurezza geopolitica ma anche all'importanza di Taiwan come una delle economie più avanzate del mondo e primo fornitore globale di semiconduttori. “Il tentativo della Cina di annettere l'isola non scomparirà. Non dobbiamo farci illusioni", ha poi avvertito nel suo discorso di insediamento a Taipei, la capitale dell'isola che si governa autonomamente da quasi 75 anni. “La Cina non ha ancora rinunciato all'uso della forza per invadere Taiwan, anche se accettassimo pienamente la sua proposta e rinunciassimo alla nostra sovranità”, ha ancora detto il neo presidente taiwanese.
Il suo mandato si colloca in clima di progressivo deterioramento delle relazioni con Pechino negli ultimi anni, nonostante suo predecessore Tsai Ing-wen, capofila di una fazione più moderata del Partito Democratico Progressista, sia stata l’artefice di una linea cauta sull’indipendenza e nei rapporti con la Cina. A riprova di tensioni evidenti, prima dell'insediamento del nuovo presidente - noto anche con il nome inglese di William Lai - l'Ufficio per gli Affari di Taiwan di Pechino, che si occupa delle questioni attraverso lo Stretto, ha affermato che "l'indipendenza di Taiwan e la pace attraverso lo Stretto" erano "come il fuoco e l'acqua".
Poco dopo il suo discorso di insediamento, la furia della Cina si è scatenata nelle parole del portavoce del ministero degli Esteri. L'indipendenza di Taiwan è "un vicolo cieco. Non importa sotto quale forma o bandiera, il perseguimento della libertà da Pechino e della secessione è destinato a fallire", ha replicato Wang Wenbin. I precedenti non mancano: in passato Lai è stato descritto da Pechino come un "pericoloso separatista" per le sue dichiarazioni di qualche anno fa a favore dell'indipendenza di Taiwan, anche se, da allora, ha ammorbidito la sua retorica e si è impegnato a mantenere lo status quo, con un equilibrio che preservi la sovranità di Taiwan, senza dichiarare formale indipendenza.
Le sue parole nel giorno dell'inaugurazione del mandato presidenziale hanno scaldato gli animi a Pechino: la prima vera ritorsione è stata quella del social network cinese Weibo, equivalente alla piattaforma X, che ha subito bloccato gli hashtag riferiti all'inaugurazione del mandato del presidente taiwanese. Cancellati i messaggi relativi all’entrata in carica di Lai, in quella che avrebbe dovuto essere la sua giornata: sul social è stato pubblicato un messaggio in cui si spiegava che "in conformità con le leggi, i regolamenti e le politiche in vigore, il contenuto di questo argomento non può essere visualizzato". Nelle stesse ore su Weibo sono invece circolati svariati commenti degli internauti secondo cui “se la provincia di Taiwan non verrà riconquistata e unificata, il 20 maggio sarà ogni anno un giorno di vergogna!”, proclamando il desiderio di vedere l’isola “presto di nuovo” nell’ovile cinese, con lo slogan “Riprendiamoci Taiwan”.
Intanto il segretario di Stato americano Antony Blinken si è congratulato con il neo insediato, dicendo che attende con impazienza che Washington e Taipei mantengano "la pace e la stabilità attraverso lo Stretto di Taiwan". Oltre a salutare Lai, "ci congratuliamo anche con il popolo di Taiwan per aver dimostrato ancora una volta la forza del loro sistema democratico robusto e resiliente", ha affermato Blinken in una nota. “La partnership tra il popolo americano e quello di Taiwan, radicata nei valori democratici, continua ad ampliarsi e ad approfondirsi attraverso i legami commerciali, economici, culturali e interpersonali”, ha aggiunto il massimo diplomatico statunitense. "Siamo ansiosi di lavorare con il presidente Lai e con tutto lo spettro politico di Taiwan per promuovere i nostri interessi e valori condivisi", conclude il comunicato.
A seguito dell'insediamento di Lai, come riferito dall’agenzia statale Nuova Cina (Xinhua), Pechino ha imposto sanzioni contro tre società statunitensi che vendono armi a Taiwan: General Atomics Aeronautical Systems, General Dynamics Land Systems e Boeing Defence, Space & Security, ora bandite da qualsiasi compravendita in Cina.
Gli stessi Stati Uniti non riconoscono ufficialmente Taiwan, anche se sulla base di una legge federale sono tenuti a difendere l'isola in caso di attacco cinese. Una difesa da parte di Washington che rientra in una cerchia di alleanze statunitensi in Estremo Oriente per cercare di arginare la crescente potenza militare cinese nella regione.
Ora la Casa Bianca dovrà collaborare con Lai, classe 1959, proveniente da un ambiente molto più modesto rispetto agli ultimi due leader. Nato nell’attuale Nuova Taipei, rimasto orfano di padre morto in una miniera di carbone quando aveva solo due anni, è stato cresciuto dalla madre assieme ai suoi cinque fratelli. Si è laureato in medicina durante un percorso di studi alla National Cheng Kung University di Taiwan e alla National Taiwan University di Taipei. Successivamente si è specializzato in Riabilitazione e ha conseguito un Master in Sanità pubblica alla Harvard School of Public Health di Boston.
