AGI - In un ospedale da campo che è diventato uno dei principali centri traumatologici di Gaza, un medico che ha lavorato in una dozzina di zone di guerra ha descritto la situazione come la più "catastrofica" che abbia mai visto. "È devastante", ha detto Javed Ali, responsabile del Corpo Medico Internazionale per gli interventi di emergenza a Gaza, intervistato dall'agenzia Afp.
L'uomo, parlando da un ospedale da campo a nord-ovest delle aree di Rafah evacuate da Israele, ha detto che la situazione intorno alla città all'estremo sud è "terribile". L'ospedale, nell'area costiera di Al-Mawasi che Israele ha designato come "zona umanitaria", si è trasformato in pochi mesi in una struttura con più di 150 posti letto, composta da numerose tende bianche e container.
Da quando il 6 maggio sono stati emessi i primi ordini di evacuazione per Rafah, in vista di una temuta invasione di terra della parte più meridionale di Gaza, quasi la metà degli 1,4 milioni di persone che vi si erano rifugiate se ne sono andate, secondo le agenzie delle Nazioni Unite. "C'è stato un massiccio movimento di individui", ha detto Ali, aggiungendo che la maggior parte ha evitato Al-Mawasi, che era già drammaticamente sovraffollata, dirigendosi invece verso la città di Khan Yunis, segnata dalla guerra, che è stata un campo di battaglia fino al mese scorso. Quelli che arrivano sono "esausti, spaventati, non hanno risorse", ha detto Ali, aggiungendo che molti pazienti chiedono "denaro, sostegno... per poter trasferire le loro famiglie al sicuro".
La pressione sull'ospedale da campo aumenta di giorno in giorno. Con l'accesso limitato alle strutture di Rafah, il centro ha visto il numero di visite giornaliere al suo dipartimento di emergenza passare da circa 110 a quasi 300, ha detto Ali, descrivendo anche la presenza di "casi di politrauma con ossa rotte in ogni parte del corpo". La situazione è ancor più precipitata dopo la chiusura temporanea, la scorsa settimana, dei due principali valichi di Rafah, che ha interrotto la fornitura di medicinali e di carburante per i generatori dell'ospedale. Ali ha detto che l'ospedale da campo "se lo aspettava" e ha preparato scorte in eccesso, ma non aveva previsto l'aumento del numero di pazienti. "La situazione sta sfuggendo completamente di mano", ha detto. "Le nostre scorte non dureranno". Ha poi spiegato che la struttura stava già registrando carenze di "articoli molto critici". Ad esempio, erano finite "tutte le formulazioni pediatriche di antibiotici e antidolorifici" in un momento in cui circa 20 bambini si stavano riprendendo da un intervento chirurgico.
La preoccupazione più grande, tuttavia, è lo "spazio", con gli interventi chirurgici che sono raddoppiati rispetto alla precedente media di circa 25 al giorno, ha dichiarato Ali. C'è stato anche un drammatico aumento del carico di lavoro del reparto maternità, che è passato da circa 10 parti al giorno a circa 25, oltre a un massimo di otto cesarei. Con l'impossibilità per le future mamme di accedere all'ospedale specializzato in maternità di Rafah, c'è stato anche un "massiccio aumento del numero di gravidanze complicate". Ali, che in 15 anni di carriera ha lavorato spesso in zone di guerra, dall'Afghanistan al Sudan, dalla Nigeria all'Ucraina, ha detto che la situazione a Gaza è "molto più catastrofica". L'immenso numero di casi di trauma, la mancanza di risorse, l'interruzione della catena di approvvigionamento...". È qualcosa che non ho mai visto". Nella maggior parte delle guerre, sono gli uomini a subire la maggior parte delle ferite da arma da fuoco e da schegge, ma a Gaza il numero di donne e bambini feriti "è molto, molto alto", ha detto Ali, descrivendo bambini piccoli "con arti frantumati". Secondo le Nazioni Unite, solo un terzo dei 36 ospedali di Gaza esistenti prima della guerra è parzialmente funzionante e gli sfollati sono spesso bloccati lontano dalle strutture sanitarie: "L'accesso è diventato estremamente compromesso". L'ospedale da campo di Al-Mawasi è diventato il "principale centro di riferimento per i traumi" nel sud di Gaza, ha detto Ali, "e stiamo lavorando in una tenda".