A ripercorrere la carriera politica del neo presidente taiwanese è Lorenzo Lamperti, giornalista freelance residente da anni a Taiwan ed esperto della regione. “Alla fine degli anni Ottanta, quando a Taiwan è stata revocata la legge marziale di Chiang Kai-shek ed è stato avviato il processo di democratizzazione, Lai ha abbandonato la professione medica per dedicarsi alla politica. Eletto all’Assemblea nazionale nel 1996, nel 1998 ha vinto le elezioni dello Yuan legislativo, l’assemblea legislativa monocamerale della Repubblica di Cina (Taiwan), di cui è stato membro dal 1999 al 2010, nelle file del Partito democratico progressista”, riferisce Lamperti da Taipei. Successivamente, prosegue la stessa fonte, “la sua ascesa politica arriva nel ruolo di sindaco della capitale Tainan, ricoperto dal 2010 al 2017, in cui si costruisce la fame di figura impegnata nella lotta alla corruzione, all’interno di consigli comunali piuttosto opachi. Durante il suo mandato riesce a conquistare una posizione di rilievo nella New Tide, la più antica fazione interna al Partito Democratico progressista, una formazione politica spesso frammentata”. Per giunta Tainan, antica capitale e polo culturale dell’isola, è anche storicamente la città fulcro del sentimento di alterità identitaria taiwanese rispetto alla “cinesità”.
Eletta nel 2016, la presidente taiwanese Tsai Ing-wen sceglie Lai come premier nel 2017. “In cambio, Lai le garantisce che non l'avrebbe sfidata per la leadership interna. Tuttavia, dopo la sconfitta del Dpp alle elezioni locali dell’anno successivo, il premier infrange la sua promessa e contende la guida del partito a Tsai in vista delle presidenziali del 2020”, ricorda ancora Lamperti. A causa di una faida interna tra Tsai e Lai, il Partito Democratico Progressista si trova quindi sull’orlo della scissione, evitata con una manovra della presidente taiwanese, e la frattura si ricompone. “Il contesto della repressione delle proteste di Hong Kong gioca a favore del Dpp a Taiwan che riguadagna terreno e vince le elezioni del 2020”, aggiunge la stessa fonte giornalistica.
Anche se Lai viene designato alla vicepresidenza di Taiwan nel maggio 2020, le tensioni ai vertici dello Stato permangono, almeno per due anni. Le dinamiche cambiano nel 2022, dopo la visita di Nancy Pelosi a Taipei, e quando diventa chiaro che Lai sarà candidato dei progressisti alle presidenziali di gennaio 2024. “La presidente Tsai gli dà allora risalto sul piano internazionale e gli affida importanti eventi diplomatici, mentre Lai contraccambia attuando la sua linea cauta sull’indipendenza e nei rapporti con Pechino”, spiega Lamperti.
Con l’avvicinarsi della scadenza elettorale, Lai opera quella che viene definita dagli analisti “una svolta considerevole”, anche se in passato aveva dichiarato in diverse occasioni di essere favorevole ad una dichiarazione di indipendenza formale. “Viene allora rilanciata una sua frase diventata iconica, risalente al 2017, quando Lai si definì un ‘lavoratore pragmatico per l'indipendenza di Taiwan’. Fautore di una politica anticinese e fermo sostenitore dell'autogoverno dell'isola, punta ad uscire dalla cornice della Repubblica di Cina, non riconosciuta ma sin qui tollerata”, evidenzia il giornalista italiano. La posizione centrista dell’allora presidente in carica si contrappone alla postura più radicale di Lai: per Tsai, a Taiwan non serve dichiarare l'indipendenza perché di fatto esercita già la sua sovranità, seppure appunto all'interno dell'ambiguo perimetro della Repubblica di Cina.
Ora che si è insediato al palazzo presidenziale di Taipei, al di là delle parole forti che hanno fatto subito scattare la Cina, Lai ha anche espresso l’auspicio che “Pechino scelga il dialogo invece dello scontro, lo scambio invece del contenimento". Per diversi osservatori, nonostante la sua storica linea pro-indipendentista, ora che è ai vertici tenderà a mantenere lo status quo con la Repubblica popolare cinese. Nel contempo il neo presidente taiwanese dovrebbe puntare al rafforzamento delle difese militari dell’isola e delle relazioni diplomatiche con Filippine, Giappone e Corea del Sud, altri Paesi dell’area minacciati dall’influenza di Pechino. Per quanto riguarda invece il versante interno, Lai dovrebbe portare avanti le politiche progressiste degli ultimi anni che prevedono l’assistenza sanitaria universale, il rafforzamento dell’istruzione superiore e il sostegno alle minoranze, anche quella Lgbt+. In Asia, Taiwan è il primo posto a riconoscere i matrimoni tra persone dello stesso sesso.